giovedì 16 febbraio 2017

CATTIVI BIDELLI (16/02/2017)

Di Marco Travaglio.

È vero che nella vita non si finisce mai di imparare. Ma tutto avremmo immaginato, fuorché di ricevere lezioni di giornalismo da quotidiani appena incorsi in uno dei più clamorosi infortuni professionali (chiamiamolo così) degli ultimi anni: quello che spacciava Luigi Di Maio per il santo protettore di Raffaele Marra, mentre aveva più volte chiesto a Virginia Raggi di rimuoverlo dalla poltrona di vicecapo di gabinetto. Intendiamoci: di sbagliare capita a tutti. Quando accade, si corregge l’errore e si chiede scusa (è capitato molte volte anche a noi). Chi invece non lo fa dimostra che non si è sbagliato, ma ha mentito sapendo di mentire. Secondo voi che hanno fatto ieri Corriere,Repubblica e Messaggero che l’altroieri avevano pubblicato la nota bufala? Hanno corretto i titoli del giorno prima aggiungendo un bel “non” (“Di Maio non era il garante di Marra”, “Non ha mentito quando ha detto che voleva cacciare Marra”, “Non ha difeso Marra ”)? Macché. Corriere: “Grillo contro i media”, “Le accuse di Grillo sono sbagliate. Ecco perché”, “Nessuna omissione”, “Di Maio contrattacca: mai difeso Marra” (come se fosse una sua illazione difensiva, non un fatto documentato dai suoi sms). Repubblica:“Marra, Di Maio si difende” (da che accusa non si sa, a parte la bufala dei giornaloni, ndr), “Gli sms boomerang: la critica rimase soltanto sulla carta”, “Di Maio, l’estate di Marra e una storia riscritta”.Messaggero:“Di Maio, bufera sulle chat: accuse di Grillo ai giornali”, “Nessuna omissione, i documenti parlano da soli”. E giù autoelogi ai cronisti che han fatto correttamente il proprio dovere. Conosciamo alcuni di loro come ottimi professionisti, e non possiamo credere che abbiano smarrito i fondamentali della professione (raccontare fatti veri e verificati) e anche il lume della ragione. Come giustificano infatti il clamoroso infortunio che li ha portati ad attribuire a Di Maio una condotta opposta a quella vera? Non alle mancate verifiche sulla polpetta avvelenata che hanno ingoiato senza fiatare. Ma al fatto che la Raggi avrebbe “tagliato” un sms di Di Maio, inoltrando a Marra solo la parte a lui favorevole. Dicono: siccome nell’inchiesta c’è il cellulare di Marra e non quello di Di Maio, come potevamo conoscere il resto? Se anche le cose stessero così, ora che Di Maio ha reso noto gli sms completi, dovrebbero informare i lettori di averli disinformati. Ma le cose non stanno così, con buona pace dell’amico Mario Calabresi. La Raggi, degli sms di Di Maio, ne inoltra a Marra uno solo, per non svelare i discorsi tra lei e il vicepresidente della Camera sul dirigente, che lui non ha diritto di conoscere. Un messaggio che si capisce essere la coda di un botta e risposta: “Quanto alle ragioni di Marra. Aspettiamo Pignatone. Poi insieme allo staff decidete/decidiamo. Lui non si senta umiliato. È un servitore dello Stato. Sui miei il Movimento fa accertamenti ogni mese. L’importante è non trovare nulla”. Stranamente sia il Corriere, sia Repubblica, sia il Messaggero ta gliano “Aspettiamo Pignatone” (il Corriere lo sostituisce con i tre puntini). Il che smentisce quanto affermano, e cioè che hanno pubblicato l’intero sms di Di Maio girato dalla Raggi a Marra, l’unico agli atti dell’inchiesta (Repubblica, già che c’è, manipola pure la parte che riporta, ribaltando il senso della frase di Di Maio: “Sui miei il Movimento fa accertamenti ogni mese” con un titolo che gli fa dire l’opposto: “Marra è uno dei miei”). Delle due l’una: o i tre giornali si sono accordati per rimuovere proprio la frase “Aspettiamo Pignatone”, o sono telepatici. La frase segata smentisce il teorema “Di Maio garante di Marra”: dimostra che la Raggi, pressata da Di Maio per allontanare Marra, vuole attendere il responso della Procura. Sia lei sia lui, infatti, sottopongono i propri collaboratori e i candidati alle nomine a uno screening giudiziario stringente: chiedono la fedina penale pulita e il certificato di nessuna indagine a carico (art. 335 Cpp), poi, non bastando ancora, interpellano i pm per sapere se ci sono indagini su chi lavora o vuole lavorare con loro (art. 116 Cpp). In quel momento la Raggi aveva interpellato Pignatone su 20 nomi, tra cui Marra, e attendeva risposte, che sarebbero arrivate due giorni dopo: “Sul soggetto non ci sono iscrizioni suscettibili di comunicazioni”. Cioè: o non è indagato, o lo è ma non si può dire per il segreto d’indagine (Marra comunque non lo era: lo sarebbe stato solo a settembre). Che può fare di più un politico per accertare l’illibatezza penale dei suoi? Se tutti i partiti facessero così, si e ci risparmierebbero tante sorprese e tanti scandali. Ma attenti, perché qui viene il bello. Repubblica definisce la risposta della Procura “sibillina, ma non assolutoria” (ma assolutoria rispetto a cosa, visto che Marra non era non solo imputato, ma neppure indagato?) “rispetto al segreto sulle indagini in corso” (che non esistevano) e –tenetevi forte – “nonostante questo Marra è rimasto al suo posto” (mica tanto: il 7 settembre sarà trasferito al Personale). Ma nonostante che, se non c’è nulla che giustifichi la cacciata del dirigente? Marra non risulta nemmeno indagato, ma deve saltare perché non piace a Repubblica o ai dissidenti M5S? A queste ridicolaggini si giunge quando si parte dal pregiudizio e dal senno di poi: Di Maio e Raggi sono disonesti e bugiardi a prescindere (pregiudizio), infatti a luglio-agosto non cacciano Marra che sarà arrestato il 15 dicembre (senno di poi). È lo stesso copione che ora, per coprire frettolosamente la patacca su Di Maio, va in onda e in edicola per lo stadio della Roma: se si oppongono, i 5Stelle sbagliano perché “dicono no a tutto”; se lo approvano, sbagliano perché “servi dei palazzinari”. Facciamo così: stabiliamo che sbagliano sempre, e non se ne parli più.

(Da "Il Fatto Quotidiano")

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