venerdì 17 febbraio 2017

UDIENZA SUI FONDI A GRUPPI DEL CONSIGLIO REGIONALE SARDO NEI CONFRONTI DI MARIO DIANA (17/02/2017)

Di Giampaolo Carboni.

"Sono vittima di una truffa”. Lo ha detto l’ex capogruppo del PdL, Mario Diana, rispondendo alle domande dei difensori Massimo Delogu e Pierluigi Concas al processo che lo vede imputato di peculato aggravato nell’ambito dell’inchiesta sul presunto utilizzo illecito dei fondi riservati ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna. “In un capo di imputazione mi si accusa di essermi intascato centosessantanove mila euro dal conto corrente bancario del gruppo – ha detto Diana – ma io non mi sono mai appropriato di quei soldi. Ho firmato gli assegni in buonafede sulle fatture e le pezze giustificative che mi venivano presentate dai colleghi consiglieri, verificando se ci fosse concordanza tra l’intestatario dell’assegno, l’importo e la fattura. Ogni consigliere era responsabilizzato. Non posso sapere se poi ci fossero beni differenti da quelli indicati in fattura”. La Procura gli contesta di aver speso duecentomila euro di fondi destinati al gruppo con finalità non istituzionali. Duro l’attacco all’ex collega di partito Carlo Sanjust (già condannato in primo e secondo grado e accusato di essersi pagato il banchetto di nozze con i fondi del gruppo). “Non avevo motivo di sindacare le fatture presentate dai consiglieri – ha chiarito Diana -. Mi sento truffato da lui perché ho scoperto, solo dopo che io sono stato arrestato e ho potuto leggere le accuse, che mi aveva presentato fatture diverse da quelle vere”. L’ex capogruppo del Pdl era stato finito in carcere a Oristano il 6 novembre 2013, quindi scarcerato a marzo 2014. Rispondendo alle domande dei suoi legali, Diana ammette di essersi almeno in parte comprato dei preziosi libri da collezione con i fondi del suo proprio gruppo consiliare. “Non ho mai avuto l’intenzione di occultare quegli acquisti, ero convinto di poter avere un’indennità aggiuntiva da capogruppo, come accade in tutta Italia, per via del lavoro gravoso”. Mario Diana, inoltre, sull’acquisto di trentuno penne Montblanc, una per ciascun componente del gruppo del Popolo delle Libertà, ha precisato: “Solo uno si è rifiutato di prenderla. Quell’anno il gruppo aveva prodotto una quantità smisurata di proposte di legge e avevamo ancora i fondi del tre per cento di spese di rappresentanza”. L’ex consigliere regionale ha poi giustificato altre spese di un’utenza telefonica, presentando il contratto con Tiscali, e negato di aver acquistato portafogli, Rolex e materiale informatico: tutte spese da lui autorizzate ma riconducibili ad altri consiglieri. “Mi si accusa di essermi preso o di aver speso centosettantanovemila euro dal conto corrente del gruppo – si è difeso con forza – ma io non mi sono mai preso nulla. Sono vittima di una truffa”.

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