giovedì 20 aprile 2017

L'OMICIDIO DI SEBASTIANO SALE A DORGALI (15/01/2008)

Di Giampaolo Carboni.

Il Bar del Corso in via Umberto ad un passo dal municipio si è trasformato poco dopo le ventitré in una trappola mortale per Sebastiano Sale, allevatore ventenne, condannato a cinque anni nel 2007 per la violenza di gruppo nella villetta di Bados ai danni di una donna cinquantenne, è stato fulminato da una pioggia di proiettili esplosi da un fucile calibro dodici e da una pistola calibro nove, da distanza ravvicinata. Due killer col viso coperto da un passamontagna volevano lui. Si sono fatti strada tra gli avventori del locale e hanno iniziato a sparare contro l’obiettivo. Sale ha avuto giusto pochi attimi per accorgersi che era finita. Inutile il tentativo di nascondersi dietro il bancone di mescita, la sua ora era arrivata. Una decina di colpi lo hanno ferito in diverse parti del corpo, ai glutei, alla schiena. Gli è stato risparmiato il colpo di grazia, non ce n’è stato bisogno. Gli assassini si sono dileguati sparendo nel buio dal quale erano giunti. Anche la corsa dell’ambulanza della Croce verde di Dorgali e della medicalizzata di Nuoro è stata inutile. Al loro arrivo i medici hanno solo potuto constatare il decesso del giovane. E i carabinieri, avvisati proprio dal centodiciotto, sul luogo del delitto hanno trovato poche persone: il titolare e due o tre amici della vittima. Gli altri? Scomparsi. Ma non è una novità. Sul posto il sostituto procuratore della repubblica Ornella Chicca, titolare dell’inchiesta, e il medico legale Vindice Mingioni che, probabilmente oggi, effettuerà l’autopsia sul cadavere del ventenne. I militari della compagnia di Siniscola, del Reparto operativo di Nuoro e della stazione di Dorgali, le squadriglie di Iloghe e Montepizzinnu hanno lavorato tutta la notte. Dopo aver delimitato la zona sono stati fatti i necessari rilievi tecnici all'interno del bar e sentite diverse persone vicine a Sale, ma anche altre con le quali il giovane aveva avuto dei problemi. È probabile che qualcuno sia stato sottoposto alla prova dello stub, ma le indagini si svolgono nel più assoluto riserbo e non arriva né conferma né smentita in merito. Bocche cucite, il silenzio è sovrano. Tutti i viottoli che conducono a Corso Umberto sono stati battuti dai carabinieri e dalle unità cinofile alla ricerca di elementi utili alle indagini. Sebastiano Sale meno di un mese fa era stato condannato dalla Sezione minori della Corte d’appello di Sassari a cinque anni di reclusione per uno stupro compiuto il 14 febbraio 2004 su una donna di cinquant'anni del paese. Il 18 dicembre scorso i giudici di secondo grado avevano ribaltato la sentenza del Tribunale dei minorenni che un anno prima lo aveva assolto dall’accusa di essere il terzo uomo dello stupro di Bados, in una villetta alla periferia di Dorgali. Assolto dall'accusa di sequestro di persona, il giovane era stato condannato a cinque anni per rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo e porto abusivo di arma. Quando venne compiuta la violenza Sale era minorenne, così come uno dei suoi complici che erano stati condannati. A Luigi Fancello, di ventuno anni, erano stati inflitti cinque anni con rito abbreviato dal Tribunale di Nuoro. A Gabriele Piredda, di venti, il Tribunale dei minori di Sassari aveva inflitto tre anni e dieci mesi. Così la violenza di Bados sembrerebbe il filo conduttore che lega gli ultimi fatti di sangue accaduti a Dorgali. Anche se gli inquirenti tendono a sottolineare che loro battono diverse piste che portano in svariate direzioni. Ma pensare che la violenza di gruppo di quattro anni fa possa essere solo una coincidenza è quasi impensabile. Sebastiano Sale condannato anche se in attesa del giudizio definitivo della Cassazione. Salvatore Marras, meglio noto Cagiva, ucciso il 26 marzo del 2006 in un bar del centro da un uomo mascherato e armato di fucile. Anche il suo nome era comparso nel fascicolo sull'indagine per lo stupro di gruppo della donna, perché lei lo aveva indicato come “somigliante” a uno degli autori materiali della violenza. Ma il test del Dna lo aveva scagionato. Salvatore Marras era legatissimo a Giovanni Antonio Fronteddu, ucciso da una raffica di mitraglietta il 17 luglio del 2004 in una piazza al centro del paese. In quell'episodio rimase ferito Sandro Patteri, altro suo amico, indagato anche lui per la storiaccia di Bados e poi prosciolto. Allora: il tentato omicidio di Patteri, gli omicidi Marras e Sale e la violenza di gruppo sono episodi paralleli oppure legati da uno stesso filo? Le domande incalzano. E gli inquirenti ora stanno cercando di dipanare una matassa che vede alcuni leader d’ambiente criminale venir fuori da diversi fatti criminosi accaduti negli ultimi anni a Dorgali. Dove comunque il forte legame di amicizia che spesso li accomuna, potrebbe anche essere una semplice coincidenza. «Vile, isporcu vile»: due sere fa il padre di Sebastiano piangeva il figlio ucciso e si rivolgeva a uno dei tre figli dicendogli «bae e ti lu rimuni tue» vai e prenditelo adesso. Lo seguiva la moglie che chiedeva a quel Dio invisibile perché glielo avessero ucciso. I suoi perché, «puite, puite», chissà se avranno una risposta. Una donna sofferente che ha visto morire altri due figli prima di Sebastiano. Ma di malattia. Però «canno est postu dae deus» (quando è per volere del Signore...), tutto viene accettato in modo diverso. Sebastiano, ammazzato due sere fa, riprendeva il nome del fratello maggiore, Tataneddu, morto di sclerosi multipla prima che lui nascesse. Una famiglia segnata dal dolore che difficilmente supererà questo brutto colpo. Una famiglia tranquilla, dicono a Dorgali, ma molto sfortunata. I fuochi in onore di Sant'Antonio verranno accesi comunque. Uno, enorme, proprio a cinquanta metri in linea d’aria da casa Sale. Nessuna mancanza di rispetto solo il rispetto, appunto, di una tradizione secolare che neppure la morte può bloccare. Salvatore Sale era un giovane che aveva avuto un’adolescenza difficile (le cronache non smentiscono) e un giro di amicizie che non lo incoraggiavano a cambiare strada. Frequentava ragazzi più grandi e la risposta dopo la violenza di gruppo gli era costata l’emarginazione da parte dei suoi coetanei. L’accettazione da parte degli adulti per lui era però motivo d’orgoglio. Così, dopo aver aiutato il fratello in campagna, trascorreva parte della giornata al bar. Quello stesso bar dove in una notte è rimasto ucciso.

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