È finita con due patteggiamenti a sei mesi ciascuno, una condanna a due anni con la sospensione condizionale della pena, e un rinvio a giudizio, il processo nato per il pestaggio scoppiato nel bel mezzo di uno dei fuochi accesi per la festa di Sant’Antonio. I fatti contestati risalgono alla notte tra il 20 e il 21 gennaio di due anni fa, lo sfondo era il tradizionale falò acceso in viale Repubblica, solo che in quella occasione, alla tradizione si erano unite pure un bel po’ di botte. Ad accendere gli animi, stando a quanto era stato ricostruito dagli investigatori sin dall'inizio, erano state alcune parole di apprezzamento pesante che uno dei partecipanti al falò aveva rivolto ad alcune ragazze presenti anche loro alla festa. Quelle frasi, evidentemente, non era piaciute a diverse persone, e avevano provocato, in particolare, la reazione di un altro dei presenti: Romolo Usai. Quest’ultimo aveva subito ripreso Giovanni Piredda per le parole pesanti rivolte alle ragazze ma quest'ultimo, a quanto pare, non aveva accolto affatto bene il rimprovero, ed anzi, sentendosi punto sul vivo nell'orgoglio davanti a tante persone, aveva a sua volta reagito, ma in modo deciso. Passando dalle parole ai fatti: sempre stando alla ricostruzione fatta dall'accusa, Piredda a quel punto aveva afferrato uno dei mestoli utilizzati dagli organizzatori del fuoco di Sant'Antonio per cucinare le cibarie tradizionali della festa, e con quello aveva assestato diversi colpi sul volto di Usai. Lo aveva colpito in modo così violento da causargli danni permanenti non solo agli occhi ma anche all'olfatto. E le cose, purtroppo, non erano finite lì: perché gli amici di Usai, dopo aver constatato le condizioni dell’amico, avevano deciso di vendicarlo in modo immediato. Così avevano cercato Piredda e dopo averlo trovato lo avevano colpito con calci e pugni provocandogli diverse lesioni che poi i medici avrebbero giudicato guaribili in un mese di cure. Il processo nato da questo pestaggio reciproco si è quindi concluso con la sentenza. Roberto Puggioni e Maurizio Porcu, difesi rispettivamente da Alessandro Tuvoni e da Fabio Varone, hanno patteggiato sei mesi ciascuno, pena sospesa. Giovanni Piredda, difeso dagli avvocati Antonello Coda e Giuseppe Floris, è stato condannato a due anni, pensa sospesa. E Massimo Careddu, difeso dal proprio legale Maria Antonietta Delogu, è stato rinviato a giudizio: lui infatti ha scelto la strada del dibattimento.
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