sabato 11 novembre 2023

L'OMICIDIO DI CARLO MAZZA IL COSIDDETTO GIALLO DI PARMA (09/02/1986)

Di Redazione.


È una domenica mattina ed in Via Adeodato Turchi di una Parma sotto il gelo c’è la Renault 5 di Carlo Mazza, cinquantadue anni, industriale ed imprenditore che opera nel settore dei tubi d’acciaio. È parcheggiata di fianco alla casa della madre dell’uomo. Mazza è ancora all'interno della propria auto ricoperta dalla neve. È morto in quel che poi diventerà noto come il giallo di Parma ma anche come il delitto di Carnevale ritrovato dal figlio Michele all'epoca quattordicenne che era sceso per andare in chiesa. Nell’abitacolo ci sono anche due bossoli, ma all’inizio nessuno ci fa caso: in fondo il suo hobby era il tiro a segno, pensano, e li avrà lasciati lì. Poi deve avere avuto un malore. Invece no. La verità la scoprono all’obitorio ventiquattro ore più tardi: Mazza ha due fori di proiettile sei e trentacinque sulla nuca ed è stato ucciso tra le due e le otto del mattino di quel giorno. Bastano poche domande per scoprire che, la notte prima del delitto, Mazza era rientrato alle due con un amico. Amava la vita nei night. E dopo la separazione dalla moglie Loredana Rossi, ex Miss Parma, vantava una fama da autentico playboy come disse all'epoca il suo barbiere "Veniva a farsi i capelli fino a cinque volte la settimana". Le indagini portano subito ad una spogliarellista polacca naturalizzata tedesca: ossia lei, Katharina Miroslawa definita la mantide. Mazza l’aveva conosciuta una notte del 1985, allo Shilling di Modena, ed erano diventati amanti. Le passava cinque milioni di lire al mese. Soprattutto aveva stipulato a suo favore un’assicurazione sulla vita da un miliardo. La fermano mercoledì 12. La interrogano venti ore. Poi la rilasciano. Lei dice: "Sono innocente". Gli investigatori cercano allora suo marito Witold, che sta in Germania col figlio. Era forse geloso della relazione della moglie con Mazza? No. Il teorema dell’accusa è chiaro: entrambi hanno ucciso l’industriale per intascare i soldi dell’assicurazione.  Ma il 15 maggio 1987 Katharina e Witold sono assolti per insufficienza di prove: non si può dimostrare che Witold fosse in Italia il giorno del delitto. Katharina ora vuole il suo miliardo e ribadisce la propria innocenza. 

VEDI LA PUNTATA INTERA DI TELEFONO GIALLO DEL 1988 DEDICATA ALL'OMICIDIO DI CARLO MAZZA

Non sa però che anche l’assicurazione ha mosso i propri detective. Questi hanno scoperto che l’autonoleggio Hertz di Monaco, due giorni prima dell’omicidio, aveva affittato una vettura al fratello della spogliarellista, Zibi, e ad un greco, Dimosthenis Dimopoulos. L’auto, resa giusto la sera del 9 febbraio, ha percorso duemila duecento quarantatré chilometri, quanto basta per andare a Parma, uccidere Mazza e tornare a Monaco. Mentre sta iniziando l’appello per Katharina e suo marito, giunge la notizia dell’arresto di Zibi e del greco. Il processo si fermò e venne iscritto a nuovo ruolo: ma stavolta c’è l’auto, anello mancante del primo grado, la prova del complotto per intascare il premio assicurativo. Il 2 giugno Zibi e Dimoupolos sono condannati a ventiquattro anni. Per l’appello, i due processi vengono riuniti. E per gli imputati finisce male: tutti sono condannati il 25 maggio 1991. Il caso sembra chiuso. Ma la prima sezione penale della Cassazione annulla la sentenza e rinvia le carte in corte d’assise d’appello. Motivo: "La fragilità degli indizi enucleati dai giudici di merito a carico dei condannati". Si ricomincia da capo. La nuova sentenza del 30 giugno 1992 vede Dimopoulos assolto per sempre. Per tutti gli altri viene confermata la condanna, che stavolta la Cassazione ratifica il 24 febbraio 1993. Ma quando i giudici si pronunciano, Katharina ha già preso il volo. Durante la latitanza racconta di aver visto i coniugi Carretta, svaniti nel nulla da Parma nel 1989 e massacrati in realtà dal figlio Ferdinando. L’arrestano sette anni più tardi, il 3 febbraio del 2000, dopo cinque giorni di pedinamento nel quindicesimo distretto di Vienna, quartiere abitato da turchi e slavi. Pare che a tradirla sia stata l’intercettazione della corrispondenza col nuovo compagno, un commerciante d’auto di Parma, da cui nel frattempo ha avuto una bimba. È cambiata, è bionda e ha un passaporto falso intestato a tale Krystyna Siroka. Ma appena gli investigatori entrano in casa, ripete la stessa frase che pronuncia nervosamente dal febbraio del 1986: sono innocente. Lo stesso anno Witold confessa infine in un lungo memoriale di aver fatto tutto da solo, aiutato da Dimopoulos. E di aver ucciso per gelosia, per paura di perderla. Sembra la fine di un incubo per Katharina Miroslawa. Ma i giudici respingono due richieste di revisione. In carcere a Venezia la Miroslawa, per anni icona nell’immaginario collettivo della bella vita nei night, si diploma, scopre Dio e si mette a studiare teologia. Nel 2013 finisce di scontare la pena. Chiede ai suoi avvocati Nino Marazzita e Paolo Righi di preparare una nuova istanza di revisione del processo. E ai giornalisti che l’assediano ripete la stessa frase di sempre: sono innocente. 

Nel 2019 Marazzita poi disse parlando di Katharina Miroslawa "L'ho sentita al telefono un anno fa. Mi ha chiamato e mi ha detto che era in vacanza, nelle Alpi svizzere. Voleva ringraziarmi di tutto quello che avevo fatto per lei e mi disse l'unico che poteva salvarmi era lei. Volevamo chiedere la revisione ma lei era stanca d lottare e non aveva neanche i soldi per affrontare un'altra battaglia".

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