Di Giampaolo Carboni.
"Una tensione così, in tutta la mia carriera, l'avevo provata soltanto prima della finale del Mondiale. Ho i crampi allo stomaco, ho dormito appena due ore nelle ultime due notti". Nell'albergo di Martigny, dove il Sion si preparava al quarto di finale di Coppa di Svizzera, la confessione prepartita di Ivan Gennaro (per tutti Rino) Gattuso - che qualche trofeo in vita sua l'ha alzato, a cominciare da quella notte a Berlino, e qualche campionato l'ha vinto - raccontava benissimo le sensazioni del suo debutto da allenatore-giocatore. Anche se poi lo scenario dello stade de la Pontaise, più celebre per il meeting di atletica leggera che per le gesta del Lausanne Sport, ottavo in classifica nel campionato svizzero, era un tantino diverso dall'Olympiastadion nel 2006: duemila spettatori scarsi, sparpagliati per le tribune deserte, in una serata gelida, con le chiazze di neve a bordo campo ed il terreno semighiacciato. Ambiente e clima, però, erano in fondo simbolici e dunque perfetti per il battesimo della nuova carriera del combattente per definizione del calcio italiano. Infatti Gattuso ha superato benissimo, combattendo, la sua prima prova. Il Sion ha battuto a domicilio il Losanna ed è entrato nelle semifinali della Coppa di Svizzera. E il novello stratega ha subito dimostrato la predisposizione al mestiere che si poteva sospettare, dato il curriculum personale e la qualità dei maestri dichiarati, incontrati nei suoi primi 35 anni: Galeone al Perugia, Smith ai Rangers, Ancelotti al Milan e Lippi in Nazionale. Nella vittoria all'esordio nel nuovo ruolo, oltre al solito contributo in campo da capitano e da guida del pressing, c'è il suo zampino per l'eccellente preparazione della sfida. Il Sion ha indirizzato presto la partita, al 28' del primo tempo, grazie a un calcio di punizione, sfruttato con un colpo di testa dal difensore ungherese Vanczak. La soluzione non è affatto casuale. Il neoallenatore e il suo vice, il fedelissimo Gigi Riccio, ex capitano del Piacenza, avevano fatto provare ossessivamente questo schema alla squadra. "L'anno scorso il Sion aveva segnato 25 gol sui calcio piazzato e in questa stagione soltanto 3. Aveva la migliore difesa del campionato e invece è diventato vulnerabile. Era chiaro che, in così poco tempo, bisognava lavorare soprattutto per ritrovare questi due punti di forza".
Così, fin dall'inizio, qualunque velleità estetica è stata accantonata. Le è stata anteposta la volontà di chiudere ogni spazio agli avversari e di cercare, con lanci lunghi, gli scatti della veloce coppia di punta formata dal brasiliano Leo e dal camerunense Ndjeng, il cui compito principale era quello di ottenere il maggior numero possibile di calci di punizione. I cultori del gioco d'attacco storceranno il naso, però la tattica ha funzionato. E il Sion, una volta passato in vantaggio, ha potuto controllare la situazione e pungere in contropiede. Non gli è mancata un po' di fortuna: al 25' della ripresa soltanto la traversa ha respinto un tiro da 25 metri di Guié Guié, negando il pari al Losanna. Gattuso ha allora ordinato ai suoi compagni-discepoli una difesa attentissima, col divieto di ricami, e nel finale si è autosostituito, per guidare meglio la squadra dalla panchina. Nei minuti di recupero, in contropiede, è arrivato il rigore della sicurezza, firmato da Djeng. Il Sion, che non ha fuoriclasse e che, sventata la cessione al Palermo dopo la cessione sfumata del potente esterno nordirlandese Lafferty al Palermo, avrà oggi l'ultimo ritocco nell'attaccante ticinese Regazzoni, in campionato deve migliorare il quarto posto attuale, dietro Grasshopper, Basilea e San Gallo, in zona Europa League ma a 8 punti dal primo posto. Intanto, però, ha raggiunto l'obiettivo minimo, in linea con la storia del club: ha partecipato a 12 finali di Coppa di Svizzera, vincendole tutte e 12, e adesso insegue l'ingresso nella tredicesima.Proprio un tuffo nella storia del Sion è stata la prima mossa psicologica della vigilia. Ai giocatori è stato mostrato un video con le finali vinte - la prima nel 1965 - per responsabilizzarli. Gattuso e Riccio non si sono limitati ovviamente a questa sorta di training autogeno di herreriana memoria. Sottoponendosi a un corso accelerato di Losanna in 36 ore - soltanto lunedì il presidente Constantin aveva ufficializzato l'avvicendamento in panchina - hanno consegnato a ciascun calciatore un profilo di ognuno degli avversari e addirittura dell'arbitro, il trentenne Jacottet, di professione avvocato, piuttosto incline all'uso del cartellino. "Non pensavo che preparare una partita fosse così faticoso", ha commentato lo stratega, atteso sabato prossimo dalla trasferta in un altro tempio dell'atletica, il celebre Letzigrund di tanti record mondiali, contro lo Zurigo.
Lo spettacolo di questo esordio non passerà alla storia del calcio e nemmeno a quella del Sion. Tuttavia la tensione confessata da Gattuso non era giustificata esclusivamente dall'ansia del debutto. Il nervosismo delle ore prima della partita è già una sintesi di ciò che lo aspetta nella nuova carriera. Il suo predecessore, l'ex centrocampista della Sampdoria di fine anni Ottanta Victor Muñoz, è stato defenestrato per due sconfitte nelle ultime due trasferte e 7 gol incassati (0-3 a Basilea e 0-4 a Thun). E il presidente Constantin, la cui fama di mangia-allenatori (37 cambi in 10 anni, inclusa una parentesi con se stesso in panchina) fa impallidire perfino Zamparini, esigeva subito una vittoria. Sullo sfondo dell'ennesima stagione pirotecnica - Gattuso è il quinto tecnico e succede a Fournier, Decastel, Schürmann e appunto Muñoz - è ancora in corso il contenzioso tra Constantin e lo stesso Muñoz. Il quale, attraverso due avvocati, ha fatto sapere al presidente di ritenersi ancora l'allenatore del Sion a tutti gli effetti, in quanto, "impedendo due cambi nell'intervallo della partita col Thun e sostituendosi di fatto nella ripresa al tecnico", Constantin gli avrebbe impedito di esercitare la propria professione. Ma Gattuso, che può allenare con una deroga temporanea di 20 giorni e che a giugno si iscriverà al supercorso di Coverciano, ha chiuso coi fatti ogni discussione. Aveva già le idee chiarissime l'estate scorsa, quando frequentò con profitto, mentre gli azzurro si preparavano all'Europeo, il corso di prima categoria riservato ai campioni del mondo. "Farò l'allenatore", disse. "Se deciderò di fare seriamente questo lavoro, a giugno dovrò smettere di giocare", aggiunge ora. Di sicuro ha cominciato col piede giusto.
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