mercoledì 14 agosto 2024

L'OMICIDIO DI GIOVANNI BOSCO A DORGALI (05/07/1983)

Di Redazione.


Avrebbe compiuto sessant'anni il prossimo 22 l'ex carabiniere ed ora gestore di un distributore di benzina sulla strada statale Nuoro-Orosei Giovanni Bosco ucciso nella giornata odierna a Dorgali. "Apri, sono rimasto senza benzina". Bosco non fa in tempo a uscire sulla porta di casa: una scarica di colpi di pistola lo raggiunge alla testa uccidendolo sul colpo. Gli assassini, due banditi mascherati, legano poi la moglie ed un amico della vittima, Aldino Mattioli, prelevato alcuni minuti prima in una abitazione vicina e utilizzato per l'imboscata. Prima di andar via lasciano un messaggio: "Slamo del Movimento Armato Sardo. L'abbiamo ucciso perché ha fatto condannare due innocenti". Il riferimento è a Gabriele Patteri e Mauro Dettori, due imputati della superanonlma sequestri, condannati, nel febbraio scorso, a diciotto anni e un mese di reclusione ciascuno per il sequestro di Pasqualba Rosas. La prigione della ragazza nuorese per un giorno fu una casupola proprio accanto al distributore di benzina. E Bosco riferì ai giudici di aver visto Patteri e Dettori aggirarsi in quella zona. La brutale vendetta è stata consumata nella notte nei pressi di Dorgali. E' il quinto omicidio che rivendica il Mas (Movimento armato sardo), un gruppo di assassini che sembra unire la pratica delle falde al linguaggio più delirante dei gruppi terroristici. Le vittime prescelte sono i pentiti o comunque coloro che hanno deciso di rompere il muro dell'omertà per collaborare con la giustizia. Non a caso la spirale di sangue che terrorizza da mesi tutto il Nuorese, viene indicata come la continuazione della "campagna Roberto Peci". Viene ucciso chi parla, ma anche parenti e familiari stretti. Il nome dei Mas compare per la prima volta nelle cronache isolane il 24 giugno scorso. Alla redazione nuorese del quotidiano "La Nuova Sardegna" giunge la rivendicazione dell'uccisione di Claudio Balia, ventidue anni, fratello di uno dei principali pentiti dell'inchiesta sull'anonima gallurese, ucciso nove giorni prima nel suo bar di Mamoiada. Nella lettera, spedita il 17 giugno, si forniscono le indicazioni dei proiettili usati per l'agguato cartucce calibro dodici Winchester Gruge, e vengono lanciate minacce al pentiti delle varie Inchieste sul banditismo e sul terrorismo sardo. Nello stesso paesino del Nuorese, da anni al centro di una sanguinosa falda fra bande rivali, viene ucciso il 20 giugno Bonario Sale, quarantasei anni, macellalo. Anche in questo caso il movente sembra legato ad una questione di parentela: sei anni prima, nelle campagne di Orotelli, era stato ucciso il fratello, Francesco Sale. Un assassinio rimasto avvolto nel più fitto mistero come purtroppo tanti altri. L'ultima impresa del Mas prima dell'omicidio odierno è una sorta di raid notturno, il 26 giugno scorso. Con scritte in vernice spray rossa sui muri e nelle strade di Mamoiada, si lanciano altre gravi minacce al pentiti, ai magistrati, alle forze dell'ordine ed ai giornalisti, mentre sulla porta della chiesa viene affissa una lista di proscrizione di quaranta nomi di persone da eliminare. Il 2, con un'altra lettera a "La Nuova Sardegna" è stato rivendicato un duplice omicidio, quello dei fratelli Giuseppe e Giovanni Debuggias, uccisi rispettivamente il 28 febbraio ed il 3 marzo dello scorso anno. Il movente risale a un fatto addirittura di sedici anni fa: l'uccisione, in un conflitto a fuoco con la polizia, di Ambrogio Melis, in un ovile del Supramonte. Il pastore sarebbe stato tradito dal due fratelli, giustiziati dopo oltre tre lustri. Ora la quinta vittima. Falde, sequestri, forse anche episodi di terrorismo, sembrano mescolarsi in questa allucinante catena di delitti. Inutilmente sono scesi in campo la curia nuorese, con un messaggio per la non violenza, e la stessa amministrazione di sinistra di Mamoiada, con un appello a isolare e a denunciare gli assassini. Dietro tanta violenza sembra nascondersi, al di là. delle farneticazioni ideologiche, il tentativo di ripristinare le vecchie regole del gioco che hanno garantito impunità per decenni ai banditi. Ma il tempo dell'omertà sembra finito anche nel cuore più profondo della Sardegna.

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