giovedì 29 gennaio 2015

LA MORTE DI CATERINA PINNA MADRE DI GRAZIANO MESINA (28/07/1998)

Di Redazione.

C'è una famosa fotografia che rappresenta allo stesso tempo sia la storia di un uomo,della propria famiglia e della sua Orgosolo che quella di una classe sociale che ha attraversato un'epoca,in particolar modo quella post-Seconda Guerra Mondiale. Graziano Mesina,l'ex primula rossa del Supramonte esce dal carcere per via di un permesso e la madre,allora ottantasettenne corre ad abbracciarlo. A tenere Mesina ci son due carabinieri e la donna scruta il proprio figlio ma anche le catene che lo tengono. Questa donna,Caterina Pinna appunto è morta quest'oggi all'età di novanotto anni:sarebbe senza ombra di dubbio rimasta sconosciuta ai più se non fosse stata la madre di Graziano Mesina,il più sfortunato dei propri figli. E' morta quasi in uno stato di serenità a casa della figlia Peppa circondata dall'affetto dei figli lasciategli vivi e liberi dalla faida e dalle discutibili quanto spietate leggi che in questa terra son convissute fianco a fianco a quelle dello Stato. La Pinna è certamente stata l'emblema delle madri barbaricine,simbolo del decoro e del dolore provato da donne oramai senza tempo. Nata ad Orgosolo nel 1898,si sposò giovanissima con Mesina,un allevatore di bestiame che campava a stento conducendo il suo piccolo gregge sui magri pascoli di Tumba Tumba e Morgogliai. Anni di sacrificio e sofferenza per campare una famiglia che divenne via via più numerosa ed al tempo stesso difficile da far rigare nei canoni della società. Negli anni cinquanta avvenne poi la prima disgrazia quando il figlio maggiore Giovanni Nicola noto Dannargiu venne ucciso a fucilate accanto al proprio ovile nei boschi di Funtana Bona. Al suo fianco venne ritrovato senza vita anche un altro pastore con il quale i rapporti erano,per usare un eufemismo,idilliaci. Le ragioni di questo duplice omicidio restano ancora inspiegabili:vennero uccisi entrambi dalla stessa persona? Furono vittime di un mortale litigio? Il mistero è rimasto in quel luogo ed invano i fratelli di Giovanni Nicola tentarono,nel corso degli anni,di ricostruire questa storia. Ma per loro fu solamente l'inizio del dramma ed il nascere di una faida violenta e sanguinosa. Graziano è il più piccolo dei fratelli ed anche il più tenace tanto che quando gli altri gettarono le armi ai rovi,lui le impugnò ancora più forte per dare il via alla propria guerra personale nella quale,secondo alcuni e tirando le somme,fu l'unica vittima. Adorato dalle masse ed idolatrato dai mass media Grazianeddu incarnò l'ideale di bandito romantico che faceva sospirare le donne e,al tempo stesso,ispirare i poeti. Su di lui si scrissero libri e canzoni mentre la Barbagia si ritrovava assiedata più da giornalisti che da baschi blu. Ad Angelo Demurtas de "L'Unione Sarda" Mesina disse "Il bandito mangia la carne con coltello e forchetta. Sa dove ho imparato ad usarle? In carcere". Caterina Pinna però non si sentiva madre di un eroe ma di un mal'affortunadu. L'avrebbe preferito in carcere sicuramente,tranquillo piuttosto che in pericolo alla macchia e non gradiva nemmeno tanto clamore attorno a quel ragazzo sperando,in cuor suo,che tutto potesse stare sotto silenzio,in modo da poter contrattare la sua costituzione e far si che in pochi anni Graziano potesse uscire ed aiutare i propri fratelli oramai sistemati a condurre il forno di pane carasu,sposarsi e formare una famiglia magari. Soffrì in vita il dramma di due figli morti ammazzati ed ebbe lutti e fastidi talmente enormi che ogni notte faceva fatica a dormire in quanto attendeva sempre una perquisizione,un'ennesima visita delle forze dell'ordine tra le coltri domestiche. I Mesina non erano infami e di conseguenza,sempre stando a quanto vige dalle loro parti,neanche dei delinquenti. E' innegabile che Graziano commise reati anche di una certa gravità,spinto come già detto da bisogno e spirito di vendetta. Si canticchiava "Mi chiamo Mesina,di nome Graziano, e sono fuggito da San Sebastiano" ma a casa di Caterina Pinna la prigione era un male curabile mentre la latitanza no,in una catena di difficile se non impossibile soluzione in quanto un latitante è una povera anima da difendere e chiunque osi difenderlo, in un modo o nell'altro, ci lascia le penne in quanto gli inquirenti non lo lasceranno in pace poggiando sugli stessi una coltre di diffidenza e sospetto che farà di lui un individuo pericoloso, a rischio e costantemente sotto controllo. Grazianeddu trascorse in carcere dieci anni e poi una volta uscito un uomo, la cui Balentia è innegabile, chi riandrà a frequentare se non persone della sua stessa e precedente pasta? Ma Caterina non lo voleva balente quanto fornaio o qualsiasi altra cosa che lo togliesse da quel mondo e quell'ambiente. Non voleva disperderlo tra le più svariate carceri della penisola, sentirlo tramite telefono una sola volta al mese o leggere le sue lettere con frasi tipo questa "In cella sto un po' meglio perché compagno un ragazzo di Orune e almeno parliamo in sardo fra noi". La vedova Mesina ha vissuto un secolo intero, di tribolazioni, fastidi e danni, cercando di annacquare le poche gioie nei troppi dolori, cercando di capire perché di dodici figli praticamente nessuno è riuscito a passare indenne ai drammi. Quando recentemente Grazianeddu ha subito l'ultima delle sue numerose condanne aveva oramai perso la lucidità dei suoi giorni migliori. Tutto ciò riguardò la nebulosa faccenda del sequestro di Frouk Kassam con Grazianeddu che svelò i misteri e pagò duramente in quanto dopo qualche mese venne arrestato per traffico d'armi. Thia Caterina era abituata a soffrire con altri figli che vennero arrestati e poi assolti, altri fuggirono latitanti e poi tornarono nella sua abitazione ed altri ancora vennero uccisi, come già detto, senza un motivo apparente. La sua storia è finita così domani verrà sepolta nel cimitero di Orgosolo sperando che a qualcuno la sua vita e le sue azioni servano per relazionarsi meglio con la Barbagia, una terra seria e perbene quanto alle altre nonostante venga continuamente sminuita con i luoghi comuni di cui si riempiono la bocca molti, troppi italiani.

1 commento:

  1. Onore al dolore di Thia Caterina, Grazianeddu io lo adoro, anche se purtroppo è finito fuorilegge.
    Grazie
    Maria Gabriella Miccoli triestina ma fiera di essere di madre sarda
    A si intendi

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