lunedì 28 maggio 2012

LA STRAGE DI BRESCIA IN PIAZZA DELLA LOGGIA (28/05/1974)

Di Giampaolo Carboni.
La strage di piazza della Loggia è stata un attentato terroristico compiuto a Brescia, nella centrale piazza della Loggia. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza del sindacalista della CISL Franco Castrezzati, dell'on. del PCI Adelio Terraroli e del segretario della camera del lavoro di Brescia Gianni Panella. L'attentato provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue persone (NELLA FOTO LA PRIMA PAGINA DE "L'UNIONE SARDA" DEL 29/05/1974).

La prima istruttoria della magistratura portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Uno di essi, Ermanno Buzzi, in carcere in attesa d'appello, fu strangolato il 13 aprile 1981 da Pierluigi Concutelli e Mario Tuti. Nel giudizio di secondo grado, nel 1982, la condanne del giudizio di primo grado vennero commutate in assoluzioni, le quali a loro volta vennero confermate nel 1985 dalla Corte di Cassazione.


Un secondo filone di indagine, sorto nel 1984 a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, mise sotto accusa altri rappresentanti della destra eversiva e si protrasse fino alla fine degli anni '80; gli imputati furono assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, e prosciolti in appello nel 1989 con formula piena. La Cassazione, qualche mese dopo, confermerà l'esito processuale di secondo grado.
Nel corso dei vari procedimenti giudiziari relativi alla strage si è costantemente fatta largo l'ipotesi del coinvolgimento di rami dei servizi segreti e di apparati dello Stato nella vicenda.
Una ricostruzione siffatta appare sostenuta da una lunga serie di inquietanti circostanze: su tutte, basti pensare in primo luogo all'ordine - proveniente da ambienti istituzionali rimasti finora oscuri - impartito meno di due ore dopo la strage affinché una squadra di pompieri ripulisse con le autopompe il luogo dell'esplosione, spazzando via indizi, reperti e tracce di esplosivo prima che alcun magistrato o perito potesse effettuare alcun sopralluogo o rilievo; secondariamente, la misteriosa scomparsa dell'insieme di reperti prelevati in ospedale dai corpi dei feriti e dei cadaveri, anch'essi di fondamentale importanza ai fini dell'indagine; infine, va segnalata la recente perizia antropologica ordinata dalla Procura di Brescia su una fotografia di quel giorno che comproverebbe la presenza sul luogo della strage di Maurizio Tramonte, militante di Ordine Nuovo e collaboratore del SID.
Gli oscuri intralci di provenienza istituzionale manifestatisi anche durante il secondo troncone d'indagine verranno definiti dal giudice istruttore Zorzi quale ulteriore "riprova, se mai ve ne fosse bisogno, dell'esistenza e costante operatività di una rete di protezione (l'Ufficio Affari Riservati, ndr) pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo". Durante il processo emerge un documento del Sismi, datato 20 febbraio 1989 ed indirizzato al Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ed al Capo della Polizia, in cui si parla di intercettazioni telefoniche nei confronti di Margherita Ragnoli, co-segretaria dell' Associazione Italia-Cuba (di estrazione comunista) di Brescia, nelle quali ella afferma di aver sentito parlare della strage fin "dalla sera precedente" della stessa. Si specifica nel documento che, al tempo, non furono informati del fatto Organi e/o Autorità esterni al SID.
Riguardo alla terza istruttoria, il 19 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi (oggi cittadino giapponese, non estradabile, con il nome di Hagen Roi) per il coinvolgimento nella strage di piazza della Loggia. Il 15 maggio 2008 sono stati rinviati a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi.I primi tre erano all'epoca militanti di spicco di Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1956 da Pino Rauti e più volte oggetto di indagini, pur senza successive risultanze processuali, in merito all'organizzazione ed al compimento di attentati e stragi. Ordine Nuovo fu sciolto nel 1973 per disposizione del ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani con l'accusa di ricostituzione del Partito Fascista. Francesco Delfino fu invece ex generale dei carabinieri, all'epoca responsabile - con il grado di capitano - del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia, e Giovanni Maifredi, ai tempi collaboratore del ministro degli Interni Paolo Emilio Taviani.


Sono stati tutti rinviati a giudizio i sei imputati accusati di concorso nella strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Si tratta di Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. Il processo inizierà il 25 novembre. 

La strage avvenne mentre nella piazza era in corso una manifestazione contro il terrorismo organizzata dai sindacati e da un comitato antifascista. L'ordigno fu nascosto in un cestino. Otto persone persero la vita e altre 94 rimasero ferite. 
La prima fase processuale si concluse nel 1979 con la condanna di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Nel 1982, però, la Corte di Cassazione assolse gli imputati. Un nuovo processo chiamò in causa altri rappresentanti della destra, anche questi assolti nel 1989 per insufficienza di prove. 
Ma i giudici non si arresero e i rinvii a giudizio di oggi sono la conseguenza del loro lavoro. Noti i nomi dei rinviati a giudizio: a partire da Delfo Zorzi (latitante da tempo in Giappone con il nome di Hagen Roy), proseguendo con Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, militanti di spicco di Ordine Nuovo e finendo con il fondatore del gruppo estremista Pino Rauti (suocero dell'attuale sindaco di Roma). 


(Da www.repubblica.it)

Il 30 agosto 2008 su "La Repubblica" si parla di questa foto (VEDI SOTTO) in cui si ipotizza possa esserci un sospettato.

La prima udienza si tenne il 25 novembre 2008. Il 21 ottobre 2010, dopo cinque giorni e mezzo di ricostruzione delle accuse, i pubblici ministeri titolari dell'inchiesta,formularono l'accusa di concorso in strage per tutti gli imputati, ad eccezione di Pino Rauti, per il quale è stata invece chiesta l'assoluzione per insufficienza di prove, pur sottolineando la sua responsabilità morale e politica per la strage (NEL VIDEO LA RICOSTRUZIONE IN 3D DELL'ESPLOSIONE MOSTRATA IL GIORNO IN AULA).
Quattro persone devono pagare con il carcere a vita per la strage di piazza della loggia a Brescia. Per una quinta, il fondatore di Ordine nuovo ed ex segretario msi Pino Rauti, ci sarebbe stata una responsabilità morale, ma "non è stato commesso il fatto". E' con queste richieste che si è chiusa la requisitoria dei pm Roberto di Martino e Francesco Piantoni nel processo per la strage che il 28 maggio 1974 uccise otto persone e ne ferì 108. Carcere a vita per gli ex ordinovisti Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, l'ex collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino.
Di Martino ha affrontato per prima la posizione di Pino Rauti. "Ha una responsabilità morale per quanto avvenuto - ha spiegato - dalle veline abbiamo capito ciò che Rauti predicava. Ma nei suoi confronti non ci sono situazioni di pseudo responsabilità oggettiva. Quindi è da assolvere seppure con la formula prevista dal secondo comma dell'articolo 530". Poi il magistrato è passato agli altri imputati, quelli per cui ha richiesto la condanna all'ergastolo e ha illustrato in pochi minuti gli elementi principali del processo, mentre a sedersi tra lui e Piantoni è arrivato il procuratore capo di Brescia, Nicola Pace.  Non deve stupire, per i magistrati, che dagli atti emerga la presenza di diversi modelli di bombe maneggiate dai protagonisti. L'ordigno che fece strage fu uno che faceva parte del numerose bombe che il gruppo avrebbe avuto a disposizione per vari attentati. "Proprio le dichiarazioni di "Zio Otto", Carlo Digilio (ex armiere di Ordine nuovo) - ha detto Di Martino - rappresentano l'asse portante del processo". Il pm ha ribadito che "sono attendibili perchè vengono da una persona perfettamente equilibrata, rilasciate anni e anni prima dell'ictus che l'ha colpito". Venendo agli imputati ritenuti colpevoli, ricorda che "secondo i testimoni per Maggi la strage era un adeguato mezzo di lotta politica".  Delfo Zorzi, poi, accusato d'essersi procurato l'ordigno, ha "spiegato nel memoriale inviato al processo che non era a Brescia il giorno della strage. Ma noi non abbiamo detto questo. Poteva però essere a Abano Terme il 25 maggio quando venne decisa la strage". Maurizio Tramonte, l'ex fonte Tritone dei servizi segreti: "Era presente alle riunioni in cui si decise la strage, la sua velina del 6 luglio del 1974 è per noi quasi una confessione extragiudiziale di Maggi. Poi Tramonte ha ritrattato, ma la sua ritrattazione è stata ritenuta risibile da tutte le autorità che se ne sono occupate. Ha detto d'aver parlato sotto l'effetto di cocaina, ma poi in carcere a Cremona a un compagno di cella contestualmente diceva la verità".  E infine Delfino. "Di lui ho parlato abbastanza - ha concluso - si è reso protagonista di un depistaggio mostruoso". E per Manlio Milani, presidente dell'associazione dei famigliari delle vittime, rispetto ai precedenti processi la novità maggiore è proprio quella della posizione dell'ex generale dei carabinieri che quando scoppiò la bomba era capitano del nucleo operativo del comando provinciale. "In lui riponevamo fiducia, era lo Stato. Il suo depistaggio ha impedito di prevenire le altre stragi", ha detto Milani.




(Da www.repubblica.it)




Il 16 novembre 2010 la Corte D'Assise ha emesso la sentenza di primo grado della terza istruttoria, assolvendo tutti gli imputati con la formula dubitativa di cui all'art. 530 comma 2 c.p.p., corrispondente alla vecchia formula dell'insufficienza di prove. Oltre alle assoluzioni di Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino e Pino Rauti, i giudici hanno disposto il non luogo a procedere per Maurizio Tramonte, per intervenuta prescrizione in relazione al reato di calunnia, e revocato la misura cautelare nei confronti dell'ex militante di Ordine Nuovo Delfo Zorzi.

Sono stati tutti assolti oggi, con formula dubitativa, i cinque imputati al processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia, uno dei più sanguinosi episodi di terrorismo di estrema destra degli anni 70. Lo riferisce l'avvocato di parte civile Piergiorgio Vittorini, che rappresenta il Comune di Brescia.  "Sono stati tutti assolti in base all'articolo 530 comma 2 (del Codice di procedura penale), quella che è la formula dubitativa", ha detto Vittorini al telefono poco dopo la pronuncia della sentenza da parte della Corte d'Assise.  Il 28 maggio del 1974 una bomba esplose nella centrale piazza della Loggia durante una manifestazione antifascista indetta dai sindacati. L'attentato provocò otto morti e 108 feriti.  Secondo Vittorini, nella lettura della sentenza "ci sono elementi che inducono a ritenere responsabilità sussistenti" degli imputati che però non possono essere portati a prova per una condanna.  "Bisogna vedere come sarà motivata la sentenza", ha detto il legale, secondo cui "sarebbe molto importante se in essa si affermasse che gli elementi di prova sono stati fatti sparire nel corso degli anni".  Gli imputati assolti oggi sono l'ex informatore del servizio segreto militare Maurizio Tramonte, l'allora capo di Ordine Nuovo nel Triveneto Carlo Maria Maggi, l'allora neonazista Delfo Zorzi (oggi cittadino giapponese) e l'ex generale dei Carabinieri Francesco Delfino, accusati di concorso in strage, e e per i quali era stato chiesto l'ergastolo; e Pino Rauti, ex segretario dell'Msi, per il quale era stata invece chiesta l'assoluzione per mancanza di prove.  Quella attuale è la terza inchiesta sulla strage, sempre attribuita all'estrema destra.  La prima fase del processo ebbe come conseguenza la condanna di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Nel 1982, però, la Corte di Cassazione assolse gli imputati.  Un nuovo processo chiamò in causa altri rappresentanti della destra, anche questi assolti nel 1989 per insufficienza di prove.  La procura di Brescia sostiene che Rauti, dirigente di Ordine Nuovo, fosse a conoscenza della organizzazione dell'attentato e che Delfino, allora capitano dei carabinieri, avrebbe partecipato ad almeno due incontri, a Lugano e a Verona, in cui Maggi avrebbe parlato apertamente della strage.

(Da it.reuters.com)

Il 14 aprile 2012 la Corte d'Appello confermò l'assoluzione per tutti gli imputati, condannando le parti civili al rimborso delle spese processuali.

LE VITTIME

Giulietta Banzi Bazoli,34 anni insegnante 

Livia Bottardi Milani,32 anni insegnante 

Euplo Natali,69 anni pensionato 

Luigi Pinto,25 anni insegnante 

Bartolomeo Talenti,56 anni operaio 

Alberto Trebeschi,37 anni insegnante 

Clementina Calzari Trebeschi,31 anni insegnante 

Vittorio Zambarda,60 anni operaio

STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA SPUNTA LA FOTO CHOC DELLA STRAGE

Una foto ingiallita rivela che in piazza della Loggia a Brescia probabilmente c'era anche uno dei principali sospettati, Maurizio Tramonte: assistette da vicino allo strazio dei familiari degli otto morti. Aveva appena smesso di piovere dopo lo scoppio della bomba, alle 10.12 del 28 maggio 1974. S'era formato un cordone a protezione di un uomo, inginocchiato accanto al cadavere di Alberto Trebeschi, 36 anni, insegnante, militante del Pci. L'uomo che lo piange è il fratello, Arnaldo. Ha saputo che anche la cognata, Clementina Calzari, 32 anni, è morta.  
Un fotografo dello studio Eden fa clic. Dietro al cordone, tra una donna e una pertica posta di spalle, il sindacalista Fiom Piero Faverzan, s'intravede un tizio minuto, i capelli a caschetto. La foto ne immortala il lato destro del viso. Si nota male ad occhio nudo, ma più di trent'anni dopo una perizia antropologica, ordinata dalla Procura di Brescia, e redatta dal professor Luigi Capasso, è giunta alla conclusione che si tratta di Tramonte, "la fonte Tritone" infiltrata dal Sid in Ordine Nuovo. Uno degli organizzatori dell'eccidio, secondo i magistrati.   Il 25 novembre inizia il terzo processo per la strage di piazza della Loggia, uno dei buchi neri della strategia della tensione. È l'ultima chance per accertare la verità. Otto croci, decine di feriti, tre precedenti dibattimenti finiti con un nulla di fatto, cinque istruttorie, l'ultima durata tredici anni e aperta nel 1993 dalle dichiarazioni di Donatella di Rosa, Lady Golpe.   Solo per cristallizzare la testimonianza dell'accusatore principale, Carlo Digilio, "Zio Otto", ci sono voluti diciotto mesi. Gli atti d'indagine sono un Everest di 750 mila documenti. Fotocopiarli è costato 45 mila euro all'Associazione delle vittime, operazione finanziata con somme uguali da Comune e Provincia di Brescia e Regione Lombardia. Tuttavia, a complicare il tutto è la natura indiziaria del dibattimento, che durerà due anni almeno: non sarà facile giungere ad una condanna. Lo "Zio Otto", ritenuto credibile dalla Cassazione, nel frattempo è morto.  Tramonte, nativo di Camposampiero (Padova), è uno dei sei imputati, insieme a facce note dell'eversione nera come Delfo Zorzi (prima condannato e poi assolto per piazza Fontana), Carlo Maria Maggi, Giovanni Maifredi, il fondatore di Ordine Nuovo Pino Rauti, l'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino. Quando partì l'ultima inchiesta fece ammissioni importanti, ricostruì lo scenario, illustrò i preparativi messi a punto in un'abitazione di Abano Terme, e fu perciò ammesso ad un programma di protezione.   Ma nel maggio 2002 ritrattò tutto con un memoriale, scagionando Zorzi, (da tempo riparato in Giappone, dove fa l'industriale tessile). Per la Cassazione la ritrattazione non è credibile, così Tramonte si ritrova imputato di concorso morale in strage. Una figura obliqua. Pare abbia iniziato a fare la spia a 15 anni. Ne aveva 21 il giorno della bomba. Oggi fa immobiliarista a Brescia, dove convive con una donna polacca e prende il caffè in un bar di via Cavour, lo stesso frequentato da Manlio Milani, che in piazza della Loggia perse la moglie, Livia Bottardi. I due si squadrano, ma non si salutano.   E' davvero l'uomo della foto? "Tramonte lo smentisce categoricamente" fa sapere il suo avvocato, Mita Mascialino. Scrivono di lui i pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni: "Partecipò alle riunioni in cui l'attentato veniva organizzato, offrendo la sua disponibilità a collocare l'ordigno". S'accollò l'incombenza un ordinovista di Ferrara, Giovanni Melioli. Anche lui è morto, nel '91. La perizia del professor Capasso consta di 98 pagine.   Ha più volte sovrapposto una vecchia fototessera in bianco e nero di Tramonte con la foto della piazza, sezionando come un entemologo ogni ruga, gli zigomi, il naso, le labbra, la fronte, fino a giungere a "un positivo giudizio d'identità". Anche se il professor precisa che "pesano alcune carenze informative, che impongono prudenza".   Manlio Milani conserva la foto con Tramonte in una vecchia busta. La estrae e la guarda. Non dice niente. Ha 70 anni, ben portati. La storia della strage l'ha raccontata decine di volte. Era un martedì. Manifestazione indetta dai sindacati e dal comitato permanente antifascista per protestare contro una serie di attentati avvenuti in città. La sinistra è reduce da due conquiste storiche: la vittoria al referendum per il divorzio e i decreti delegati, che allargano la democrazia nella scuola. Milani e i suoi amici fanno parte di un gruppo di insegnanti impegnati nella Cgil.   La sera prima si sono visti a cena, a casa di un amico, Piero Bontempi, reduce dal congresso della Cgil scuola. E' una cerchia cementata dalla comune consonanza politica: Milani e Trebeschi sono del Pci. Giulia Banzi milita in Avanguardia operaia. Il marito, Luigi, fratello del banchiere Giovanni Bazoli, invece è assessore comunale dc. Hanno condotto insieme la battaglia per il divorzio.   "La prima volta che ci siamo trovati d'accordo in politica". Hanno tre figli di otto, sei e quattro anni. Un figlioletto i Trebeschi, Giorgio, di un anno e mezzo. La manifestazione inizia alle 10 in punto. La bomba è celata in un cestino, sotto i portici. Alle 10,12 il boato. Alla fine si conteranno cinque insegnanti morti, di cui tre donne. Giorgio Trebeschi è cresciuto con lo zio Arnaldo. E' un dirigente della Banca d'Italia, lavora in Brasile. 

(Da "La Repubblica" del 30/08/2008)

Nessun commento:

Posta un commento

Qualsiasi commento anonimo o riportante link NON sarà pubblicato

Any anonymous or linked comments will NOT be published