Di Redazione.
È morto nella notte Enrico Manca. Aveva 79 anni. Dal 1986 al 1992 era stato Presidente socialista della Rai, che scalò cominciando nel 1961 dal giornale radio. Si trovò a dirigere l' azienda del servizio pubblico nella fase in cui Bettino Craxi aveva un rapporto privilegiato con la tv privata. E a gestire la fase complessa dei contrasti dell' ex leader del Partito Socialista Italiano e Ciriaco De Mita, e poi quelli tra lui e il direttore generale Biagio Agnes. Fu sotto la sua presidenza che la concorrenza con il Biscione divenne spietata, con l' abbandono di Viale Mazzini di Pippo Baudo e di Raffaella Carrà:Baudo lasciò la tv di stato dopo che lo stesso Manca definì i programmi del conduttore "nazional popolari" usando questo termine con un'accezione chiaramente negativa. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo messaggio di cordoglio, ha ricordato la sua «sensibilità nel lungo impegno al vertice della Rai in un periodo difficile e complesso della storia del Paese». Le pressioni politiche dei partiti erano pesanti, ma le sopportava e subiva con il suo stile, «mai mettersi sull' attenti alla prima telefonata». A chi gli contestava che sotto la sua direzione la Rai era l' espressione più tangibile dei partiti, lui, senza scomporsi, recitava come un mantra che la riforma del 1974 aveva previsto il passaggio della Rai dal monopolio della Democrazia Cristiana e dalla dipendenza diretta dal governo al controllo del Parlamento. E dunque al pluralismo. «Era un latifondo Dc - diceva della Rai - abbiamo fatto un piano urbanistico». E sulla lottizzazione aggiungeva: «L' Italia è l' unico Paese dove l' opposizione ha avuto un canale tv e Craxi me lo rinfacciava con parole dure». Di una cosa, però, ricordando i suoi sei anni alla presidenza, si diceva pentito. «Di essere stato l' uomo della pax televisiva che firmò l' armistizio con Silvio Berlusconi, mettendo fine alla guerra fra tv pubblica e privata e riconoscendo all' avversario lo status di controparte alla pari». Per questo fu attaccato dal Popolo, quotidiano Dc, che lo definì «un infiltrato di Berlusconi». Lasciò la presidenza Rai perché «era troppo forte il richiamo della politica» che «paragonava ad un rapporto erotico». Dopo Tangentopoli, si riconobbe in quell' area del centrosinistra vicina alla Margherita. Ma non aveva mai smesso di battersi per la "questione socialista", lanciando ai democratici l' idea di raccogliere in Italia sotto il tetto del Partito Socialista Europeo le esperienze della sinistra.
È morto nella notte Enrico Manca. Aveva 79 anni. Dal 1986 al 1992 era stato Presidente socialista della Rai, che scalò cominciando nel 1961 dal giornale radio. Si trovò a dirigere l' azienda del servizio pubblico nella fase in cui Bettino Craxi aveva un rapporto privilegiato con la tv privata. E a gestire la fase complessa dei contrasti dell' ex leader del Partito Socialista Italiano e Ciriaco De Mita, e poi quelli tra lui e il direttore generale Biagio Agnes. Fu sotto la sua presidenza che la concorrenza con il Biscione divenne spietata, con l' abbandono di Viale Mazzini di Pippo Baudo e di Raffaella Carrà:Baudo lasciò la tv di stato dopo che lo stesso Manca definì i programmi del conduttore "nazional popolari" usando questo termine con un'accezione chiaramente negativa. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo messaggio di cordoglio, ha ricordato la sua «sensibilità nel lungo impegno al vertice della Rai in un periodo difficile e complesso della storia del Paese». Le pressioni politiche dei partiti erano pesanti, ma le sopportava e subiva con il suo stile, «mai mettersi sull' attenti alla prima telefonata». A chi gli contestava che sotto la sua direzione la Rai era l' espressione più tangibile dei partiti, lui, senza scomporsi, recitava come un mantra che la riforma del 1974 aveva previsto il passaggio della Rai dal monopolio della Democrazia Cristiana e dalla dipendenza diretta dal governo al controllo del Parlamento. E dunque al pluralismo. «Era un latifondo Dc - diceva della Rai - abbiamo fatto un piano urbanistico». E sulla lottizzazione aggiungeva: «L' Italia è l' unico Paese dove l' opposizione ha avuto un canale tv e Craxi me lo rinfacciava con parole dure». Di una cosa, però, ricordando i suoi sei anni alla presidenza, si diceva pentito. «Di essere stato l' uomo della pax televisiva che firmò l' armistizio con Silvio Berlusconi, mettendo fine alla guerra fra tv pubblica e privata e riconoscendo all' avversario lo status di controparte alla pari». Per questo fu attaccato dal Popolo, quotidiano Dc, che lo definì «un infiltrato di Berlusconi». Lasciò la presidenza Rai perché «era troppo forte il richiamo della politica» che «paragonava ad un rapporto erotico». Dopo Tangentopoli, si riconobbe in quell' area del centrosinistra vicina alla Margherita. Ma non aveva mai smesso di battersi per la "questione socialista", lanciando ai democratici l' idea di raccogliere in Italia sotto il tetto del Partito Socialista Europeo le esperienze della sinistra.
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