Di Redazione.
Il voto di sfiducia, che a dicembre Silvio Berlusconi era riuscito in qualche modo a scansare in Parlamento, viene ora riproposto dai mercati finanziari, in vista degli stress test sulle banche europee e dell`asta di oggi dei Bot (6,7 miliardi) e di giovedì dei Btp (3-5 miliardi). Da ieri il tasso d`interesse sui Btp a io anni costa il 3,05% in più rispetto ai Bund tedeschi di ugual durata.
Mai nell`età dell`euro il differenziale con l`economia più solida d`Europa era stato così alto. Se il dato si consolida, il costo medio del debito pubblico italiano aumenterà sensibilmente, la manovra volta al pareggio del bilancio dello Stato nel 2014 si rivelerà insufficiente e i conti delle banche dovranno registrare pesanti minusvalenze sui vecchi titoli in portafoglio che si troverebbero a pagare interessi più bassi: abbastanza per vanificare le operazioni di rafforzamento patrimoniale fatte negli ultimi due anni e per indebolire la disponibilità di credito all`economia reale.
Simili esiti non sono ancora scontati, ma quel che emerge con chiarezza è che arruolare nella maggioranza tre deputati ex finiani non è un argomento che accrediti il governo presso quanti all`estero detengono, secondo le statistiche del Fondo monetario internazionale, il 44%o dei titoli di Stato italiani. Anzi, certe furbizie rischiano di aggravare la crisi di credibilità di un Paese che pure, a fronte dei i.goo miliardi di debito pubblico, per l`83% statale, può vantare una ricchezza privata in immobili e strumenti finanziari pari a circa 8.ooo miliardi.
La gestione delle aste delle obbligazioni del Tesoro, fatta con grande professionalità dal ministero, e lo stesso rigore contabile del titolare dell`Economia, Giulio Tremonti, non bastano a coprire il vuoto politico di un esecutivo che invoca i global legal standard, sventola la bandiera del patriottismo economico e poi, di fronte a delle scelte concrete, si defila.
L`imperativo categorico è far capire al mondo che la Grecia verrà salvata e nessun Paese dell`euro sarà abbandonato.
Ma, ammesso che si vada d`accordo su come distribuire gli oneri, resta da definire una direzione efficace e tempestiva del Fondo salva Stati. Diversamente, l`Eurozona patirà un handicap grave rispetto ai concorrenti con una moneta e un governo. E le prime incertezze sul debito di Paesi solidi come Francia, Olanda e Austria suonano un altro campanello d`allarme.
Più in generale, ci si chiede se, guardando oltre l`emergenza, abbia ancora senso lasciare immutato il mercato finanziario costruito negli anni Novanta seguendo la cultura che ha portato al disastro. In Europa, i deputati popolari, socialisti e verdi vorrebbero proibire la speculazione sui credit default swaps sui titoli di Stato, che moltiplicano i rischi anziché assicurarli come do- vrebbero in teoria fare. I governi di Francia e Germania vorrebbero confermare questo orientamento, ma i governi inglese, spagnolo, svedese e altri non ci stanno. La presidenza polacca sembra filoinglese.
Ma fin dove arriva la legittima preoccupazione per la liquidità dei mercati, che già una volta era venuta meno nonostante la deregulation, e da dove inizia la sudditanza di alcuni governi e alcune economie all`industria finanziaria? In questo contrasto tra Parlamento europeo e governi nazionali l`Italia da che parte sta? Che cosa pensiamo della Tobin tax e degli altri strumenti buoni per raffreddare la pericolosa frenesia della finanza? Al governo basta l`informativa sulle posizioni corte allo scoperto, imposta ieri dalla Consob, buona ultima rispetto alle consorelle europee e tuttavia esempio di attivismo rispetto all`esecutivo? Silenzio.
Si riparla della norma salva-Fininvest per rilanciare le imprese.
Ma le insufficienze non sono solo italiane.
Tolto ogni vincolo alla libera circolazione dei capitali, gli Stati sanno quanto del loro debito sta fuori dai confini, ma non quanto sia detenuto da residenti e quanto da non residenti nell`Eurozona, quanto da investitori stabili e quanto da hedge fund e affini. Da Pechino si dice che la Cina detenga il 13-14% del debito pubblico italiano, ma il Tesoro non ha gli strumenti per sapere se si tratta dell`intero debito pubblico o dei soli Btp. Detto questo, c`è qualcuno che parla con i cinesi per vedere se si può fare qualcosa? Certo, si potrà anche osservare che l`economia reale non ha più problemi di sei mesi fa.
E magari citare il Fiscal Monitor del Fondo monetario di aprile, secondo il quale l`Italia è uno dei Paesi che ha meno bisogno di interventi sulla finanza pubblica per stabilizzare il proprio debito nel lungo termine. Ma i fatti pesano più delle analisi. E i fatti dicono che negli ultimi giorni a vendere sono stati investitori che i titoli di Stato li possedevano. Un segno pesante, che va al di là delle classiche vendite allo scoperto delle banche che si preparano alle aste di Bot e Btp. Il Belpaese non è il Giappone, dove la bassa crescita non ha inciso sui tassi del più grande debito pubblico del mondo, perché è quasi tutto detenuto da giapponesi.
Ma governo e sistema finanziario devono fare quadrato.
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