Di Andrea Sini.
Dategli un play "come si deve" e lo farete contento. Mettetegli in mano un gruppo uomini veri e lui vi farà una grande squadra. Romeo Sacchetti, per tutti Meo, ha la faccia del burbero e il sorriso da gigante buono. Al palazzetto lo venerano, per strada lo salutano come si saluterebbe un vecchio amico. Con il rispetto - si intende - che la sua stazza incute e impone. Il nuovo corso della Dinamo riparte dal coach del miracolo. Dalla promozione in serie A, allo storico ingresso nei playoff scudetto. E questa settimana si inizia a comporre il nuovo puzzle.
Per Meo Sacchetti che estate è stata?
«Strana, molto strana. Ogni giorno se ne sentiva una nuova, ogni giorno c'era una novità: prima la questione del possibile sponsor, poi la cessione della società, poi Cellino, poi la Regione. Tra il dire e il fare c'è sempre l'oceano e sino all'altro giorno sono rimasto a guardare».
La fase da spettatore è terminata. La Dinamo ha un nuovo presidente e lei è ancora l'allenatore.
«La cosa più importante è che la Dinamo stia a Sassari. Ho vissuto il dramma la sparizione della squadra a Capo d'Orlando. Non voglio usare termini fuori luogo, ma si tratta di una tragedia sportiva e un colpo per tutta la città. Sassari non si può permettere di perdere un patrimonio come la Dinamo, che non ha solo una valenza sportiva ma anche sociale. Non lo nascondo: io ho fatto il tifo tutta l'estate».
Conosce già i nuovi quadri dirigenziali?
«Stefano Sardara era già nel gruppo. Ha un grande entusiasmo e tanta voglia di fare, non sarà un salto nel buio. Conosco anche Pasquini. Penso che lavoreremo bene».
Cosa le mancherà della vecchia società?
«I rapporti personali con la famiglia Mele restano tali e quali. Con Pinuccio c'era una chimica particolare, a volte non c'era bisogno di parlare per intendersi. Mi dispiace che non sia più in società. So già che all'inizio, quando mi girerò verso il "tavolo", mi sembrerà strano non vederlo».
E ora con che stato d'animo si mette al lavoro?
«L'entusiasmo non mi è mai mancato, ce l'ho sempre messo a prescindere dalla categoria. Sono contentissimo di restare in Sardegna, questo è evidente».
Dopo il sesto posto dell'anno scorso, ora le chiederanno la luna...
«Una cosa deve essere chiara: dobbiamo dimenticarci di quello che abbiamo fatto l'anno scorso. Ci piacerebbe ripeterci ma dobbiamo fare un passo per volta. La serie A è un campionato difficile e molto strano. Ci sono tante grandi squadre e le insidie non mancano mai».
La Dinamo dovrà puntare prima di tutto a mantenere la categoria.
«Una realtà come Sassari, che non ha mezzi enormi, deve necessariamente puntare alla salvezza. Ci serve la rabbia della provinciale, poi si può sempre migliorare, come l'anno scorso».
Parliamo di roster. La piazza fa il nome di Diener. Intendete tenerlo?
«Io ho sempre detto che per fare la squadra parto dal play, dunque... Nonostante i problemi fisici lui ha regalato sprazzi di grande basket. Purtroppo ha reso solo al 60%. Mi piacerebbe vederlo al top. Tenerlo sarebbe un bel punto di partenza».
La squadra verrà smontata?
«Non credo. Abbiamo un ottimo nucleo di italiani, che l'anno scorso, all'ombra di tre stelle, sono stati il vero valore aggiunto. Ma per tutti questi discorsi c'è tempo».
(Da "La nuova sardegna")
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