martedì 13 dicembre 2011

L'OMICIDIO DI IRMA ROMBI JACOBSEN A CAGLIARI (17/10/1993)

Di Giampaolo Carboni.

Vivevano in simbiosi in un mondo tutto loro i due fratelli: hanno ucciso la zia che li amava come figli.
Una macchina perde il controllo, scavalca il recinto, finisce sul prato all'inglese e falcia un uomo che fa giardinaggio davanti alla sua villetta. La travolgente carriera di Irma Rombi vedova Jacobsen nella Banca mondiale di Washington finisce con la morte del marito. Charles Jacobsen è sopravvissuto al Vietnam ma non ad un banale incidente. È il 1981, l'economista cagliaritana torna a casa e in pochi anni è vicedirettore del Cis.
Non ha figli Irma Rombi Jacobsen (NELLA FOTO IN ALTO) e davanti alla ribellione di Fabrizio, primogenito sedicenne del fratello, non ha dubbi: lo ospita nel suo appartamento al quinto piano di Piazza Michelangelo al civico ventisei, sicura di convincerlo a riprendere la scuola. Presto fa i conti con difficoltà inimmaginabili, i rapporti sono sempre più complicati e quando spalanca la sua casa anche ad Alessio, tre anni meno di Fabrizio, nella speranza di recuperarli entrambi, la situazione precipita. E visto che i nipoti non le parlano scrive: sgombrate.
L'autunno 1993 è appena cominciato, Irma Rombi fa un viaggio a Washington per trovare i parenti del suo Charles. In casa ci sono i figli del fratello ma tutte le camere sono chiuse a chiave: Fabrizio ha la sua stanza, adibita anche a palestra, nelle altre non può entrare. O meglio, non potrebbe, ma si è procurato un passepartout, apre pure la camera dove la zia conserva denaro e gioielli. Irma, quarantasette anni, torna dall'America, lascia la valigia intatta e riparte subito per Roma, breve impegno di lavoro. Il 17 ottobre 1993 è di ritorno. Va a prenderla il fratello Alessandro insieme al figlio David, più tardi decideranno se andare insieme nella casa al mare. Si cambia, indossa una tuta da ginnastica, sistema gli anelli nel portagioie e pranza. Telefona alle amiche ma declina ogni invito, deve ancora disfare la valigia del viaggio statunitense e anche il borsone di Roma. Quando posa la cornetta del telefono mancano quindici minuti alle tre del pomeriggio. È domenica.
Un quarto d'ora dopo il lampadario del salotto dell'appartamento sottostante oscilla, i due anziani inquilini sentono colpi fortissimi, poi un lamento, come un pianto di bambino, e altri colpi. Poi più nulla. Non immaginano che Irma ha appena litigato con Fabrizio. Sarà stato il solito motivo: sempre chiusi a far ginnastica, guardare la tv, sentire la musica a tutto volume. La zia non sopporta più i due nipoti che da cinque anni le rendono la vita impossibile, decide perfino di cambiar casa, ha già acquistato un appartamento. C'è un contatto fisico, la donna si difende come può e graffia il volto del nipote maggiore, diciannove anni. Succede tutto nel soggiorno: uno dei due ragazzi la blocca, l'altro afferra un bilanciere e la colpisce alla testa. Irma finisce a terra e i due nipoti sferrano altri otto colpi. Fabrizio e Alessio sono lucidi e presenti a se stessi: infilano la testa della morta dentro due sacchetti della spazzatura, tamponano il sangue con stoffa e giornali, piegano il corpo all'indietro e lo infilano in una delle valigie della zia. Quindi si dedicano alla pulizia del sangue sul pavimento. Per ore. Tra l'una e le due di notte è tutto pronto ma l'ascensore è guasto, sono costretti a trasportare per cinque piani a piedi la valigia e si scorticano le mani. Sistemano il bagaglio nel cofano della Golf della zia e si dirigono verso Viale Marconi. Non fanno molta strada: all'altezza del cavalcavia in costruzione si fermano, levano le targhe e le sistemano in macchina, quindi cospargono la vettura di alcol denaturato, appiccano il fuoco e tornano in piazza Michelangelo a piedi.
Alle due e quaranta una donna vede le fiamme e telefona ai Vigili del fuoco. In pochi minuti si scopre che c'è una donna morta ammazzata in valigia e che si tratta di Irma Rombi, alto dirigente del Credito industriale sardo. La Polizia si fionda a casa della donna ma al citofono non risponde nessuno. Sono le tre e mezza di notte. Gli inquilini del sesto piano aprono il portone e spiegano che la donna vive con due nipoti. I poliziotti scendono al quinto piano, dall'appartamento provengono rumori, c'è qualcuno, suonano il campanello. Chi è? Polizia. Venti, venticinque secondi prima che Alessio, giacca, pantaloni e scarpe, la fronte sudata, l'aria spaventata, apra la porta. Poco dopo compare anche Fabrizio, maglione, mutande lunghe di lana e zoccoli di plastica. Zia Irma è uscita di pomeriggio, non è ancora rientrata. E quel graffio sul viso di Fabrizio? Boh. E quelle lesioni sulle mani di entrambi? Piccoli incidenti in palestra. E quelle bruciature sul braccio destro di Fabrizio? La fiamma sprigionata da un fornello a gas difettoso.
Poco credibile. Anche perché le suole delle scarpe da tennis dei due fratelli conservano la stessa fanghiglia rilevata sotto il cavalcavia. E le buste dell'immondezza sono identiche a quelle conservate nello sgabuzzino di casa Rombi. E la valigia è proprio quella di Irma Rombi. E negli interstizi delle mattonelle del pavimento del soggiorno ci sono tracce del sangue della Rombi. E sul retro dei pantaloni che Fabrizio indossa quando viene arrestato c'è una macchia di sangue della zia. E poi ci sono tutti quei precedenti di violenza domestica seguiti a giorni, settimane, mesi, anni di atteggiamento sprezzante: una volta Fabrizio durante un litigio per una finestra aperta ha strattonato con forza la zia fino a provocarle un doloroso ematoma alla spalla. Alessio invece ha spinto il padre contro una parete, ha sfondato la porta della casa dei genitori, ha minacciato di mandare fuori di casa a calci la madre che da quel giorno ha dormito con un paio di forbici sotto il cuscino.
Vengono da una famiglia sana che ha permesso loro di studiare, viaggiare, coltivare molteplici interessi Fabrizio e Alessio. Però vivono in simbiosi, identici anche nell'aspetto fisico. Hanno un'altissima considerazione di se stessi e un totale disprezzo per gli altri, sono isolati da tutti e da tutto e ripiegati nella continua ammirazione reciproca. Mangiano da soli, stanno ore e ore chiusi nella stanza-palestra il cui vetro hanno coperto col cartone, la toppa della serratura pure, così il loro fortino è davvero inviolabile. La zia non si fida più di loro, chiude tutte le stanze dell'appartamento a chiave. Sono sani di mente i due ragazzini ma aggressivi e carichi di rancore, due bombe pronte a esplodere.
Esplodono, chissà perché ma certo niente di importante, nel pomeriggio di quel giorno. Uccidono la zia, che per loro prova sentimenti materni, con cinismo e malvagità, ma tecnicamente la loro non è crudeltà. Così evitano l'ergastolo: il 14 novembre 1994 la Corte d'assise li ha condannati a trent'anni, la sentenza è definitiva il 31 luglio dell'anno dopo.

DELITTO CON BAVAGLIO PER DONNA IN CARRIERA

Strangolata, colpita con una spranga, legata mani e piedi, rinchiusa in una valigia nel portabagagli e l' auto cosparsa di benzina, incendiata per cancellare le tracce. Una bella donna, Irma Rombi, quarantasei anni, realizzata nel lavoro (vicedirettore del Credito industriale sardo), vedova senza figli, è stata brutalmente uccisa con un rituale da mafia e abbandonata nella sua auto sotto un cavalcavia della circonvallazione, dove si radunano drogati e lucciole. E dopo una giornata frenetica, se non proprio la chiave del delitto, uno squarcio sui tanti misteri: due nipoti della signora, Alessio e Fabrizio, venti e ventitré anni, fortemente sospettati, sono stati trasferiti in carcere in stato di fermo giudiziario. Interrogati per ore hanno risposto a monosillabi. Negano alla disperata, ma si sono più volte contraddetti. Concorso in omicidio, l' ipotesi di reato. Chi dei due ha ucciso? Lo ha fatto per denaro? Intorpidita dallo scirocco africano, aggrappata agli ultimi scampoli d' estate, Cagliari è scossa dal "giallo" del cadavere nella valigia, un delitto assurdo. La mafia non c'entra, niente doppia vita, al di sopra di ogni sospetto la signora Irma, che al Cis dirigeva l' Osservatorio economico; al di sopra di ogni sospetto chi ha compiuto l' assassinio. E c'è anche un testimone che ha visto e sa, ma è terrorizzato e vuol rimanere senza nome. Telefona ai vigili del fuoco e li avverte: "Andate al viadotto di Viale Marconi, c'è un' auto che brucia". Chiedono chi parla e quello mette giù. Alle ore tre di domenica notte i vigili arrivano sotto i piloni della sopraelevata; una Golf bianca va a fuoco, getti d' idrante, in pochi minuti l' incendio è spento. Può essere il raid domenicale di un gruppo di teppisti su un' auto rubata, manca infatti la targa. Si ispeziona il portabagagli, c'è quel che resta di una grossa valigia, la si apre. Rannicchiato, il corpo di una donna, con ustioni orribili, ripiegata all' indietro, la testa fra le ginocchia. Pochi minuti dopo la polizia tira fuori il cadavere, tenuto insieme con fil di ferro, polsi e caviglie legate ben strette, "incaprettato". L' incendio non ha cancellato le tracce del delitto, la faccia è sfigurata, ma riconoscibile. La Golf viene portata via, chi ha guidato l'auto può aver lasciato segni, si cercano impronte digitali. Di primo mattino dal numero del telaio si scopre che la Golf è di Irma Rombi, dirigente del Credito industriale sardo, molto apprezzata dal Ministro Paolo Savona, che del Cis sardo è stato Presidente. "E' proprio lei" conferma il fratello, chiamato per il riconoscimento ufficiale all' istituto di medicina legale. Comincia la caccia all' assassino. "Agli assassini" precisa un funzionario di polizia perché sembra molto improbabile che una sola persona abbia colpito, ucciso, legato e trasportato il cadavere. Ci deve essere almeno un complice. Per qualche ora sulle indagini cala l' embargo totale. Il sostituto procuratore della Repubblica Rosaria Marinelli fa un' ordinanza di segretazione: divieto assoluto di rendere pubblici gli atti, divieto anche di fare fotografie dell' auto e riprese televisive. La polizia ripercorre gli ultimi giorni della vittima, scava nella sua vita privata. Da quando è rientrata dagli Stati Uniti, alla morte del marito, Irma Rombi vive nell' appartamento di Piazza Michelangelo, ereditato dai genitori. Da qualche anno sta con lei Fabrizio, uno dei nipoti. La signora ha poche amicizie al di fuori del lavoro, viaggia spesso, anche all'estero. Il mese scorso era stata a New York, di recente è andata a Roma per incontrare un' amica. Certamente da sabato non si è mossa da Cagliari, con una breve parentesi, forse, a Porto Columbu. "Ci andava spesso nei fine settimana" dice una vicina di casa. A Porto Columbu Irma Rombi ha una villetta. Ma il delitto non è stato compiuto nell' appartamento di Piazza Michelangelo. La polizia ha perquisito a fondo tutte le stanze, le ha trovate perfettamente in ordine: non un oggetto fuori posto né un segno di colluttazione. "E' rientrata domenica verso le quattordici e trenta e ha detto che non sarebbe più uscita" ha dichiarato uno dei condomini. E l' unica e forse ultima traccia. Chi ha fatto cambiare idea alla signora? Una telefonata? Un invito a cena? Di sicuro una persona che conosceva e della quale si fidava. I primi punti fermi vengono dalla perizia necroscopica. La morte risale al pomeriggio di domenica, Irma Rombi aveva mangiato da poco. Poi potrebbe essere andata nella villetta di Porto Columbu, al mare. Ma anche qui perquisizioni a vuoto; tutto in ordine, nessuna traccia di sangue, forse qualcosa di sospetto fra gli attrezzi del giardino. A infittire i misteri sul "giallo" contribuisce anche l' ordinanza del magistrato che impone il divieto di dare informazioni: tace il perito che ha eseguito l' autopsia, bocche cucite in questura, viene imposto il silenzio persino sul come è stata uccisa Irma Rombi: strangolata? Colpita con una spranga? Una cosa e l'altra? "Fate come se le nuove norme che limitano la diffusione di notizie nelle prime fasi delle indagini fossero già in vigore" si scherza nei corridoi della Questura. E infatti anche il fermo di polizia giudiziaria non viene confermato. Ma nessuno può smentire la veloce corsa di un cellulare verso il carcere di Buoncammino. Non tacciono i vicini di casa e qualche parente della signora e il resto lo si intuisce da ciò che fanno gli inquirenti. L' aiuto del condizionale soccorre: per dire che Irma Rombi sarebbe stata colpita in testa e al corpo, poi le sarebbe stata spezzata la schiena ripiegandola all' indietro per chiuderla nella valigia; e sarebbero stati trovati due arnesi di metallo forse utilizzati per il delitto. Ci sarebbe anche un testimone: una persona che avrebbe visto due sagome allontanarsi di corsa nel sottopasso di Viale Marconi mentre l'auto bruciava. Fabrizio e Alessio Rombi sono figli di Alessandro, fratello della vittima. Due ragazzoni alti, fisico di atleti, taciturni, molto somiglianti. Dal mattino hanno seguito senza apparente emozione le perquisizioni, anche quando la polizia ha messo gli occhi su alcune valigie trovate nell' appartamento di piazza Michelangelo. Da mezzogiorno i due nipoti non si sono mossi dalla Questura, chiamati prima a dare chiarimenti sulle amicizie della zia, poi sentiti singolarmente, quindi assediati con domande sempre più insistenti. Il delitto dopo un litigio e un raptus di follia? Possibile ricostruzione: uno ha ucciso, l' altro ha aiutato a cancellare le tracce, a ripiegare il cadavere (operazione che poteva essere compiuta soltanto da persone dotate di grande forza fisica) e a organizzare la messinscena con il rogo dell' auto. Se sono stati i nipoti, perché? Neanche il condizionale stavolta può aiutare a trovare un movente, una ragione a un delitto così assurdo: Irma Rombi era affettuosa, in particolare con Fabrizio, che aveva voluto con sé proprio perché . aveva confidato . "più fragile degli altri". Un' amica ricorda: "Lo riempiva di attenzioni e di premure come se fosse suo figlio".
Aveva studiato e lavorato a Washington. Era generosa, elegante e molto discreta Un unico legame, la famiglia del fratello. Vedova di un americano, senza figli, amava la riservatezza. Il prototipo della donna in carriera, Irma Rombi: sempre curata nella persona, eleganza raffinata e sobria, tailleur grigi o al massimo color pastello, sempre di ottimo taglio, accessori firmati e mai vistosi. E una riservatezza proverbiale, tanto nel lavoro che, soprattutto, nella vita privata. Era responsabile dell'osservatorio economico del Credito industriale sardo, la banca senza sportelli che opera nel settore del medio credito e che, maggiore azionista la Regione, persegue l' obiettivo del rilancio economico dell' isola. In quell' ufficio ce l' aveva voluta, nell' ottobre del 1981, su segnalazione dell'economista Enzo Grilli, l'attuale Ministro dell'Industria, Paolo Savona, all'epoca Presidente del Cis. Irma Rombi, la donna uccisa domenica notte a Cagliari, aveva quarantasei anni, ma ne dimostrava decisamente molti di meno: si era laureata in Economia e Commercio con il massimo dei voti e la lode, si era subito trasferita negli Stati Uniti, seguendo un cursus honorum di tutto rispetto. Nella prima fase del soggiorno frequentò un master in Finanze e organizzazione internazionale nella "George Washington University". A Washington Irma Rombi trovò poi un incarico alla Cassa di risparmio e prestiti (Interstat Federal Savings and Loans); successivamente fu assunta come analista di contabilità presso lo studio legale Arnold and Poster, per concludere la sua carriera americana in qualità di assistente alla ricerca economica alla Banca mondiale. Negli Usa Irma Rombi aveva anche trovato l' amore. Si era sposata con Charlie Jacobsen, un cittadino americano che, come lei, operava nel settore finanziario. Un matrimonio felice, ma tragicamente interrotto da un evento che segnò dolorosamente e per sempre la vita della manager. Un paio d'anni dopo le nozze, la Rombi rimase vedova: il marito rimase ucciso, in un singolare incidente, da un' auto condotta da un ubriaco, piombata a folle velocità sulla vetrata della villetta nella quale i due sposini abitavano. Dopo quel lutto, che l'aveva segnata nel carattere, Irma Rombi era tornata in Sardegna. I colleghi la stimavano e raccontano della sua professionalità : con il suo arrivo, l' osservatorio economico del Cis diventò uno strumento importante che, ogni tre mesi, forniva agli addetti ai lavori gli indicatori statistici per il controllo dell' economia dell' isola. Nonostante le soddisfazioni professionali, Irma Rombi era una donna molto riservata: forniva informazioni di carattere economico finanziario a tutti i giornalisti che gliele chiedevano, a patto che nessuno citasse il suo nome. Aveva scelto di vivere in retrovia: seguì, qualche anno fa, il lancio del concorso internazionale per il nuovo marchio dell' istituto nel quale lavorava, ma non figurò mai in prima persona. E alle cerimonie si metteva sempre in seconda fila. Riservata, ma capace di grande generosità: la sua fruttivendola racconta che si è precipitata in ospedale con un mazzo di fiori quando ha saputo che era stata ricoverata per un intervento chirurgico. Irma Rombi, una donna in carriera: lasciati i suoi uffici, viveva chiusa in se stessa e nei suoi ricordi. Cordiale con tutti, non aveva altri contatti se non con i nipoti, i figli del fratello maggiore, cui era affezionatissima. E forse proprio questo potrebbe averla perduta.

(Da "Il Corriere della Sera" del 19/10/1993)

1 commento:

  1. Erano due mascalzoni e meritavano l'ergastolo. Hanno sempre vissuto nel lusso e il loro unico desiderio era fare la bella vita a spese degli altri. Peccato che in Italia non ci sia la pena di morte per certi parassiti.

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