venerdì 21 dicembre 2012

LA JUVE IN FAMIGLIA E' AMORE DA OTTANTASEI ANNI (29/04/2010)

Di Redazione.

Nel 1924 il patriarca Giovanni si fa coinvolgere. Da sempre gli Agnelli sono garanzia di grandezza. Nel 1947 sale al comando Giovanni Agnelli, che inaugura un altro grande periodo: si parte con l’esordio di Boniperti. Poi tocca a Umberto Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, era un uomo con una genialità che gli permetteva di vedere nel futuro. «Fosse vissuto ai no stro giorni si sarebbe occupa to della conquista dello spa zio», diceva di lui il nipote che si chiamava Giovanni come lui, ma era meglio noto come l’Avvocato. E fu proprio il patriarca della Famiglia a farsi coinvolgere dall’entusiasmo dei pionieri bianconeri nel 1924. Il calcio italiano stava compiendo un primo salto di qualità, i campi dei primi tempi si erano trasformati in stadi, l’interesse del pubblico e dei giornali di allora cresce va e i soci del ventisettenne Football Club Juventus ave vano capito che non poteva più bastare l’entusiasmo. E così arrivarono i soldi, ma an che l’esperienza imprenditoriale ed organizzativa di uno dei più innovativi imprenditori italiani del ‘900.

E' in quel momento, il 24 luglio per chi ama le date, che nasce la Juventus moderna e, forse, anche il calcio moderno, quello in cui grazie all’impegno dei più importanti industriali italiani vengono costruite le grandi squadre e le grande epopee del nostro pallone. Giovanni Agnelli entra nella Juventus e ne diventa presto socio di maggioranza, alla presidenza de signa il figlio Edoardo, che mette tutto il suo entusiasmo. Il motto di suo padre forgia immediatamente quello che negli anni divenne lo “stile Juventus”, diceva il senatore Giovanni Agnelli ai suoi primi giocatori: «Eleganza, professionalità e mentalità vincente ». Acquista Giampiero Combi, uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, che si inserisce su un telaio in cui ci sono già Virginio Rosetta, Federico Munerati, Aldo Giuseppe Borel I, Carlo Bigatto I e Giuseppe Grabbi. Giovanni ed Edoardo Agnelli ingaggiano anche il primo vero e proprio allenatore della storia bianconera, Jeno Karoly e il primo grande acquisto straniero la mezz’ala sinistra Férénc Hirzer. Sono questi due ungheresi (la cui scuola calcistica era famosa e importante).

L’innesto di un altro ungherese, il centromediano Jószef Viola, è l’ultimo tassello per arrivare al secondo scudetto della storia juventina, il primo dell’era Agnelli, vinto nel 1926. E’ il primo di una lunga serie, è quello che fa aumentare il “gusto” e la passione della famiglia per il calcio. L’avvocato Agnelli, allora bambino, ricordava sempre con entusia smo quegli anni in cui della Juventus si innamora anche lui. Merito del nonno che lo porta al campo di Corso Marsiglia, dove la Juventus giocava e si allenava, per vedere partite e allenamenti. «Mi aveva colpito la corsa di Hirzer. Quegli scatti ripetuti a bordo campo me lo facevano sembrare un uomo straordi nario, qualcosa di sovraumano ». Hirzer è il primo giocatore che cattura la fantasia del­l’Avvocato. Ne seguiranno tantissimi altri.

Così come seguiranno tantissimi scudetti. Dal ‘26 al ‘35, gli Agnelli rinforzano la Juventus fino a creare uno squadro ne praticamente imbattibile che domina il calcio italiano per cinque anni. Dal 1930 al 1935 i bianconeri vincono 5 scudetti e forniscono l’ossatura per l’Italia campione del mondo del 1934 (formeranno il telaio anche nel bis del 1938). E’ una squadra organizzata in modo moderno, dagli allenamenti alla gestione dei giocatori:c’è già quella che oggi si definirebbe preparazione atletica specifica e c’è una struttura societaria solida. L’hanno voluta Edoardo e suo padre che, per la Fiat e la Juventus, conia una delle sue frasi più famose: «Una cosa fatta bene si può sempre fare meglio».

Nel luglio del 1935 muore tragicamente Edoardo Agnelli in un incidente aereo. Il dramma non interrompe la saga bianconera della famiglia: il padre Giovanni continua a mantenere la proprietà del club, anche se alla presidenza si suc cedono persone estranee alla famiglia, ma sempre di grande fiducia e legatissime agli Agnelli. Per rivedere uno di loro alla presidenza bisogna aspettare la fine della Seconda Guerra mondiale. Nel 1947 diventa presidente Giovanni Agnelli e inizia un altro grande periodo: sotto la sua presidenza esordisce Giampiero Boniperti. E nel 1949 50, chiusa con la sciagura di Superga l’era del Grande Torino, la Juventus torna a vincere lo scudetto. E’ la squadra di Boniperti, appunto, e di Hansen e Praest, i due danesi voluti dall’Avvocato e che aggiungono classe e invenzio ne alla squadra.

A Giovanni, nel 1955 succede suo fratello Umberto, una staffetta che segna anche l’inizio di una tradizione: alla presidenza della Juventus passano i rampolli della famiglia prima di prendere le più grandi responsabilità nella Fiat (che nel frattempo è diventato il “gruppo” industriale e finan ziario più importante del Paese). Con Umberto arrivano John Charles e Omar Enri que Sivori, è l’inizio di un altro ciclo vincente e di passio ne vera da parte del presidente, che segue la squadra sempre in prima persona, è amico dei giocatori (storiche le sue scommesse con Sivori). Dal 1962, quando Umberto lascia la presidenza a Vittore Catella, gli Agnelli non tornano più a sedersi su quella poltrona. Per oltre un ventennio, però, il binomio Boniperti Agnelli (Giovanni) è inscindibile e dopo quello fra la Triade e Umberto è altrettanto forte. E se c’è un Agnelli per i tifosi juventini come loro è sempre una garanzia.



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