giovedì 21 marzo 2013

LA MADRE (21/03/2013)

Di Giampaolo Carboni.

E' uscito oggi al cinema il nuovo lavoro di Andres Muschietti "La madre".Due piccole sorelline sfuggono all’omicidio-suicidio del padre nascondendosi per cinque anni in una casa diroccata dentro un immenso bosco. Dalla loro scomparsa lo zio Lucas e la sua fidanzata non hanno smesso di cercarle e quando inaspettatamente vengono ritrovate, i due parenti fanno di tutto per ottenerne l’affidamento. Il trauma da loro subito rende però difficile la convivenza che viene minacciata in modo crescente da un’oscura presenza da loro stesse definita come “Madre”.Guillermo del Toro è conosciuto per la tenacia con la quale sostiene tutte le proprie idee (si dice abbia rinunciato alla regia di Io Sono Leggenda e Chiamata Senza Risposta per dirigere Hellboy – The Golden Army) e la scelta di mettere la sua faccia in un lavoro tanto delicato come un film horror diretto da un regista alla sua prima esperienza con un lungometraggio, sembra essere un ottimo biglietto da visita per Andy Muschietti e il suo La Madre.In realtà Muschietti aveva già ottenuto numerosi premi con il suo cortometraggio Mamà da cui questo lavoro è ispirato, ma si trattava in quel caso di un semplice esercizio di stile col quale tentava di dimostrare di non essere un semplice regista di videoclip pubblicitari. Tutt’altro lavoro è dirigere un lungometraggio e trovare credibilità attraverso un film horror. È forse esattamente qui che si gioca il valore di La Madre: un buon film nel suo genere, una quasi ottima regia, una buona recitazione e una sceneggiatura che accompagna perfettamente lo spettatore nell’angoscia della storia. Ma come ogni film horror, i limiti si trovano in quelle libertà stilistiche che il genere concede al regista e che inevitabilmente (tranne qualche “sacra” eccezione) trascina lo spettatore dal terrore a quel sorriso sarcastico che emerge nel momento in cui la credibilità della storia si perde inesorabilmente.La Madre è un buon film, dicevamo, e lo è proprio perché riesce a prolungare fino all’ultima sequenza la sua credibilità: al di là della più misteriosa libertà stilistica degli horror per cui giorno e notte hanno una consequenzialità del tutto innaturale (le scene d’orrore cadono di notte anche se pochi minuti prima era mattino), è soltanto nel momento in cui una poco realistica luce lunare svela i tratti del fantasma che il film cede.Fino a prima la sceneggiatura sosteneva perfettamente la realtà dando vita a un horror del tutto originale, creato sul filo dell’istinto materno (in un gioco di ruoli piuttosto interessante) e su un fondamento di scetticismo che permetteva allo spettatore di entrare perfettamente nella trama. L’orrore scaturisce nel momento in cui questo istinto viene negato ed esso si manifesta sottoforma di pazzia, in un’espressione cioè che la scienza riesce a riconoscere e a catalogare permettendo allo spettatore di difendersi dietro il rifugio del dubbio. Ma tutto ciò inizia a cedere nel momento in cui lo scetticismo vacilla, quando la pazzia sfugge alla scienza e alla realtà, nel momento in cui la sceneggiatura s’indebolisce tanto da necessitare del vigore della regia. Questa la sostiene, e vi riesce per un tempo che supera la media tradizionale del genere, ma non arriva fino in fondo, lasciando l’amaro in bocca per un buon film che avrebbe potuto rendere ancora di più di quanto non faccia.

© Riproduzione riservata.

Nessun commento:

Posta un commento

Qualsiasi commento anonimo o riportante link NON sarà pubblicato

Any anonymous or linked comments will NOT be published