giovedì 9 maggio 2013

MEREDITH,CADE LA PROVA DEL DNA (29/06/2011)

Di Giampaolo Carboni.

I periti genetico forensi nominati dalla corte d’Appello sono stati categorici. I risultati degli accertamenti sul Dna compiuti per il delitto di Meredith Kercher «non sono attendibili», hanno scritto nella relazione che sarà discussa nell’udienza del 25 luglio. Un brutto colpo per l’accusa e invece un’ottima notizia per gli imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito, la coppia diabolica di ex fidanzatini condannata per l’assassinio della studentessa inglese. La speranza di Amanda e Raffaele, che si sono sempre proclamati innocenti, è adesso quella di essere assolti. «Sono conclusioni che non lasciano dubbi. I ragazzi non c’entrano. Quelli non erano i principali elementi dell’accusa, ma gli unici», ha subito dichiarato felicissimo, il padre del giovane pugliese. «La perizia documenta in maniera chiara e inequivocabile la serie nutritissima di errori compiuti sia in fase di repertazione che in fase di interpretazione del Dna, proprio come avevamo sempre sostenuto. E tutto ciò ha un’importanza decisiva», gli ha fatto eco l’avvocato Giulia Bongiorno. «Sono rispsoste che aspettavamo da tre anni. Bene che siano arrivate», ha commentato anche Luciano Ghirga, difensore di Amanda, che oggi farà visita in carcere alla ragazza di Seattle. A frenare gli entusiasmi delle difese è invece il legale di parte civile per la famiglia Kercher, Francesco Maresca che si è detto «stupito» dai giudizi dei periti e da come questi si siano espressi nelle loro conclusioni. Conosciamo l’esperienza degli operatori della polizia scientifica di Roma e l’altissima professionalità dei consulenti impegnati nel processo di primo grado. Così come conosciamo l’assoluta inesperienza dei periti della Corte d’Appello, tale da non poter permettere loro giudizi così categorici. Cercheremo di chiarire gli sbagli fatti davanti alla corte stessa», ha commentato Maresca dicendosi comunque «completamente sicuro della colpevolezza dei due imputati». Il professor Stefano Conti, uno dei periti, si dice intanto tranquillo. «Siamo sereni. E’ stato un lavoro complesso che ha richiesto l’esame di una grande quantità di dati», ha detto affermando che l’analisi di tutto il materiale acquisito ha consentito di giungere «a conclusioni nette». Ai periti non è stato infatti possibile compiere nuove analisi sui due reperti al centro dei quesiti: il coltello, sinora ritenuto l’arma del delitto, e il gancetto del reggiseno indossato da Mez quando venne uccisa. Ad essere bocciata in toto è stata dunque l’attendibilità degli accertamenti genetici compiuti dalla polizia. Errori, ed ecco i dubbi della parte civile, che sarebbero sfuggiti persino ad un’esperta del calibro della biologa Patrizia Stefanoni che del Pm era consulente e che della polizia scientifica di Roma è il capo. Secondo Stefano Conti e Carla Vecchiotti, specialisti in medicina legale dell’università La Sapienza, nel repertare gli oggetti non sarebbero stati rispettati gli standard internazionali: il che apre la strada ad eventuali contaminazioni involontarie. Inoltre ci sarebbero stati degli errori nella lettura dei profili individuati. Di conseguenza non è certo che una delle due tracce di dna trovato sull’arma del delitto sia di Mez (l’altra, quella rimasta impressa sul manico, è invece certamente di Amanda). E non è certo che quello ritrovato sul gancetto del reggiseno della vittima sia dna epiteliale riferibile solo a Sollecito poichè apparterrebbe a più individui di sesso maschile (un aplotipo Y corrisponde comunque a quello di Raffaele).

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