mercoledì 24 luglio 2013

LA MORTE DI EMILE GRIFFITH (23/07/2013)

Di Giampaolo Carboni.
Emile Griffith (NELLA FOTO), pugile originario delle Isole Vergini, campione mondiale dei pesi welter negli anni Sessanta, se ne è andato a 75 anni dopo aver lottato una vita intera contro il pregiudizio. Dicevano fosse omosessuale e a quei tempi non era una macchia di poco conto. Nemmeno negli Stati Uniti, il Paese che accolse Griffith prima di rinnegarlo. Era un buono, Emile, con un carico di dolore che non è mai riuscito a risolvere. E' spirato in povertà a Hampstead nel Long Island nello stato di New York in una camera ospedaliera.
La International Boxing Hall of Fame lo ha riconosciuto fra i più grandi pugili di ogni tempo.Fu eletto Fighter of the year (pugile dell'anno) del 1964 dalla rivista americana Ring Magazine.Lasciata la boxe, avendo donanto la gran parte dei suoi guadagni alla sua famiglia, si ritrovò povero. Negli anni duemila sviluppò una forma di sindrome da demenza pugilistica che lo necessitava di assistenza a tempo pieno. Nel 2010 fu organizzata una raccolta fondi per aiutarlo, di cui, in Italia, il promotore fu il suo rivale sul ring Nino Benvenuti che oggi,affronto e commosso,ne piange la scomparsa.
Griffith nacque a Saint Thomas il 3 febbraio 1938.Campione mondiale nelle categorie dei pesi welter e dei medi, è stato il primo pugile originario delle Isole Vergini a conquistare la corona di campione del mondo professionisti.In una carriera professionistica durata quasi vent'anni, dal 1958 al 1977, ha disputato complessivamente 24 match validi per i titoli mondiali delle tre categorie di cui è stato campione.Stabilitosi a New York, da dilettante vinse, nel 1958, i New York Golden Gloves. La sua carriera da professionista, iniziata nello stesso anno, fu segnata dalla tragica conclusione del match valido per il campionato mondiale dei leggeri disputato contro Benny Paret il 24 marzo 1962. il pugile di Saint Thomas sale sul ring per incrociare i guantoni con Benny "The Kid" Paret, un cubano dai pugni pesanti come pietre. Dicono le cronache di allora che nel corso del incontro Paret apostrofò Griffith con un termine che fece male più di dieci sventole: "maricòn" (finocchio), gli disse, e iniziò la tragedia. Perché da quel momento Griffith assestò sull'avversario una serie di colpi che ne causarono la morte pochi giorni dopo. Diciotto, per la precisione, in un piccolissimo lasso di tempo, sei miseri secondi. Un massacro. Griffith non passò un solo giorno in carcere, ma da quel match non si riprese mai davvero. Traumatizzato dall'accaduto, Griffith sconfisse Dick Tiger conquistando il mondiale dei pesi medi, nonostante in molti sostenessero che - dopo la morte di Paret - non fosse più al massimo livello. Il titolo gli fu tolto da Nino Benvenuti al termine di una sequenza di ben tre incontri fra il 1967 ed il 1968.Altri famosi avversari di Griffith furono: Rubin Carter, Denny Moyer, Luis Manuel Rodríguez, Carlos Monzón, José Nápoles e Eckhard Dagge.Il record di Griffith è di 85 vittorie (25 per K.O.), 24 sconfitte (2 per K.O.) e 2 pareggi oltre a un no-contest contro Juan Carlos Duran ottenuto a Roma l'11 marzo 1964.
Disse Griffith qualche tempo fa: «Quando ho ucciso un uomo sul ring sono stato accusato. Ma amare un uomo, per la maggiore parte della gente, è considerato un peccato imperdonabile. Anche se non sono mai stato in galera, è come se fossi rimasto dietro le sbarre per tutta la vita». Una brutalità travestita da sofferenza.La sua,dopo l'incontro-mattanza con Paret, fu una lenta agonia, tra sensi di colpa e confronti continui e costanti con la propria condizione sociale di emarginato. Voleva essere semplicemente se stesso, Griffith, libero di vivere la propria esistenza senza essere braccato dall'opinione comune. Ha avuto il coraggio di andare avanti e di non abbassare mai la testa a nessuno.

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