venerdì 28 febbraio 2014

CICLISMO SU PISTA:MONDIALE A CALI':L'ITALIA NON BRILLA SPECIE NELL'INSEGUIMENTO (28/02/2014)

Di Giampaolo Carboni.


Elia Viviani e Marco Coledan impegnati in gara uno nello Scratch e l'altro nell'Inseguimento individuale, si sono ben disimpegnati, hanno sicuramente dato tutto, eppure al primo sfugge davanti agli occhi il treno decisivo, a 20 giri dalla fine della sua prova; al secondo si prospetta la possibilità di entrare nel quartetto che andrà a giocarsi le medaglie, e invece alla fine il beffardo quinto posto ottenuto in qualifica lascia tanto d'amaro in bocca. Due gare che avrebbero già potuto cambiare vigorosamente il segno della spedizione azzurra in Sudamerica, quando ancora mancano diverse prove in cui potremmo raccogliere qualcosa (quantomeno le due Corse a punti, con lo stesso Elia e con la Bronzini); e invece per questione di - lasciatecelo dire - inezie, il carniere resta vuoto. L'Inseguimento individuale è una disciplina che, bisogna essere onesti, è in netto declino. Da quando non è più prova olimpica, i big del cronometro su pista tendono a disertarla, per concentrarsi su altre gare (compreso l'Inseguimento a squadre). Si è così aperto uno spiraglio per ragazzi volenterosi e dotati per le prove contro il tempo, pronti a prendere la scena in una delle più gloriose (per quanto bistrattate) sfide del ciclismo su pista. Marco Coledan è proprio uno di questi ragazzi. Classe '88, all'anagrafe ciclistica risulta come stradista (nelle file della Bardiani), ma nel tempo non ha mai smesso di frequentare gli anelli, come faceva con successo sin da ragazzo (campione europeo juniores 2006 proprio nell'Inseguimento). A inizio novembre Coledan ha vinto in Coppa del Mondo a Manchester (un italiano non ci riusciva da 16 anni), e ora si è presentato a questi Mondiali con la speranza di entrare nei primi 5. Impresa difficile (visto che comunque non mancava qualche nome di spicco al via) ma non impossibile; certo, aver centrato in qualificazione proprio ed esattamente quel quinto tempo che vale di sicuro a livello assoluto, ma non basta per accedere alle finali, sa un po' di beffa. Il 4'22"641 della vittoria di Manchester è stato quasi perfettamente replicato: 4'22"741 oggi, ma in quattro sono scesi sotto questa soglia, andando a disputarsi la finale per l'oro (l'australiano Alexander Edmondson e lo svizzero Stefan Kueng), e quella per il bronzo (il neozelandese Marc Ryan e l'irlandese Ryan Mullen, il cui tempo - l'ultimo valido per il passaggio del turno - è stato 4'22"419, solo 32.2 centesimi in meno di Coledan al termine di una prova di 4 km). A Coledan rimane la soddisfazione di potersi considerare ormai stabilmente un nome rilevante nella disciplina; non è del resto un caso che si sia lasciato alle spalle uomini importanti come Serov, Mora, Archbold, Irvine (che però più tardi sarebbe stato impegnato nel prediletto Scratch, quindi magari qualcosa qui avrà risparmiato), e il deludente Doull.Le due finali non hanno quasi avuto storia: Ryan ha dominato quella per il bronzo (affibbiando all'avversario un distacco di oltre 1"7), mentre in quella per l'oro Kueng è rimasto in pratica ai blocchi di partenza, perdendo subito un secondo e mezzo da Edmondson, margine che è rimasto più o meno stabile fino ai 2000 metri e si è poi ampliato fino ai quasi 2 secondi e mezzo dei 3000 metri. Dopodiché, lo svizzero ha dato tutto nell'ultimo chilometro, mentre l'avversario iniziava a gestirsi, e ha così recuperato due interi secondi, cosa che non gli ha comunque permesso di dare la scalata all'oro. Alla fine Edmondson ha chiuso in 4'22"582 contro il 4'22"995 dell'elvetico. Visti i tempi (e fatta la tara al fatto che in genere le prestazioni peggiorano in finale), il 4'22"741 di Coledan, traslato nelle finali, sarebbe valso un argento. Viviani e lo Scratch, invece. Il ragazzo ci ha messo davvero molto impegno, risultando uno dei migliori per due terzi di gara. Ordinatamente nelle prime posizioni del gruppo in avvio, proprio lui ha promosso, insieme al belga De Pauw, un contrattacco che mirava (e riusciva), tra i -48 e i -43 giri, a smontare la prima azione importante della prova, quella messa a segno (dai -52) dall'ucraino Lutsyshyn. Ai -41, di nuovo Viviani si è proposto in prima persona, seguendo un allungo del ceco Blaha e stimolando la reazione di diversi uomini di peso, da Irvine allo stesso Lutsyshyn. L'azione, più che altro un test, si è esaurita (con il rientro successivo di altri corridori e poi del gruppo) ai -32, e ai -30 è partito l'attacco decisivo della serata. A condurlo, l'hongkonghese King Lok Cheung, al cui inseguimento si è messo Ivan Kovalev. Detto fatto, nel giro di tre tornate l'asiatico ha guadagnato il giro, imitato poco dopo anche dal russo. Il gruppo, visto che gli si stavano involando un paio di medaglie (una volta guadagnato il giro, nell'ordine d'arrivo si sarà ovviamente in vantaggio rispetto a tutti gli altri, indipendentemente dal piazzamento nello sprint conclusivo), ha promosso una bella azione di contropiede. Diciamo bella perché, insieme a Irvine, Parra e Kennett, c'era ancora una volta lui: Viviani. Partiti in caccia ai -26, i quattro davano l'impressione di poter effettivamente prendere il giro, senonché ai -21 quel diavolo d'un irlandese (ci riferiamo a Martyn Irvine, campione uscente della specialità) ha aumentato il ritmo, togliendosi letteralmente di ruota i colleghi d'avventura. Il buon Viviani, col colombiano Parra, ha provato in tutti i modi a chiudere quel buco, ma è rimasto lì a bagnomaria, mentre Irvine andava a prendere il giro in maniera spettacolare: dapprima raggiungendo un paio di ritardatari, quindi riportandosi in gruppo insieme a loro: operazione completata ai -8, dopo che il drappello dell'azzurro era stato ripreso (ai -10), e giusto in tempo per respirare in vista della volata conclusiva, con la sicurezza di una medaglia in tasca, visto che ormai rimaneva troppo poco perché qualcun altro riuscisse a guadagnare il giro.Ci ha provato ancora Lutsyshyn, partito proprio mentre Irvine rientrava in gruppo, ma non è riuscito a far altro che anticipare di poco il plotone, conquistando il quarto posto. Tra gli inseguitori, la volata l'ha vinta il sudafricano Hoffman davanti al tedesco Beyer e a Kennett; ma come detto, quel che contava era il piazzamento dei tre che avevano preso il giro, e tra di essi il primo è stato Kovalev, mentre Irvine si accontenta dell'argento davanti a Cheung. E Viviani? Il modesto 15esimo posto conclusivo (poi diventato 14esimo in seguito alla squalifica di Parra) dice veramente poco della prova del veronese, coraggiosa e dispendiosa; probabilmente il cedimento ai -21 giri è figlio non solo dell'indiscutibile forza di Irvine, ma anche di una condizione che - essendo calibrata anche sulla stagione su strada - non può essere la migliore possibile in questa fine di febbraio. Se Coledan e Viviani hanno ben figurato nelle rispettive gare, passare a parlare del quartetto azzurro nell'Inseguimento a squadre femminile equivale ad autoinfliggerci una pugnalata. Avevamo assistito con crescente interesse ai miglioramenti delle inseguitrici negli ultimi mesi, attraverso incoraggianti prove di Coppa del Mondo (il culmine in senso prestazionale è stato il 4'33"756 fatto segnare sulla veloce pista di Aguascalientes in dicembre, mentre il piazzamento migliore è stato il settimo posto di Manchester). Il quartetto di Coppa era imperniato su Simona Frapporti e Beatrice Bartelloni, con Maria Giulia Confalonieri inseritasi ottimamente nelle ultime due prove (a scapito di Silvia Valsecchi), e con Elena Cecchini pronta a fungere da quarto elemento del gruppo. Chissà perché, in un meccanismo che, se non proprio perfetto, era già abbastanza oliato, il ct Salvoldi ha deciso di innestare Marta Tagliaferro al posto della Bartelloni (che invece gareggerà nell'individuale, come la Confalonieri). Intendiamoci: massimo rispetto per Marta, ma probabilmente non era, per caratteristiche, la più adatta per essere gettata nel calderone dell'Inseguimento a squadre in una manifestazione così importante come quella iridata, che - capirete - non è la più adatta per fare esperimenti. Di fatto - e purtroppo - proprio la Tagliaferro ha perso le ruote delle compagne ancor prima dei 3 km; ma visto che i tempi vengono presi sul terzo atleta a tagliare la linea d'arrivo, ancora la disfatta non era compiuta; lo sarebbe stata di lì a poco, quando, ai 3250 metri, anche la Cecchini s'è staccata da Frapporti e Confalonieri. Ecco spiegato il disastro del 4'54"105, un tempo di oltre 20" superiore al record di Manchester, e in assoluto inconcepibile per un Mondiale (NELLA FOTO L'INGLESE JOANNA ROWSELL IN AZIONE). Nessuna sorpresa, quindi, che sia valso alle azzurre l'undicesimo e ultimo posto, a oltre 4" dalle formazioni immediatamente precedenti (Belgio decimo e Colombia nona).Nella finale per l'oro ci è andata l'ovvia Gran Bretagna (che detiene il super record di specialità, 4'16"552), ma a sfidare non l'Australia (come ci si poteva attendere), bensì il Canada, il cui quartetto è stato ottimo secondo in batteria. Le Aussie si sono poi sfogate facendo letteralmente a pezzi la malcapitata Polonia, raggiunta e quindi battuta dopo appena 3 km della finalina; le altre due nazionali hanno invece dato vita a una finalissima assai battagliata, per merito soprattutto delle nordamericane, le quali dopo un iniziale assestamento, sono risultate incontenibili fino ai 2500 metri, mettendo insieme oltre un secondo di vantaggio sulle britanniche. La favola al sapor d'acero è sfumata quando Allison Beveridge ha perso contatto dalle tre compagne, obbligate nell'ultimo chilometro a fronteggiare in tre il furente ritorno delle campionesse in carica. Laura Trott, Joanna Rowsell e le giovanissime Elinor Barker e Katie Archibald si sono così prese l'oro, con il tempo finale di 4'23"407 contro il 4'24"696 delle canadesi (le citiamo: oltre alla Beveridge, hanno gareggiato Laura Brown, Jasmin Glaesser e Stephanie Roorda). In tema di gare cronometrate, ma molto più rapide di un Inseguimento, è rimarchevole la seconda medaglia d'oro conquistata in due giorni da Miriam Welte. Dopo aver vinto ieri - in magica accoppiata con Kristina Vogel - la Velocità a squadre, la tedesca si è imposta oggi nei 500 metri. A fare un primo tempo ragguardevole è stata la favorita della vigilia Anna Meares, detentrice del primato mondiale con 32"836, che qui ha fermato i cronometri sul 33"548. La cubana Lisandra Guerra ha provato a insidiare l'australiana, fermandosi però a 33"845; la Welte, partita per penultima, non ha invece fatto prigionieri: al comando già a metà gara, si è giovata di un 33"451 che le ha permesso di scavalcare la Meares e di difendersi dal successivo assalto della russa Anastasya Voinova, fermatasi al bronzo con 33"789.

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