venerdì 29 maggio 2015

CALCIO COPPA DEI CAMPIONI:LA FINALE DI BRUXELLES DIVENTA LA TRAGEDIA DELL' HEYSEL (29/05/1985)

Di Giampaolo Carboni.


La strage dell'Heysel fu una tragedia avvenuta poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, in cui morirono trentanove persone (di cui trentadue italiane,quattro belgi,due francesi ed un irlandese) e ne rimasero ferite oltre seicento. Ai molti tifosi italiani, buona parte dei quali proveniva da club organizzati, fu assegnata la tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva opposta a quella riservata ai tifosi inglesi; molti altri tifosi organizzatisi autonomamente, anche nell'acquisto dei biglietti, si trovavano invece nella tribuna Z, separata da due basse reti metalliche dalla curva dei tifosi del Liverpool, ai quali si unirono anche tifosi del Chelsea, noti per la loro violenza (si facevano chiamare headhunters, "cacciatori di teste"). Circa un'ora prima della partita (ore 19.20; l'inizio della partita era previsto alle 20.15) i tifosi inglesi più accesi – i cosiddetti hooligan – cominciarono a spingersi verso il settore Z a ondate, cercando il take an end ("prendi la curva") e sfondando le reti divisorie: memori degli incidenti della finale di Roma di un anno prima, si aspettavano forse una reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta esserci, dato che la tifoseria organizzata bianconera era situata nella curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il mancato intervento e per l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli italiani verso il campo manganellandoli, furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool. Nella grande ressa che venne a crearsi, alcuni si lanciarono nel vuoto per evitare di rimanere schiacciati, altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri si ferirono contro le recinzioni. Il muro ad un certo punto crollò per il troppo peso, moltissime persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso una via d'uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il campo da gioco. Dall'altra parte dello stadio i tifosi juventini del settore N e tutti gli altri sportivi accorsi allo stadio sentirono le voci dello speaker e dei capitani delle due squadre che invitavano alla calma, senza tuttavia capire quello che stava realmente accadendo. Un battaglione mobile della polizia belga, di stanza a un chilometro dallo stadio, giunse finalmente dopo più di mezz'ora per ristabilire l'ordine, trovando il campo e gli spalti nel caos più totale, invasi da frange inferocite di tifoseria bianconera. Gli scampati alla tragedia si rivolsero ai giornalisti in tribuna stampa perché telefonassero in Italia, per rassicurare i familiari. La diretta televisiva dell'incontro in Italia, su Raidue, si aprì con il video volontariamente oscurato, mentre il costernato commentatore Bruno Pizzul tentava di attribuire l'imprevisto a cause tecniche; tuttavia il TG1 nel giro di pochi minuti iniziò a riportare le immagini degli incidenti e degli spettatori che cadevano a frotte nella scalinata, cosicché i telespettatori in attesa poterono comunque apprendere della tragedia in atto. Dopo quasi un'ora e mezzo di rinvio, alle 21.40 le due squadre entrarono in campo. Si decise di giocare ugualmente la partita, poi vinta dalla Juventus. La decisione fu presa dalle forze dell'ordine belghe e dai dirigenti Uefa, per evitare ulteriori tensioni, nonostante l'iniziale richiesta della società torinese di non disputarlo. Il commentatore italiano Bruno Pizzul accolse con disappunto la decisione di disputare comunque l'incontro, promettendo al pubblico di commentarlo «in tono il più neutro,impersonale,ed asettico possibile». La televisione tedesca si rifiutò di trasmettere la partita, mentre quella austriaca, pur non interrompendo la diretta, sospese la radiocronaca, mettendo in sovrimpressione una scritta che recitava: «questa che andiamo a trasmettere non è una manifestazione sportiva». Alcuni giocatori della Juventus, tra cui Michel Platini, autore della rete decisiva, furono molto criticati da alcuni mass media italiani per essersi lasciati andare a esultanze eccessive vista la gravità degli eventi, ma la gioia durò poco: infatti lo stesso Platini il giorno dopo, quando tutti erano venuti a conoscenza della morte di trentanove persone, dichiarò che di fronte a una tragedia di quel genere i festeggiamenti sportivi passavano in secondo piano. Anche Giampiero Boniperti, presidente bianconero, affermò che di fronte a quella situazione non era il caso di festeggiare la vittoria mentre il sindaco di Torino Giorgio Cardetti censurò l'esultanza nelle strade di alcune frange di sostenitori. Nel 1995, in occasione del decimo anniversario della strage, Platini affermò in un'intervista rilasciata al quotidiano La Stampa che i giocatori erano a conoscenza solo parzialmente dell'accaduto e che i festeggiamenti per la vittoria insieme al resto della tifoseria juventina presente allo stadio, quasi ignara della vera situazione, fossero gesti spontanei. In una intervista Zbigniew Boniek ha dichiarato che non avrebbe voluto giocare quella partita e che non ritirò il premio partita per quella vittoria, mentre nel 2005 Marco Tardelli si è scusato per i festeggiamenti nel corso di un'intervista televisiva.
Alcuni dirigenti juventini e Michel Platini si recarono a fare visita ai feriti gravi negli ospedali della zona, mentre nella camera mortuaria allestita all'interno di una caserma, i parenti delle vittime furono accolti dal Re Baldovino e dalla consorte Fabiola. Nei giorni successivi l'Uefa, su proposta del Governo di Londra e visti altri simili precedenti, come il disastro di Bradford avvenuto soli diciotto giorni prima, decise di escludere le squadre inglesi a tempo indeterminato dalle Coppe europee e il Liverpool per ulteriori tre stagioni (poi ridotte a una). Il provvedimento fu applicato fino al 1990, un anno dopo la strage di Hillsborough, che vide protagonisti i tifosi del Liverpool, una tragedia consumatasi non per aggressione di facinorosi, ma per inadempienze dei servizi d'ordine. Nel 1988 il regista Marco Tullio Giordana diresse il film drammatico Appuntamento a Liverpool, ispirato alle vicende successive alla strage dell'Heysel, che vedeva Isabella Ferrari come protagonista nel ruolo della figlia di una delle vittime, alla ricerca dell'assassino del padre. Nel 1990, dopo la finale per il terzo e quarto posto del campionato mondiale di calcio tra Italia e Inghilterra vinta dagli azzurri per 2-1, i giocatori in campo e i tifosi in tribuna celebrarono quel risultato con molto fair play tra di loro, cancellando definitivamente dopo cinque anni quella tragedia. Sempre nel '90, quando il Milan incontrò all'Heysel il Malines, il capitano Franco Baresi depositò in memoria della strage un mazzo di fiori sulla recinzione del settore Z, ricevendo tuttavia molti fischi da parte dei tifosi locali. Nel 1996 lo stadio, che l'anno prima cambiò nome in Re Baldovino, tornò a ospitare una finale europea; si trattò dell'ultimo atto della Coppa delle Coppe tra Paris Saint-Germain e Rapid Vienna, vinta 1-0 dai francesi. Durante il campionato europeo ospitato congiuntamente da Belgio e Paesi Bassi nel 2000, la nazionale italiana si è ritrovata a giocare in due frangenti nell'ex Heysel. Prima della sfida del 14 giugno contro i padroni di casa la delegazione italiana si è raccolta in preghiera nel luogo del vecchio settore Z, assieme al capitano belga Staelens, mentre gli azzurri Maldini e Conte, rispettivamente capitani dell'Italia e della Juventus, hanno deposto una corona di fiori sotto la targa commemorativa; avendo l'Uefa negato di indossare il lutto al braccio, i giocatori azzurri si sono potuti presentare in campo solo con un fiore nella mano sinistra, in memoria dei tifosi periti nella strage. Nella Champions League 2004-2005, il sorteggio accoppiò Juventus e Liverpool nei quarti di finale. Questa partita ebbe luogo a ben vent'anni di distanza dall'incidente dell'Heysel e fu la prima volta d'allora che i due club si ritrovarono l'uno contro l'altro. Prima della gara di andata ad Anfield, i tifosi del Liverpool mostrarono diversi cartelli a formare uno striscione con la scritta "amicizia" (tradotta in quell'occasione in italiano dal loro inglese "friendship"), ma alcuni tifosi juventini, ancora memori della tragedia, accolsero la coreografia e l'ingresso in campo dei giocatori del Liverpool dando loro le spalle. Nelle settimane seguenti le squadre giovanili di bianconeri e reds si sono affrontate al Comunale di Arezzo (città di due delle vittime, Giuseppina Conti e Roberto Lorentini – il padre di quest'ultimo, Otello, è inoltre il fondatore del comitato delle vittime) in una partita amichevole.
In seguito a questa tragedia, nel 1986 venne introdotta una legge per vietare per tre mesi l'ingresso allo stadio dei tifosi più facinorosi e, in seguito a un'altra strage, quella di Hillsborough nel 1989, per migliorare le strutture degli impianti vennero introdotte norme più severe come le telecamere a circuito chiuso. Se a livello nazionale ci furono progressi positivi riconosciuti da tutta l'Europa, tanto da assegnare all'Inghilterra l'edizione 1996 del Campionato europeo di calcio, a livello internazionale - in un primo momento - rimase il problema hooligan; il 15 febbraio 1995 a Dublino, durante un'amichevole contro l'Irlanda, e durante il campionato del mondo 1998, molti hooligan provocarono disordini di ordine pubblico. Durante il campionato d'Europa 2000, hooligan inglesi provocarono grossi disordini a Charleroi, dopo la gara contro la Germania, e, in seguito alla minaccia dell'Uefa di escludere la Nazionale britannica dal torneo, il governo inglese decise di inasprire i controlli anche in occasione delle trasferte internazionali, dando più potere alla polizia.
Nel 1985 è stato presentato un monumento in ricordo della strage nella sede societaria in Piazza Crimea. L'architetto Dante Grassi è stato l'autore del citato monumento – sito dal 2001 all'interno della sede amministrativa del club a Corso Galileo Ferraris – mentre l'epitaffio è dello scrittore e giornalista Giovanni Arpino: 

«Qui ricordiamo le 39 vittime di Bruxelles il 29 - 5 - 1985 trucidate da brutale violenza. Quando onore, lealtà, rispetto cedono alla follia, è tradita ogni disciplina sportiva. Alla nostra memoria il compito di tenerla viva». 

(L'epitaffio del monumento in memoria delle vittime della strage dell'Heysel, sito nella sede ufficiale della società)

Il compositore britannico Michael Nyman scrisse nello stesso anno un pezzo chiamato Memorial, proprio in memoria dei tifosi che morirono nello stadio belga. Dal 2000, in occasione della fase finale di Euro 2000, all'interno dello stadio Re Baldovino è stata posta una targa commemorativa a ricordo della tragedia di quindici anni prima: su una semplice lapide in marmo nero sono rappresentate, come in una riga geometrica, trentanove tacche come simbolo delle trentanove vittime. Il 29 maggio 2005 è stata presentata all'ex Heysel una scultura atta a commemorare la strage del 1985. Essa altro non è che una meridiana progettata dall'artista francese Patrick Rimoux, comprendente una pietra con i colori della bandiera italiana e di quella belga, insieme alla poesia Funeral Blues scritta dall'inglese W.H. Auden a simboleggiare il dolore delle tre nazioni; presenta inoltre trentanove luci che brillano, una per ogni vittima della tragedia. I parenti delle vittime, che avevano nel frattempo fondato un comitato, hanno presenziato alla cerimonia, presieduta dal sindaco della capitale belga. Il 26 maggio 2010 a Liverpool, in occasione del venticinquesimo anniversario della tragedia, alla presenza degli ex giocatori Sergio Brio e Phil Neal in rappresentanza delle due società, è stata presentata una targa permanente all'Anfield per onorare le vittime della tragedia. Tre giorni dopo, durante le commemorazioni avvenute a Torino, il presidente juventino Andrea Agnelli ha annunciato che nell'area dello Juventus Stadium sarebbe stato riservato un luogo in memoria delle vittime di quella strage, com'è poi avvenuto nel 2012, con un totem commemorativo sito all'interno del museo societario; inoltre, il Cammino delle stelle attorno lo Stadium include trentanove stelle d'argento, le quali recano incisi i nomi delle vittime della strage: esse sono ubicate accanto la stella commemorativa dedicata a Gaetano Scirea,capitano della squadra bianconera in quell'anno,in prossimità della Tribuna Est. Due anni più tardi la dirigenza bianconera annunciò la creazione di un ulteriore memoriale in ricordo della strage all'interno della futura sede societaria alla Continassa.

L'ELENCO DELLE VITTIME (TRA PARENTESI LA LORO ETA' AL MOMENTO DELLA TRAGEDIA)

Rocco Acerra (28)
Bruno Balli (50)
Alfons Bos (35)
Giancarlo Bruschera (35)
Andrea Casula (11)
Giovanni Casula (44)
Nino Cerullo (24)
Willy Chielens (41)
Giuseppina Conti (17)
Dirk Daeneckx (38)
Dionisio Fabbro (51)
Jaques François (45)
Eugenio Gagliano (35)
Francesco Galli (25)
Giancarlo Gonelli (20)
Alberto Guarini (21)
Giovacchino Landini (50)
Roberto Lorentini (31)
Barbara Lusci (58)
Franco Martelli (22)
Loris Messore (28)
Gianni Mastroiaco (20)
Sergio Mazzino (38)
Luciano Rocco Papaluca (38)
Luigi Pidone (31)
Benito Pistolato (50)
Patrick Radcliffe (38)
Domenico Ragazzi (44)
Antonio Ragnanese (29)
Claude Robert
Mario Ronchi (43)
Domenico Russo (28)
Tarcisio Salvi (49)
Gianfranco Sarto (47)
Amedeo Giuseppe Spolaore (55)
Mario Spanu (41)
Tarcisio Venturin (23)
Jean Michel Walla (32)
Claudio Zavaroni (28)
DEMOLITE L'HEYSEL

Lo stadio dell' Heysel, dove trentanove persone morirono il 30 maggio 1985 prima della partita Juventus-Liverpool, sarà probabilmente demolito: l' ha chiesto la Federazione belga di calcio. Il motivo è sempre lo stesso: quello della sicurezza che ha costretto, in occasione della finale di Coppa tra Anderlecht e Standard Liegi, a ridurre la capienza dello stadio da cinquantacinquemila a trentacinquemila spettatori. "Non possiamo continuare a ospitare match in queste condizioni" ha dichiarato il segretario generale Alain Courtois. Il campo è di proprietà demaniale ma d' accordo con la demozione sono anche le autorità cittadine. Il nuovo stadio cambierà anche il nome.

(Da "La Repubblica" del 01/06/1988)

PER LA STRAGE ALLO STADIO HEYSEL CONDANNATE L' UEFA E IL SINDACO

La strage di Heysel è stata tutto tranne che un incidente: preparazione e misure di sicurezza erano insufficienti, mentre i presupposti che hanno innescato la tragedia erano evidenti. Con queste parole l' avvocato Daniel Vedovatto, che rappresenta quasi 2OO parti civili nel processo dell' Heysel (la tragedia allo stadio del 29 maggio ' 85: 39 morti, 32 dei quali italiani, sotto le cariche selvagge dei tifosi inglesi) ha iniziato ieri la sua arringa. Un' arringa dedicata a quanti erano stati esplicitamente citati dalla parte civile. E di questi Vedovatto ha chiesto la condanna penale senza quantificare gli anni, compito che spetta al pubblico ministero. Si tratta dell' Associazione europea giococalcio (Uefa), della Federcalcio belga, del sindaco e dell' assessore allo sport di Bruxelles. Riguardo alla Uefa (alla sbarra il presidente, Jules George, ed il segretario generale, Hans Bangerter), la parte civile ha affermato che era certamente corresponsabile, insieme alla Federcalcio belga, dell' organizzazione dell' incontro, ed ha invece assunto un atteggiamento quasi criminale, contentandosi di verificare lo stato delle docce e l' altezza delle porte. Toni particolarmente duri per il presidente George (non ha neanche risposto alla convocazione della commissione parlamentare d' inchiesta), più morbidi per il numero uno della Federcalcio belga Albert Roosens. Per quanto riguarda il sindaco di Bruxelles, Herve Brouhon, Vedovatto ne chiede la condanna poiché, come primo cittadino, è il proprietario dello stadio, di cui deve quindi assicurare corretta manutenzione e funzionalità, inoltre ha autorizzato lo svolgimento della partita malgrado il fatto che le condizioni di sicurezza non fossero garantite. Infine, in quanto sindaco è in Belgio anche capo della polizia, e non è stato in grado di mantenere l' ordine. La parte civile chiede per Brouhon una condanna per aver agito con colpevole incoscienza, e richiesta di condanna anche per Viviane Baro, assessore allo sport di Bruxelles. In subordine al sindaco, sostiene Vedovatto, spettava a lei la gestione dello stadio: è dunque lei la colpevole per le pietose condizioni dell' Heysel, che hanno facilitato lo sviluppo della tragedia. La prossima settimana la parte civile esprimerà la sua opinione sulla responsabilità delle forze dell' ordine, e dei tifosi inglesi, sul cui capo pende l' accusa di lesioni volontarie ed omicidio preterintenzionale. L' inizio delle arringhe della parte civile è stato anticipato: ieri, alla ripresa del processo dopo fine anno, erano previste altre testimonianze. Ma i convocati non c' erano, e dunque si è convenuto un nuovo calendario.

(Da "La Repubblica" del 04/01/1989)

A PROPOSITO DELL'HEYSEL

Di Antonio La Rosa.

Ho avuto modo di rivedere la trasmissione di Giovanni Minoli, relativa alla tragedia dello stadio Heysel di venti anni addietro, trasmissione che ha sicuramente avuto il merito di avere una volta per tutte raccontato i fatti per quelli che sono stati, e non per come parecchi li hanno voluti vedere. Intanto ritengo di poter dire che in questa trasmissione si è notata la differenza che esiste tra il giornalismo ed il pennivendolismo fazioso della stampa sportiva: un giornalista serio deve andare alla ricerca della verità, raccontare i fatti nel modo come realmente si sono verificati, lasciando all’ascoltatore o lettore di trarre le sue opinioni, non raccontare la sua versione dei fatti, da utilizzarsi a dimostrazione di teoremi già preconfezionati. Non entro nel merito di certe immagini davvero agghiaccianti ed inedite per me (io ho solo un ricordo della diretta televisiva, nella quale non si vide granchè, e delle immagini molto scarne trasmesse nei telegiornali dei giorni successivi), o delle giustificazioni un pò risibili del tifoso inglese, nè ritengo sia il caso di commentare oltre il dolore di chi quella tragedia la visse personalmente; ma sicuramente dalla trasmissione sono emerse delle realtà di cui finora non si è molto parlato, anche perchè parlarne poteva significare dare una visione più veritiera dei fatti e dunque sputtanare in buona sostanza certi censori morali di bassa lega che in questi anni ci hanno infestato dei loro commenti ipocriti. Intanto adesso sappiamo tutto che la grande responsabilità dell’accaduto fu dell’UEFA che non ebbe in alcuna preoccupazione di verificare le condizioni di uno stadio che doveva ospitare un evento di quella importanza: la descrizione di uno stadio fatiscente, pieno di calcinacci e materiale vario che poteva essere una vera manna per i violenti, è la prova che certe volte i padroni del calcio operano le scelte per ragioni incomprensibili ma solo di geopolitica e di interessi economici. Però abbiamo appreso pure altre importanti verità. Che il clima fosse surreale e di grande confusione penso lo abbia descritto al meglio una persona seria come Francesco Morini, all’epoca DS dei bianconeri: nella bolgia c’era chi piangeva per quanto accaduto, ma c’era pure chi gli chiedeva di far firmare gli autografi ai giocatori, cosa che dimostra che in fondo i presenti non avevano totalmente la contezza e la gravità dell’accaduto. Abbiamo anche sentito le dichiarazioni dei giocatori, da Tacconi a Tardelli, anche esse confermanti il clima di assurda confusione che si era creata in quei momenti. Ma le cose che finora sono state sempre taciute, sono ben altre e finalmente sono state dette. Prima verità occultata dai media di casa nostra è che chi materialmente decise che si giocasse la gara fu il capo della polizia belga, e dunque le autorità di quello stato (cosa confermata anche dall’allora ministro degli esteri De Michelis, presente peraltro alla partita) imposero la disputa ad ogni costo della gara: quindi non fu una richiesta diciamo derivante dalle società, ma una imposizione di polizia per ragioni di ordine pubblico. Seconda verità occultata dai media di casa nostra è che la Juventus, per bocca di Boniperti, non voleva affatto giocare la partita, anzi voleva ritirare la squadra e andare via, proprio per quanto accaduto, e la cosa è stata confermata anche dalle altre interviste (mi riferisco alla figlia dell’allora sindaco della città di Bruxelles): quindi c’era una precisa volontà della società di evitare l’evento agonistico, ormai privo di senso di fronte a quella tragedia. Terza verità direi da sempre abilmente occultata dai media di casa nostra, e sulla quale adesso emerge la grande menzogna di un ipocrita come Zibì Boniek, è che furono i dirigenti del Liverpool a dire che, se si giocava la partita, doveva essere partita vera e quindi valida per la conquista della coppa dei campioni. Queste tre verità mai chiaramente evidenziate dai nostri cosiddetti giornalisti sportivi, che ritengo diano una luce finalmente chiara su quanto accaduto quella sera. Premetto, a scanso di equivoci, che dal mio punto di vista non aveva senso giocare, e giocare sul serio, quella partita, proprio per la gravità della tragedia, e premetto che confermo la mia opinione che quella situazione di apparente avvenimento calcistico era davvero assurda surreale e illogica in quel momento, oggi però finalmente sappiamo chi volle far giocare la Juventus a tutti i costi, quale era la volontà della società bianconera, e chi volle che la partita avesse un significato competitivo (chi vince si aggiudica la coppa, insomma finale vera) furono i dirigenti del Liverpool e non i dirigenti della Juventus. Ecco che a questo punto, piaccia o no, quei comportamenti esecrati da tutti i ciarlatani antijuventini (mi sto riferendo alla esultanza dopo il gol di Platini, al giro di campo dei giocatori per festeggiare con i tifosi, alla esibizione della coppa all’arrivo a Torino), hanno un suo significato, un suo valore, una sua giustificazione: in una situazione davvero drammatica, alla Juventus fu imposto di giocare, e fu imposto di giocare per la Coppa, non per ragioni di ordine pubblico, il che significa che quella partita fu "vera" nei contenuti, anche se assurda ed irriverente al cospetto di quanto accaduto attorno. Come dire: la Juventus vinse davvero la coppa sul campo (possiamo discutere sul rigore fasullo, che farebbe il paio con qualche fuorigioco nettissimo di anni dopo), quel risultato fu pienamente legittimo dal punto di vista tecnico, perchè, assurdo quanto si voglia, quella fu una finale vera di calcio, e dunque che dei giocatori, nel momento di totale ed assurdo coinvolgimento dell’evento, abbiano fatto il giro del campo a festeggiare, fu una conseguenza direi obbligata e naturale di scelte folli sulle quali non c’era stata alcuna responsabilità della società bianconera. Ma dire ciò da parte dei nostri media ufficiali, sarebbe come dire che per anni ci hanno preso per il culo, avendo usato la tragedia dell’Heysel non come dramma da ricordare e da utilizzare come lezione per il futuro (una tragedia che deve riportarci a vedere il calcio come sport, come gioia, come momento di divertimento e non come occasione di sfogo per frustrazioni e violenze inconscie), ma come episodio per speculare sulla Juventus come società, sulla Juventus come giocatori che vi parteciparono a quell’evento (tranne il "pentito" Boniek), sulla tifoseria bianconera, accusata di insensibilità di fronte ad una tragedia. Oggi grazie a questa trasmissione sappiamo finalmente qualcosa di più, che nel passato c’è stata abilmente occultata, e soprattutto sappiamo che una cosa è trovarsi dentro la tragedia, altra è vederla è giudicarla da fuori. Le parole finali di Tardelli credo siano emblematiche: in quel momento riteneva giusto fare quello che ebbe a fare, giro di campo compreso, ma oggi chiede scusa per quello che fece, un modo come dire che in quel momento lui e tutti gli altri non si rendevano conto di dove si trovavano, di che immane tragedia stavano vivendo da protagonisti inconsapevoli, di come si trovavano a recitare in un teatrino dell’assurdo, senza voler in alcun modo essere irriverenti ed insensibili, ma oggi a mente serena e rivendendo cosa successe realmente, prova vergogna dei suoi comportamenti. Insomma una onesta autocritica, che purtroppo altri avvoltoi e sciacalli non faranno mai. 

UN DOLORE LUNGO TRENT'ANNI "L'HEYSEL MI HA TOLTO TUTTO"

Di Massimo Ledda.

Nella cameretta di Andrea il tempo si è fermato al 1985. I mobili in legno chiaro ormai fuori moda,le automobiline sulla mensola,la scrivania dove faceva i compiti prima di correre fuori a giocare a calcio,la sua grande passione.
Tutto è rimasto esattamente come trent'anni fa. Sulla parete a cui è addossato il lettino con il copricoperte beige ci sono due foto incorniciate. Una ritrae Andrea al mare,l'altra è un primo piano in cui indossa un paio di buffi occhiali e dei baffi finti. Lo sguardo diventa,senza ombre,come è normale quando si hanno 11 anni.
"E' la foto della recita scolastica scattata poche settimane prima,la adoro perché ha la sua tipica espressione,qui è proprio lui". Anna Passino guarda con tenerezza e nostalgia infinite l'immagine di quel figlio volato via quando si stava appena affacciando alla vita. Non è tristezza la sua,piuttosto una malinconia quasi consolatoria. "Sa la cosa più strana qual'è? Che non riesce a immaginarmelo adulto,ogni tanto incontro un suo amico d'infanzia che si è sposato e ha figli e allora provo a pensare come sarebbe Andrea oggi,a 41 anni. Ma proprio non ci riesco,Andrea sarà sempre un bambino,quello che c'è in quella foto".
Via della Pineta,Cagliari,secondo piano di un'elegante palazzina. Qui abitava Andrea Casula,il bimbo morto il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles insieme al padre Giovanni e ad altri tifosi italiani,un'ora prima che iniziasse la finale di Coppa Campioni tra la Juventus -la sua seconda squadra del cuore dopo il Cagliari- e il Liverpool. Vittima innocente della follia degli hooligans inglesi e dell'inefficienza della polizia belga.
Anna è una donna forte e molto razionale. Ha dovuto affrontare una prova insopportabile -quella di perdere a 39 anni il figlio e il marito,per una partita di calcio poi- ma è riuscita a superarla,ad andare avanti per sé e per Emanuela,la figlia più grande che ora vive a Roma ma che sente tutti i giorni. Con una fatica incredibile,ma ce l'hanno fatta. Insieme. "L'ultima immagine che ho di mio figlio e di mio marito è in aeroporto prima della loro partenza -racconta-. Andrea era felicissimo,non stava nella pelle. Era un golosone e pure cicciotello,si è mangiato una pasta enorme al bar. Era emozionato di andare col padre che imitava in tutto,anche perché il giorno prima lo hanno trascorso a Milano. Per lui era una meravigliosa gita". Cosa chiedere di più ad undici anni?.
La sera del 29 maggio Anna era seduta davanti alla tv. "Ho subito avuto un bruttissimo presentimento e ho iniziato a chiamare i miei cognati per chiedere se sapevano in che settore dello stadio erano Andrea e Giovanni". Purtroppo erano proprio nel settore Z,quello dove scoppiarono i disordini e dove crollò il parapetto sotto il quale morì la stragrande maggioranza delle 39 vittime,compresi Andrea e Giovanni. "Di mio marito me l'hanno detto quasi subito,quella stessa notte,di Andrea invece...". Il ricordo si fa troppo doloroso. E le parole,così come le domande,non servono più. Non hanno senso.
Anna Passino ha un carattere riservato,non ama i riflettori. Eppure per anni,forzando la sua natura,ha combattuto tanto proprio perché ciò che è successo ad Andrea e Giovanni non capitasse più. Invece è ricapitato. E continua a capitare anche oggi,quasi tutti gli anni.
"Facciamo parte dell'associazione delle vittime dell'Heysel e crediamo nell'importanza del ricordo,io stessa sono andata a parlare nelle scuole e ho incontrato gli ultras,però non sono più convinta che serve a qualcosa. Viviamo in un mondo di sopraffazione e anche negli stadi si continuano a ripetere gli errori del passato,non cambia nulla. Quando vedo i giocatori che vanno a parlamentare con questi capi ultras e prendono ordini da loro rimango senza parole. E' proprio quello che non si dovrebbe fare,perché così si finisce per dargli importanza agli occhi di tanti ragazzi".
Un giudizio severo che coinvolge anche le società di calcio: "Perché accettano tutto? In Inghilterra hanno cacciato dagli stadi i violenti,quindi si può fare Io non sono nessuno per dire certe cose,ma credo che le società debbano agevolare la tifoseria sana,fare in modo che a vedere le partite vadano le famiglie coi bambini,ma forse ci sono troppi interessi in ballo o forse ormai sono troppo vecchia per credere che le cose cambino".
Il 6 giugno,30 anni dopo,la Juventus giocherà un'altra finale di Coppa Campioni,che ora per ragioni di business si chiama Champions. Anna però non guarderà la partita: "Da quel giorno non ho più seguito il calcio,non ci riesco". Le chiediamo un'ultima cortesia,il permesso di pubblicare la foto di Andrea il giorno della recita. "Preferisco tenerla solo per me,mi capisca". Si che la capiamo,signora Anna.

(Da "L'Unione Sarda" del 29/05/2015)

"QUEI CORPI IN FILA FUORI DALLO STADIO"


Di M.Le.


Il questore di Cagliari Filippo Dispenza,oggi tra i principali esperti di sicurezza negli stadi,era all'Heysel quel tragico di 29 maggio di 30 anni fa.

Giovane poliziotto in servizio a Torino era andato con alcuni colleghi a vedere la finale di Coppa tra Juventus e Liverpool Per anni,dopo aver visto l'orrore dei corpi ammucchiati e della gente che correva in lacrime cercando i propri cari,non è più entrato in uno stadio se non per servizio. "Certe immagini non si possono dimenticare -spiega- ti accompagnano per sempre. Ricordo la fila dei corpi ammassati all'esterno dello stadio e poi la magnifica Grand Platz di Bruxelles ridotta a un tappeto di bottiglie vuote. E non erano certo gli italiani ad averla ridotta così dopo aver bevuto a dismisura".
Testimone diretto della totale inefficienza della polizia belga ("gli inglesi giravano con le casse di birra e ai bimbi italiani toglievano le aste in plastica delle bandiere"),Dispenza ha le idee chiare su cosa bisognerebbe fare per combattere la violenza che ammorba il calcio: "Damiano Tommasi ha chiesto che i calciatori che intrattengono rapporti malsani con gli ultras siano squalificati,le sue parole vanno nella giusta direzione. Ma anche le società devono assumersi tutte le loro responsabilità,spezzando definitivamente i legami con le frange violente. Lo Stato e il dipartimento di pubblica sicurezza stanno facendo il possibile,ma serve la collaborazione di tutti e senza ipocrisie. Alcune società stanno spezzando questi legami,altre forse non hanno la volontà piena di farlo".

(Da "L'Unione Sarda" del 29/05/2015)


Il ricordo di Sergio Brio di quella notte dell'Heysel

"Una tragedia, una cosa sconvolgente. Giocammo per forza. Boniperti non voleva assolutamente, l’Uefa ci costrinse a farlo. Noi sapevamo poco, ma quel poco bastava. Una volta in campo è stata partita vera".

"Le urla non si cancellano. Così come le immagini di quei secondi che mi capitano di rivedere come in moviola, rivivendo ogni volta la stessa angoscia…..Siamo ancora qui a odiare. Significa che il senso di quella notte non l’abbiamo capito ancora molto bene. Negli stadi e sui social ci sono ancora troppa rivalità e astio. Il tifo è quasi tutto contro e sempre meno a favore della propria squadra. Sono logiche perverse e malate. Bisogna ripassare la lezione dell’Heysel. Sono felice che si ricordino le vittime di Bruxelles ad ogni partita della Juventus, meno entusiasta dell’idea che lo si faccia gridando “odio Liverpool”. Perché l’odio è proprio quello che dobbiamo sconfiggere per evitare altri Heysel. I tifosi avversari non capiscono, anche loro probabilmente non sanno di quello che parlano o cantano. Ci sono anche tre interisti fra le trentanove vittime. Persone che avevano accompagnato amici juventini.... Bisogna educare. Sì, l’unica via d’uscita è l’educazione. Spesso vado nelle scuole a raccontare ai ragazzi l’esperienza dell’Heysel, un fatto accaduto molti anni prima della loro nascita, ma che può insegnare loro qualcosa. E’ incoraggiante la loro reazione, mi fanno domande e sono sempre molto interessati. Io cerco di spiegare loro quanto la passione per il calcio sia una cosa positiva, ma vada vissuta in un modo consapevole e civile. Sono ottimista, quei semi gettati un giorno germoglieranno…E’ importante ricordare, ma lo è ancora di più imparare da questi ricordi".

(Nereo Ferlat autore del libro "29 5 85 Z-L'ultima curva")

LA PARTITA


JUVENTUS-LIVERPOOL 1-0

Juventus:
Tacconi,Favero,Cabrini,Bonini,Brio,Scirea, Briaschi (84'Prandelli),Tardelli,P.Rossi (89'Vignola), Platini,Boniek.Allenatore:Trapattoni.

Liverpool:
Grobbelaar,Neal,Beglin,Lawrenson (3'Gillespie),Nicol,Hansen,Dalglish,Whelan, Rush,Walsh (46' Johnston),Wark.Allenatore:Fagan.

Arbitro:Daina (Svizzera).


Rete:57'Platini [Rigore].


Ammonito:Wark.

VEDI QUI L'UNDICI INIZIALE DELLA JUVENTUS




VINCITRICE COPPA DEI CAMPIONI 1984/1985: JUVENTUS.

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