giovedì 8 ottobre 2015

LA CRISI DEI MISSILI A CUBA (15-16-17-18-19-20-21-22-23-24-25-26-27-28/10/1962)

Di Giampaolo Carboni.

La crisi dei missili di Cuba fu un confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica conseguente al tentativo di invasione di Cuba, nell'aprile del 1961 e al relativo spiegamento difensivo nell'Isola di Cuba di missili nucleari sovietici. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò tredici giorni, in seguito alla loro scoperta il 14 ottobre, da parte di un aereo americano Lockheed U-2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano. Dopo giorni di tensione, Nikita Chruščëv, vista la fermezza di Washington e di John Fitzgerald Kennedy, ordinò il ritiro dei missili in cambio della promessa di non invasione dell'isola e del ritiro dei missili Jupiter installati nelle basi di Turchia e Italia (Basilicata e Puglia), avvenuto sei mesi più tardi. L'episodio è stato considerato uno dei momenti più critici della guerra fredda, assieme al blocco di Berlino e all'esercitazione Able Archer 83.
Nel 1959 il governo sovietico si rese conto che un'eventuale futura guerra sarebbe stata condotta con armi nucleari cosicché nello stesso anno furono costituite le "Forze Missilistiche Strategiche"; poco tempo dopo, in risposta al programma di riarmo di Kennedy (che aveva disposto missili nucleari a medio range Jupiter in Turchia e Puglia), il governo sovietico divenne sempre più militarista e decise di installare alcune armi nucleari a Cuba, uno stato caraibico al largo della costa della Florida che a seguito della rivoluzione guidata da Fidel Castro aveva recentemente instaurato un governo comunista sull'isola. Il governo di Cuba, dal canto suo, cercò il supporto dell'Unione Sovietica dopo il collasso delle relazioni con gli Stati Uniti conseguente all'esproprio delle proprietà americane a Cuba e al successivo tentativo di invasione dell'isola da parte di esuli cubani e mercenari appoggiati dalla Cia, conosciuto come Invasione della baia dei Porci. La strategia sovietica teneva conto di due aspetti: il primo era di difendere questo nuovo stato comunista dagli Usa o da un'invasione appoggiata da questi; il secondo invece mirava a riequilibrare la bilancia del potere nucleare, che pendeva dalla parte degli Stati Uniti.
Oltre ai siti missilistici Jupiter in Italia, gli Usa avevano di recente iniziato a schierare missili in Turchia, che minacciavano direttamente le regioni occidentali dell'Unione Sovietica. La tecnologia sovietica era ben sviluppata nel campo dei missili balistici a medio raggio (Mrbm), in confronto a quelli intercontinentali Icbm. I sovietici ritenevano che non sarebbero riusciti a raggiungere la parità negli Icbm prima del 1970, ma videro che un certo tipo di uguaglianza poteva essere raggiunta rapidamente, posizionando dei missili a Cuba. Gli Mrbm sovietici a Cuba, con un raggio d'azione di circa 1.600 chilometri, potevano minacciare Washington e circa metà delle basi Sac statunitensi, con un tempo di volo inferiore ai venti minuti. In aggiunta, il sistema di difesa radar statunitense era orientato verso l'Urss, e avrebbe fornito scarso preavviso in caso di un lancio da Cuba. Nikita Chruščëv aveva concepito il piano nel maggio 1962, e per la fine di luglio, oltre sessanta navi sovietiche erano in rotta verso Cuba, con alcune di esse che trasportavano materiale militare. John McCone, il direttore della Cia, avvertì Kennedy che alcune delle navi stavano probabilmente trasportando missili, ma ad una riunione tra John e Robert Kennedy, Dean Rusk e Robert McNamara, prevalse l'idea che i sovietici non avrebbero tentato un'impresa simile. Un U-2 in volo a fine agosto fotografò una nuova serie di postazioni Sam che venivano costruite, ma il 4 settembre Kennedy disse al Congresso che non c'erano missili "offensivi" a Cuba. Nella notte dell'8 settembre, la prima consegna di Mrbm SS-4 Sandal venne scaricata a L'Avana e un secondo carico arrivò il 16 settembre. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per gli Ss-4 e tre per gli Ss-5 Skean a più lungo raggio (fino a 3.500 chilometri). L'arsenale pianificato era di quaranta rampe di lancio, con un incremento del 70% della capacità offensiva sovietica durante il primo colpo. Un numero di problemi non legati alla vicenda fece sì che i missili non venissero scoperti fino al volo di un U-2 del 14 ottobre, che mostrava chiaramente la costruzione di una postazione per degli Ss-4 vicino a San Cristóbal. Per il 19 ottobre, i voli degli U-2 (ora praticamente continui) mostrarono che quattro postazioni erano operative. Inizialmente, il governo statunitense tenne l'informazione segreta, rivelandola solo ai quattordici ufficiali chiave del comitato esecutivo. Il Regno Unito non venne informato fino alla sera del 21 ottobre. Il Presidente Kennedy, in un appello televisivo del 22 ottobre, annunciò la scoperta delle installazioni e proclamò che ogni attacco di missili nucleari proveniente da Cuba sarebbe stato considerato come un attacco portato dall'Unione Sovietica e avrebbe ricevuto una risposta conseguente. Kennedy ordinò anche una quarantena navale su Cuba, per prevenire ulteriori consegne sovietiche di materiale militare. Il termine quarantena fu preferito a quello di blocco navale in quanto quest'ultimo, secondo le consuetudini del diritto internazionale sarebbe potuto essere considerato come un atto di guerra e avrebbe comportato un'immediata risposta militare sovietica. Per tutta la durata della crisi, i responsabili dello Stato maggiore americano insistettero perché il riluttante presidente ordinasse un'immediata azione militare per eliminare le rampe missilistiche prima che queste diventassero operative. A Cuba, durante i giorni della crisi, si trovavano 140 testate nucleari di provenienza sovietica, delle quali 90 erano "tattiche". Robert McNamara, Segretario della Difesa durante il Governo Kennedy, dichiarò di avere appreso la notizia direttamente da Fidel Castro, anni dopo, e di come Castro avesse chiesto a Chruščëv di usare queste testate per attaccare gli Stati Uniti.
Il generale Curtis LeMay, (Capo di stato maggiore dell'aviazione degli Stati Uniti) disse: Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba. Gli ufficiali discussero le varie opzioni: 

-bombardamento immediato delle postazioni 

-appello alle Nazioni Unite per fermare l'installazione 

-blocco navale 

-invasione di Cuba. 

Il bombardamento immediato venne subito scartato, così come un appello alle Nazioni Unite, che avrebbe portato via molto tempo. La scelta venne ridotta a un blocco navale e un ultimatum, o a una invasione su vasta scala. Venne scelto infine il blocco, anche se ci fu un numero di falchi (soprattutto Paul Nitze, Douglas Dillon e Maxwell Taylor) che continuarono a spingere per un'azione più dura. L'invasione venne pianificata, e le truppe vennero radunate in Florida (anche se con 40.000 soldati sovietici a Cuba, completi di armi nucleari tattiche, la forza di invasione non era certa del suo successo). Ci furono diverse questioni legate al blocco navale. C'era il problema della legalità - come fece notare Fidel Castro, non c'era niente di illegale circa le installazioni dei missili; erano sicuramente una minaccia agli Usa, ma missili simili, puntati verso l'Urss, erano posizionati in Gran Bretagna, Italia e Turchia. Quindi se i sovietici avessero provato a forzare il blocco, il conflitto sarebbe potuto esplodere a seguito di una escalation delle rappresaglie. Kennedy parlò al popolo statunitense (e al governo sovietico), in un discorso televisivo del 22 ottobre. Egli confermò la presenza dei missili a Cuba e annunciò che era stata imposta una quarantena di 800 miglia attorno alla costa cubana, avvertendo che i militari "erano preparati per ogni eventualità", e condannando la "segretezza e l'inganno" sovietici. Il caso venne definitivamente provato il 25 ottobre, in una sessione d'emergenza dell'Onu, durante la quale l'ambasciatore statunitense Adlai Stevenson mostrò le fotografie delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, subito dopo che l'ambasciatore sovietico Zorin ne aveva negato l'esistenza. Chruščëv, infatti, aveva inviato delle lettere a Kennedy il 23 e 24 ottobre, sostenendo la natura deterrente dei missili a Cuba e le intenzioni pacifiche dell'Unione Sovietica. Quando Kennedy pubblicizzò apertamente la crisi, il mondo intero entrò in uno stato di terrore. La gente iniziò a parlare e preoccuparsi apertamente di un'apocalisse nucleare, ed esercitazioni per una tale emergenza si tennero quasi quotidianamente in molte città.Di fronte alla drammaticità della situazione, Papa Giovanni XXIII, pur essendo contemporaneamente impegnato nei lavori del Concilio ecumenico, sentì la necessità di agire per la pace. Lo stesso 25 ottobre, infatti, alla Radio vaticana, rivolse "a tutti gli uomini di buona volontà" un messaggio in lingua francese, consegnato - poche ore prima - agli ambasciatori degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica presso la Santa Sede: “Alla Chiesa sta a cuore più d’ogni altra cosa la pace e la fraternità tra gli uomini; ed essa opera senza stancarsi mai, a consolidare questi beni. A questo proposito, abbiamo ricordato i gravi doveri di coloro che portano la responsabilità del potere. Oggi noi rinnoviamo questo appello accorato e supplichiamo i Capi di Stato di non restare insensibili a questo grido dell’umanità. Facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la pace: così eviteranno al mondo gli orrori di una guerra, di cui nessuno può prevedere le spaventevoli conseguenze. Continuino a trattare. Sì, questa disposizione leale e aperta ha grande valore di testimonianza per la coscienza di ciascuno e in faccia alla storia. Promuovere, favorire, accettare trattative, ad ogni livello e in ogni tempo, è norma di saggezza e prudenza, che attira le benedizioni del Cielo e della terra”.
Pur non essendo stati ancora pubblicati i documenti dell'Archivio Vaticano, è certo che il messaggio del Papa fu affiancato da iniziative della diplomazia vaticana nei confronti del cattolico Kennedy e sull’Unione Sovietica, per tramite del governo italiano, presieduto dal democristiano Amintore Fanfani. I sovietici, infatti, fecero pervenire subito dopo due differenti proposte al governo americano. Il 26 ottobre offrirono di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli Usa non avrebbero invaso Cuba, né appoggiato un'invasione. La seconda proposta venne trasmessa da una radio pubblica il 27 ottobre, chiedendo il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall’Italia (base di San Vito dei Normanni). Poiché in quella stessa mattinata, nella Capitale degli Stati Uniti, era presente Ettore Bernabei, uomo di fiducia di Fanfani, già con l’incarico di consegnare al Presidente Kennedy una nota del governo italiano con la quale si accettava il ritiro dei missili dalla base italiana, non è improbabile che la mediazione diplomatica sia stata abilmente concertata tra il Vaticano e Palazzo Chigi. Llewellyn E. "Tommy" Thompson Jr., ex ambasciatore a Mosca, conosceva bene Kruscěv, riuscì a convincere Kennedy a patteggiare il ritiro dei missili russi da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere mai più Cuba come avevano tentato con lo Sbarco nella Baia dei porci. La crisi raggiunse l'apice il 27 ottobre, quando un Lockheed U-2 statunitense - per iniziativa di un ufficiale locale - venne abbattuto su Cuba e un altro che volava sulla Russia venne quasi intercettato. Il generale Thomas S. Power, a capo del Comando Aereo Strategico USA (Sac), mise le sue unità in stato di allerta Defcon 2 preparandole per un'immediata azione senza consultare la Casa Bianca. Allo stesso tempo, i mercantili sovietici si stavano avvicinando alla zona di quarantena; in un caso, si apprese quarant'anni dopo, su un sottomarino sovietico della loro scorta militare si valutò la possibilità di lanciare un missile con testata nucleare. Kennedy rispose accettando pubblicamente la prima delle offerte sovietiche e inviando il fratello Robert all'ambasciata sovietica, per accettare la seconda in privato: i missili Jupiter con testata nucleare installati in Turchia e, soprattutto in Italia, sarebbero stati rimossi. Le navi sovietiche tornarono indietro e il 28 ottobre Chruščëv annunciò di aver ordinato la rimozione dei missili sovietici da Cuba. Soddisfatto dalla rimozione dei missili sovietici, il Presidente Kennedy ordinò la fine della quarantena su Cuba il 20 novembre. L'importanza del passo compiuto dal Papa è testimioniata dal russo Anatoly Krasikov, nella biografia di Giovanni XXIII scritta da Marco Roncalli: “Resta curioso il fatto che negli Stati cattolici non si riesca a trovare traccia di una reazione ufficiale positiva, all’appello papale alla pace, mentre l’ateo Kruscev non ebbe il più piccolo momento di esitazione per ringraziare il papa e per sottolineare il suo ruolo primario per la risoluzione di questa crisi che aveva portato il mondo sull’orlo dell’abisso”. In data 15 dicembre 1962, infatti, perveniva al Papa un biglietto di ringraziamento del leader sovietico del seguente tenore: "In occasione delle sante feste di Natale La prego di accettare gli auguri e le congratulazioni... per la sua costante lotta per la pace e la felicità e il benessere". La crisi per i sovietici fu una vittoria tattica, ma una sconfitta strategica. Vennero visti indietreggiare e il tentativo di ottenere la parità strategica fallì, per la rabbia dei comandanti militari sovietici. La caduta dal potere di Chruščëv, pochi anni più tardi, può essere parzialmente collegata all'imbarazzo del Politburo, dovuto sia al passo indietro compiuto da Chruščëv davanti agli americani, sia anche alla sua decisione di installare i missili a Cuba in primo luogo. Anche i comandanti militari statunitensi non furono contenti del risultato. Curtis LeMay disse al Presidente che fu "la più grande sconfitta della nostra storia" e che avrebbero dovuto invadere Cuba quello stesso giorno. Alcuni dei sostenitori della tesi secondo cui il presidente Kennedy, assassinato a Dallas nel novembre dell'anno successivo, fu vittima di un complotto sostengono, pur in assenza di prove in tal senso, che il contrasto con i vertici militari emerso in occasione della crisi dei missili e proseguito in occasione della gestione della guerra del Vietnam da poco iniziata, ne fu una delle cause, e che in un certo senso l'assassinio di Kennedy fu un colpo di Stato mascherato. Decenni dopo si apprese che Cuba aveva missili nucleari tattici disponibili, anche se il generale Anatolii Gribkov, parte dello staff sovietico responsabile dell'operazione, dichiarò che al locale comandante sovietico, generale Issa Pliyev, era proibito usarli anche se gli Usa avessero messo in piedi una invasione su larga scala di Cuba.
Gli eventi della crisi sono stati drammatizzati nei film Matinée (1993), di Joe Dante, con John Goodman, e in Thirteen Days (2000), diretto da Roger Donaldson, con Kevin Costner, Bruce Greenwood e Steven Culp. Della crisi si parla anche in The Fog of War, un documentario sulla figura dell'allora Segretario di Stato alla Difesa, Robert McNamara. Nel film X-Men - L'inizio (2011), i mutanti protagonisti si mettono al servizio degli Stati Uniti per sventare la crisi. Una canzone di Bob Dylan intitolata Cuban Missile Crisis racconta le reazioni a quelle giornate di terrore. La canzone venne registrata per Broadside nel marzo 1963.

VEDI QUI "L'UNIONE SARDA" DEL 24/10/1962 SULLA CRISI DEI MISSILI A CUBA

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