Da "L'Unione Sarda".
Le leggi di mercato parlano chiaro e chiedono a gran voce carne ovina. Complice la domanda crescente dei paesi in via di sviluppo, la macellazione della pecora, del montone e dell'agnello sardo sembra oggi avere le carte in regola per allargare i propri orizzonti commerciali e approdare sui mercati esteri. Un potenziale successo, fotografato dallo studio dell'Ara Sardegna coordinato dagli agronomi Antonio Natale e Paolo Oppia, che in breve tempo potrebbe andare di pari passo con l'aumento delle quotazioni del prodotto e della soddisfazione degli allevatori. «A livello mondiale cresce la richiesta e le aspettative positive sull'andamento dei prezzi, entro il 2050 i paesi emergenti dovrebbero acquistare il 65% in più di prodotto - spiega il direttore dell'Aras Marino Contu - ma anche in Italia, sebbene la carne ovina sia la meno consumata, le importazioni vanno oltre il 30%. Il consumo procapite è infatti di 1,2 chili, mentre la produzione si ferma a 800 grammi». I numeri sono inequivocabili e l'opportunità economica è da non perdere. La Cina fa da capofila a una schiera di paesi culturalmente amanti della carne ovina e da sola basterebbe ad assorbire tutta la produzione isolana, ma lo sguardo degli allevatori mira anche altrove, a quel Medio Oriente dove è peccato mangiare carne suina. «Si guarda con attenzione al mercato musulmano - conferma Antonio Natale -, terra dei più grandi consumatori di carne di agnello e montone. Inoltre, i paesi in via di sviluppo sono i più appetibili in quanto il consumo di carne è tra gli alimenti più legati al livello di reddito». La concorrenza di altri paesi esportatori è agguerrita, anche se soffre proprio in questi anni di un calo della produzione. Un deficit di offerta del quale l'isola potrebbe approfittare. «I maggiori esportatori mondiali di carne ovina - ricorda l'agronomo Paolo Oppia - sono l'Australia e soprattutto la Nuova Zelanda. Rappresentano l'85% delle esportazioni, ma il loro mercato è in flessione per via della siccità e della concorrenza al pascolo dei bovini. Altri esportatori sono Uruguay, Argentina, Cile, Macedonia e Islanda». E senza guardare troppo lontano ci si accorge che anche l'Italia potrebbe offrire grandi sbocchi «nonostante il mercato interno sia instabile e negli anni si sia registrata una costante riduzione del consumo di carni ovine - ricorda il presidente dell'Aras Sandro Lasi - ancora troppo legato alle tradizioni pasquali e natalizie». «L'Italia - conclude il direttore dell'Aras - è il terzo importatore di carne ovina dopo la Francia e il Belgio. Oggi si prediligono le piccole carcasse, tra gli 8 e i 10 chili, ma il trend è di orientarsi verso un peso maggiore che oscilla tra i 12 e i 15 chili e verso tagli e packaging più innovativi e funzionali come la spalla e la coscia disossata e confezionata. Un motivo in più per essere fiduciosi e investire sul nostro agnello sardo Igp».
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