Ripiomba nel terrore Benetutti:è stato infatti ucciso a fucilate mentre apriva il cancello di casa, in località “Pauleddu” a circa quattro chilometri dal centro abitato. È morto così poco dopo le diciannove di quest'oggi, Giuseppe Sebastiano Mulas,allevatore di cinquantuno anni con diversi precedenti penali (NELLA FOTO IN ALTO IL CORPO SENZA VITA DI GIUSEPPE SEBASTIANO MULAS RIVERSO VICINO AL CANCELLO). Il figlio Giampietro di ventuno anni, che era in sua compagnia, ha fatto appena in tempo a riaccendere il motore dell’auto e a scappare via. É salvo per miracolo. È stato il ragazzo a dare l’allarme e a fare scattare l’intervento dei carabinieri. Tra i primi ad intervenire anche il fratello della vittima, Damiano, presidente dell’Avis di Benetutti che ieri sera era di turno al servizio di soccorso con l’ambulanza e che,appena appresa la notizia,si è fatto sostituire e si è recato sul luogo dell’omicidio. Purtroppo per Giuseppe Sebastiano Mulas non c’era più niente da fare: il killer ha sparato da distanza ravvicinata e ha atteso che l’uomo scendesse dall’auto per aprire il cancello per esplodere la prima fucilata. Il secondo colpo è stato sparato proprio mentre il figlio dell’allevatore con una manovra spericolata riusciva a ripartire e ad allontanarsi alla guida dell’auto. Appena il ragazzo ha dato l’allarme ai carabinieri, a “Pauleddu” sono arrivati i militari della stazione di Benetutti assieme ai colleghi della compagnia di Bono guidati dal maggiore Giampiero Lampis, quelli del Nucleo investigativo del comando provinciale di Sassari e gli specialisti del Servizio investigazioni scientifiche che hanno avviato i rilievi. Indagine complicata, come spesso capita in questi casi: il figlio della vittima non è riuscito a vedere niente, ha sentito solo le fucilate e ha visto il padre cadere a terra, quindi è scappato via terrorizzato e sotto choc. Gli investigatori hanno subito cominciato a lavorare sul passato di Giuseppe Sebastiano Mulas. L’allevatore era uscito dal carcere a luglio e negli ultimi mesi aveva tenuto un profilo basso. Nessun problema, vita ritirata. Si pensa, dunque, a una vecchia storia, a qualcosa che arriva da lontano e gli investigatori ovviamente scavano nel suo passato.
La mente di molti è ovviamente andata a tre anni fa,quando si trovava agli arresti domiciliari,con Giuseppe Sebastiano Mulas aveva subito un attentato. Alla fine di gennaio del 2012,il 21 di quel mese per la precisione,infatti un ordigno confezionato con polvere da cava e gelatina era stato fatto esplodere davanti a un suo capannone, proprio a “Pauleddu”, dove ieri l’uomo è stato ucciso. La struttura era stata scoperchiata e nell’incendio che si era sviluppato erano andate distrutte circa duecento balle di fieno. Due mesi prima, i carabinieri avevano sorpreso l’allevatore con un fucile, proiettili di vario calibro (detenuti illegalmente) e della refurtiva. Anche l’attentato di tre anni fa era stato commesso più o meno alla stessa ora in cui, ieri, è stato compiuto l’omicidio, quasi a voler indicare unconto in sospeso. Le indagini sull’attentato non portarono a nessun risultato. Nel frattempo Giuseppe Sebastiano Mulas era finito - seppure per poco nuovamente a Badu ’e Carros con l’accusa di evasione dai domiliari. Una pattuglia dei carabinieri del paese, infatti, lo aveva sorpreso fuori dall’abitazione. Inevitabile l’arresto: dopola convalida aveva ottenuto di nuovo i domiciliari. Nel passato della vittima qualche denuncia per furto e ricettazione, anche di una cavalla che poi era stata ritrovata mentre pascolava a poca distanza da unterreno dell’allevatore. Da ieri sera su Benetutti è calata di nuovo una cappa di paura. L’ultimo omicidio risale al 5 agosto del 2011 quando a “Sa Matta” venne ucciso a fucilate Giovanni Antonio Ricci, trentadue anni, allevatore. Era figlio di Giuseppe Ricci “Capitanu”, sessantunenne, ex comandante dei barracelli, ucciso lo stesso giorno di sei anni prima sul balcone di casa.
Non pare dunque vicina la quiete e la pace per questo paese. Appena quattro mesi fa il paese era sprofondato nell’angoscia dopo la brutale aggressione a Pietro Maria Zarra un falegname in pensione di sessantasette anni, ucciso il 26 giugno scorso nella sua abitazione in via Margherita di Savoia da tre banditi che volevano rapinarlo. L’uomo, cardiopatico, viveva assieme al fratello ed alla sorella. Durante la rapina era stato immobilizzato e legato con delle fascette di plastica: forse era morto di paura. L’ultima esecuzione in paese risale invece,come già accennato all'inizio di agosto del 2011. Quattro fucilate, sparate quasi a bruciapelo, avevano spento la vita di Giovanni Antonio Ricci, trentadue anni, allevatore. I killer avevano sparato da distanza ravvicinatissima, per non colpire i figlioletti di uno e tre anni che erano nell'abitacolo allacciati ai seggiolini. L’uomo era morto quasi davanti agli occhi della moglie incinta, uscita da casa quando aveva sentito le esplosioni e poi era svenuta nel vedere il marito morire e sentireil pianto accorato dei bimbi.
Era stata lei, appena è riuscita a raccogliere le forze, a chiedere aiuto, telefonando al 118 ed ai carabinieri. L'agguato era scattato intorno alle 21,30, più o meno alla stessa ora e nello stesso giorno di sei anni prima: il 3 agosto 2005, era stato assassinato a fucilate il padre di Giovanni Antonio, Giuseppe Ricci, 62 anni, ex comandante dei barracelli e per questo conosciuto da tutti con il soprannome di «Peppinu capitanu». Anche lui era stato ucciso in casa, mentre era sul terrazzo a godersi il fresco della sera. L'omicidio di Giovanni Antonio Ricci era stato commesso nelle campagne di «Sa Matta», poco distante dalla vecchia stazione ferroviaria, nell' immediata periferia di Benetutti. Nel podere di famiglia, dove Giovanni Antonio Ricci aveva il bestiame e dove si era trasferito dopo essersi sposato. Il killer di allora, probabilmente uno solo, armato di fucile automatico, era nascosto all'interno dell’ovile, dietro un muretto poco distante dalla casa. L’assassino era entrato in azione soltanto quando l'allevatore aveva spento il motore ed è sceso dall'auto.
Forse perché sapeva anche che nell'auto c'erano i due figlioletti di Ricci. L’uomo aveva numerosi precedenti penali e sapeva di essere nel mirino, ma non aveva capito da chi doveva guardarsi. Ma non era nel suo carattere nascondersi e forse proprio perché non aveva paura più di tanto aveva deciso di andare a vivere nella campagna di «Sa Matta», dove evidentemente si sentiva più al sicuro. E forse a dargli sicurezza era anche la presenza della giovane moglie di Nuoro e dei figlioletti, di uno e tre anni, che si portava sempre dietro quando usciva dopo il lavoro. Proprio loro avevano assistito alla sua esecuzione. E lo stesso o qualcosa di simile è avvenuto oggi con Giampietro Mulas che ha assistito,sfuggendo miracolosamente,alla morte del padre.
«Ho visto babbo che andava verso il cancello per aprirlo, poi ho sentito lo sparo, ha fatto un passo indietro ed è caduto a terra. Ho intuito che stava succedendo qualcosa di grave, sono saltato fuori dal pick up e ho cominciato a correre». Giampietro Mulas, 21 anni, figlio di Giuseppe Sebastiano, l’allevatore di 51 anni ucciso martedì sera con due fucilate davanti all’azienda di “Pauleddu”, ha raccontato così, disperato, l’agguato nel quale ha perso la vita il padre. Il ragazzo ha solo tentato di allontanarsi con l’auto, ma l’operazione non era possibile con il cancello ancora chiuso. A quel punto è scappato a piedi - in direzione opposta al paese - e ha compiuto un lungo giro per sfuggire al killer che avrebbe anche potuto inseguirlo, anche se così non è stato. Dopo circa un’ora è riuscito ad arrivare a Benetutti, ha bussato alla porta di casa e ha raccontato l’accaduto alla mamma che ha dato l’allarme con una telefonata ai carabinieri.Il figlio di Giuseppe Sebastiano Mulas ha anche raccontato del secondo colpo di fucile che ha sentito chiaramente mentre scappava a piedi: «Dopo circa quaranta secondi, c’è stato un altro sparo». La testimonianza corrisponde con i primi esami compiuti dal medico legale e dagli specialisti del Servizio investigazioni scientifiche: l’allevatore è stato ucciso con due colpi: unoal torace e l’altro al volto, da distanza ravvicinata. Il colpo di grazia. L’autopsia è prevista oggi. I funerali si sono svolti il 22 ottobre 2015 nella chiesa di Sant’Elena.
Indagini serrate madifficili come sempre quando il teatro sono le campagne. I carabinieri della compagnia di Bono, guidati dal maggiore Giampiero Lampis, e del comando provinciale di Sassari stanno scavando nel passato di Giuseppe Sebastiano Mulas alla ricerca di una traccia che possa indicare il movente del delitto. Un delitto che, nella dinamica, ha seguito il copione di altri agguati: una prima fucilata sparata da distanza ravvicinata e poi il colpo di grazia al volto. Un copione confermato dalla perizia medico legale, il cui referto è stato inviato al sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Nuoro Andrea Vacca, che coordina le indagini. Inchiesta che non tralascia neppure la testimonianza di Salvatore, il figlio della vittima, che ha assistito impietrito dal terrore alla terribili sequenze dell’omicidio. Una testimonianza che, apparentemente, non ha fornito elementi utili alle indagini, mache gli investigatori danno vagliando con attenzione per individuare qualche particolare apparentemente insignificante mache potrebbe contribuire a ricostruire il quadro all’interno del quale collocare l’assassinio di Giuseppe Sebastiano Mulas. Un uomodal passato indubbiamente turbolento, mache aveva pagato il proprio debito con la giustizia. E comunque episodi che non sembrano giustificare una tale esplosione di violenza. Con il timore che si inneschi una spirale di vendette anche se in paese un po’ tutti escludono che possa nascere una nuova faida. «Sono cambiate le condizioni», dicevano ieri al funerale di Giuseppe Sebastiano Mulas, mail passato racconta una storia diversa.
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