Di Umberto Aime.
Chissà come finirà, qualcuno comincia a sospettare male, ma non ci sono più dubbi: la maggioranza di centrosinistra è così debole, al suo interno, che ormai basta un nonnulla per mandarla fuorigiri. L’ultima lite, con anche il volo di piatti e stracci, s’è consumata in Consiglio regionale. Per l’elezione dell’Ufficio di presidenza, è accaduto di tutto fino al punto che il Centro democratico s’è preso ventiquattr’ore di tempo per decidere se sostenere ancora la Giunta. Però bisogna riavvolgere più il volte il nastro di una giornata confusa, per capire meglio cos’è accaduto.
Posti in palio. Era il giorno delle elezioni di due vicepresidenti del Consiglio, una destinato alla maggioranza, l’altro all’opposizione, tre questori, si occupano tra l’altro del bilancio dell’aula, con due in quota per il centrosinistra e uno assegnato alla minoranza, e infine di un segretario. Intorno a questi sei posti – neanche così pesanti – s’è scatenato un putiferio dovunque. Con un particolare visto finora poche volte: ben 58 i presenti in aula su 60, un record. Unici assenti: Francesco Pigliaru, convalescente, e Antonello Peru, per i postumi dei suoi guai giudiziari.
Vincitori e vinti. Dopo un lungo tira e molla, Eugenio Lai di Sel è stato confermato vicepresidente, ma la candidata ufficiale del centrosinistra sarebbe dovuta essere Anna Maria Busia (NELLA FOTO IN ALTO) del Cd. Che invece, ancora prima del voto, è stata bruciata dai veti incrociati mossi da alcune correnti del Pd e da diverse frange della coalizione. Vista l’aria pessima, la consigliera ha rinunciato anche se poi nell’urna saranno comunque in tre a votarla. Per uscire dall’imbarazzo, in serata, Lai è ritornato a essere una prima scelta, nonostante pare fosse pronto a farsi da parte. Così, con appena 19 voti su una trentina che avrebbe avuto a disposizione – tra l’altro saranno due in meno rispetto a chi è stato eletto anche lui a sorpresa per la minoranza, Ignazio Locci – il vicepresidente uscente è stato riconfermato. Un pasticcio molto simile è capitato con elezione dei questori: hanno vinto, nell’ordine, Fabrizio Anedda (28 voti, Sinistra sarda), candidato ufficiale del centrosinistra, Alessandro Unali, 25 , anche lui di Sinistra sarda, ma scaricato da una parte dell’alleanza, e Giorgio Oppi, 22, dell’Udc. A essere bocciato è stato l’uscente Pier Mario Manca, indicato dal Partito dei sardi e punito perché ormai il movimento fondato da Paolo Maninchedda pare essere finito nel mirino, a torto o ragione, di molti alleati. È invece filata via liscia l’elezione del primo segretario d’aula, con la conferma di Daniela Forma del Pd. Però è quanto accaduto dopo il voto ad aver reso ancora più complicata una crisi politica cominciata giorni fa con le dimissioni di due assessori l’uscita dalla maggioranza dei Rossomori e quel rimpasto in Giunta ora caotico.
L’accusa. A prendersela più di tutti per quanto era accaduto in Consiglio è stato il deputato Roberto Capelli dell Centro democratico. Da Roma, nel mezzo del voto di fiducia al governo Gentiloni, ha lanciato saette su saette. Per cominciare: entro poche ore il Cd deciderà se restare in maggioranza, perché «è intollerabile il trattamento cui è stata sottoposta la consigliera Busia». Tutti sono colpevoli, secondo il deputato: dal Pd, per aver accettato in silenzio il ricatto del Partito dei sardi, che – testuale – «ha posto un veto ad personam sull’elezione di una donna». Non è finita. Dopo aver annunciato di aver sollecitato al segretario del partito, Nicola Selloni, «una riunione immediata della direzione regionale», Capelli è andato oltre. «È questa la goccia che fa traboccare il vaso – ha detto – perché il veto del Pds – da lui ribattezzato con rabbia il Partito dei soldi – è la brutale risposta al mio post in cui denunciavo la sospetta velocità di un concorso per infermieri all’Asl di Oristano, dov’è commissario chi sta vicino, guarda caso, al Pds». È stata una ripicca consumata per interposta persona, la conclusione di Capelli, che ha inviato Lai a dimettersi «se ha dignità». La replica del capogruppo del Pds, Gianfranco Congiu, è stata forte: «Capelli vaneggia e non conosce i fatti». Come se non bastasse, in un’intervista al sito «Fuoripagina», il leader dei Rossomori Gesuino Muledda è ritornato alla carica: «Pigliaru, in nome di una presunta superiorità, non dialoga con chi l’ha eletto. Poi ci sono ancora gli assessori Maninchedda e Paci: fra i due non saprei chi scegliere, in negativo intendo». Ormai il centrosinistra è oltre la crisi politica: è affogato in una crisi di nervi. L’unica nota simpatica, questa: Gavino Manca (Pd) s’è conquistato sul campo e grazie a Luca Pizzuto (Sel) il titolo onorifico di ministro. Perchè? Per la sua vicinanza con un neo vero ministro: Luca Lotti allo Sport.
(Da "La Nuova Sardegna")
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