domenica 8 ottobre 2017

LA MORTE DI ALDO BISCARDI (08/10/2017)

Di Giampaolo Carboni.


E' morto stamane a Roma Aldo Biscardi (NELLA FOTO IN ALTO), giornalista e conduttore televisivo noto per l'ideazione e la conduzione del programma televisivo "Il processo del Lunedì". Ne dà notizia la famiglia all'Ansa. Nato a Larino, in provincia di Campobasso, Biscardi avrebbe compiuto ottantasette anni tra poco più di un mese essendo nato il 26 novembre del 1930. Il 'Processo del Lunedì', lanciato nel 1980, è stata una delle trasmissioni calcistiche più popolari della televisione italiana, una formula inedita che ebbe un successo straordinario puntando sull'uso 'processuale' della moviola. Biscardi ne assunse anche la conduzione dal CONTINUA A LEGGERE QUI

FATE PACE:COS'ERA IL PROCESSO DI BISCARDI

Di Xavier Jacobelli.


La presa della caviglia è stretta. “Stai qui, non andartene, dai. Fate la pace”, borbotta sottovoce, chinandosi sotto il tavolo mentre la telecamera guarda altrove. Sibilo: “Non ci penso nemmeno. Molla la caviglia. Mi alzo e me ne vado, quando è troppo e troppo”. E lui: “Va beh, vuol dire che la pace la farete lunedì prossimo. In diretta, naturalmente”. Ieri, quando ho saputo che Aldo se n’era andato, ho ripensato a quella volta, la prima e unica che l’ho piantato in asso, in diretta, al Processo. La discussione con Maurizio Mosca era andata sopra le righe, in un crescendo biscardiano che aveva mandato in brodo di giuggiole il padrone di casa. Ma noi no, salvo poi chiarirci le idee e tornare a baccagliare in quella che l’eponimo chiamava amabilmente “la più bella gabbia di matti della tv”. 

LA REGOLA. Gocce di memoria piovono copiose, adesso che lui è lassù, con Maurizio, suo grande amico; Gianni Brera, Ezio De Cesari, Gianni Agnelli, Giulio Andreotti, Sandro Pertini, Vladimiro Caminiti, Gianmaria Gazzaniga e il battaglione di tutti gli altri ospiti del Processo, occasionali o stanziali, che l’hanno preceduto alle porte del cielo. Ai quali, riabbracciandoli, è presumibile abbia reiterato la regola della casa: “Non parlate tutti insieme, al massimo tre alla volta, sennò a casa non capiscono nulla”. 

“ABRAHAMOVIC”. Trentotto anni fa, Biscardi ha portato il bar dello sport in tv con un’intuizione geniale e terribilmente anticipatrice del calcio social. Oggi, se soltanto ne avesse avuto il tempo, adattando alla Rete la sua pallonara commedia dell’arte, avrebbe firmato un record di indicizzazione su Google, dopo avere stabilito il primato del Guinness con la trasmissione più longeva nella storia della tv. Biscardi ha rivoluzionato il lessico del telecalcio, fra battute icastiche, gaffe proverbiali, gag e crasi fulminanti (leggendario il suo “Abrahamovic”, nato dalla fusione di Abramovich e Ibrahimovic), temerarie scelte tricologiche e implacabili intuizioni cronistiche. Perché, prima di tutto, Aldo è stato un grande giornalista, nell'accezione etimologica del termine. Un infallibile rabdomante dei gusti del pubblico, uno che cinque minuti prima di andare in onda, alla bisogna stravolge la scaletta del programma facendo impazzire Elisabetta Copetti, la sua storica, bravissima assistente; Antonella e Maurizio, figli, eredi e divertiti complici dei guizzi dell’irrefrenabile padre. Maestro nella moltiplicazione delle telefonate in arrivo per i sondaggi (“Ne abbiamo ricevute centomila in pochi minuti”, il tormentone preferito), quando ancora i like sono di là da venire. Acceleratore spaziale delle bombe di mercato, la cui esplosione ama anticipare prima della pausa pubblicitaria (“Così il pubblico non ci molla”). Sornione confezionatore di confronti senza rete. Come quando, inizio d’anno ‘88, Sacchi è in bilico sulla panchina del Milan. Il Corsport titola in prima pagina: “Arrigo resta”; un altro giornale sostiene l’opposto. Il lunedì, in diretta, Aldo affianca le due tesi l’una accanto all’altra, chiama Berlusconi e gli chiede: presidente, chi ha ragione? Silvio ribatte: chi ha scritto che Sacchi resta? E Aldo: “Il Corriere dello Sport”. Berlusconi: “Allora è vero”. Eppure, con il Cavaliere non sono tutte rose e fiori. Sempre in diretta, è il ‘93, a proposito delle sue deposizioni spontanee rese al giudice Maria Teresa Cordova nell'indagine sull'applicazione della legge Mammì, Berlusconi gli urla furibondo al telefono: “La vostra è una trasmissione ignobile. Io mi sono stufato di certi nipotini di Stalin... Il vostro è un programma ignobile... professionisti della mistificazione”. Aldo incassa il colpo. Imperturbabile, ribatte: “Presidente, la cassetta! Si riguardi la cassetta”.
TELEPIU’. L’altro tuona, Aldo gongola, l’audience vola. Poi un giorno, lui strizza l’occhio e ti racconta: “Con Silvio è tutto a posto. Ci vogliamo bene, così bene che non soltanto mi ha fatto fare tanti sgub al Processo. Quando ho lasciato la Rai e sono passato a Telepiù mi hanno ricoperto d’oro: sono sicuro che il merito sia stato anche suo...”. E’ a Telepiù, all’epoca semiclandestina neonata emittente satellitare, che Aldo trasferisce il bagaglio del Processo, prima del passaggio a Tmc di Vittorio Cecchi Gori, poi La7 di Tronchetti Provera. Il terrore di Biscardi è proprio Cecchi Gori: non perché sia il suo editore, ma perché, in quanto presidente della Fiorentina, a volte, il lunedì sera, chiama mezz'ora prima della messa in onda annunciando uno dei suoi torrenziali interventi. Aldo abbozza. E confida: “Con tutto il rispetto, se Vittorio parla per cinque minuti va bene, se la tira lunga diventa uno sfollagente”. 

LA MOVIOLA. Ho frequentato per molti anni il Processo e mai una volta Aldo si è permesso di mettere becco in ciò che dicevo. Soprattutto quando attaccavo il Palazzo e gli uomini del Palazzo gli rompevano le scatole perché mi lasciava libero di dire ciò che pensavo. Lui se n’è sempre fregato. La battaglia per la moviola in campo è stata la sua campagna più importante e la sua più grande vittoria. Ora goditela, Aldo. E’ tutta tua.

(Da "Il Corriere Dello Sport" del 09/10/2017)

LO CRITICAVANO PERO' TUTTI VOLEVANO ANDARE DA LUI


Da perfetto uomo di televisione qual era, ha scelto naturalmente il momento giusto per uscire di scena, una domenica mattina. Così, i giornali hanno avuto tutto il tempo per ricordarlo oggi come merita, le radio e le tv hanno subito cominciato a farlo ieri, mentre il web ha macinato la memoria in tempo reale. Già, il web. I social e il calcio sui social. In fondo, a modo suo e con il suo inconfondibile stile, Biscardi ne era stato l’ignaro precursore, quasi quarant’anni fa, quando portò il bar dello sport in tv e fece la rivoluzione del calcio parlato, consegnandosi al Guinness dei primati e alla storia stessa della Rai, in primis, della tv dello sport tutta. In morte di Aldo, s’impone rifuggire dalle agiografie nella stessa misura in cui biasimare le odiografie. Le une e le altre sono due esercizi sterili, vacui, improvvidi. Sebbene, conoscendo il tipo, è presumibile che lassù, in compagnia di Vladimiro Caminiti, Gianmaria Gazzaniga, Maurizio Mosca, Ezio De Cesari e tutti gli altri, Biscardi stia spulciando la rassegna stampa per vedere l’effetto che fa. Con un occhio di particolare riguardo per i telecriticonzoli che hanno costruito le loro effimere fortune mettendolo sistematicamente alla berlina, salvo impetrare una comparsata in tv. La forza di Aldo è che se n’è sempre cordialmente infischiato degli strali di chi ironizzava sulla sua capigliatura. O sul suo inconfondibile accento molisano, di cui menava orgogliosamente vanto. O sulle gag, a volte improvvisate, altre meditate, altre ancora escogitate per fulminare Nostra Signora dell’Audience. “Parlate di me, purché ne parliate”, amava ripetere, forte di una popolarità e di un successo senza limiti e confini. La verità è che, prima di tutto, Biscardi è stato un Signor Cronista. Un Giornalista vero. Un Segugio della Notizia e le maiuscole s’impongono a fronte dei troppo lillipuziani che infestano il mestiere, ai copia e incolla che pullulano in Rete, ai portagelato che a Biscardi non avrebbero potuto manco accendere un microfono. E non soltanto perché Aldo prese il posto di Antonio Ghirelli come capo delle pagine sportive di Paese Sera o perché, nel 1979, pubblicò Il Papa dal volto umano, a cura di e con Luca Liguori, prefazione di Giovanni Spadolini e unica intervista concessa da Giovanni Paolo II. Biscardi, sapeva fiutare quali fossero gli argomenti che interessassero il pubblico assecondandone umori e passioni, polemiche e discussioni. E’ stato un Unicum. Tutti i tentativi di imitazione sono falliti, naufragati nel becerume degli aspiranti cloni che, inutilmente, hanno cercato di emularlo, intaccando al tempo stesso la credibilità di quei giornalisti diventati tifosi facendo finta di essere ancora giornalisti. Mentre Aldo levava i pollici verso l’alto, consapevole che come lui non c’era nessuno. E non ci sarebbe stato mai.

(Da "Tuttosport" del 09/10/2017)


BISCARDI L'ULTIMO SALUTO MARADONA "AVEVA PASSIONE"


Il lunedì ha finito con l’essere il suo giorno. Destino. Riflettori spenti negli studi, il “Processo di Biscardi” non è andato in onda. Ieri pomeriggio invece si sono svolti a Roma, nella chiesa di San Pio X in Piazza della Balduina, i funerali del popolare giornalista, morto domenica a 86 anni. E a far sì che fosse un giorno triste ma comunque speciale ci ha pensato Maradona che su Facebook gli ha dedicato un pensiero. «Sono molto dispiaciuto per la scomparsa di Aldo Biscardi. È stato un grande uomo, un giornalista gran conoscitore di calcio, che infuocava la passione che portiamo tutti nel cuore. Un grande abbraccio a tutta la famiglia». Caparbio, energico, lungimirante. Lo ha ricordato così anche don Paolo, amico di famiglia (Biscardi lo volle con sé in una puntata di “Quelli che il calcio”), durante le esequie: «Aldo era il più battagliero, intelligente e creativo. Sapeva di essere preso in giro ma trasformava tutto questo in popolarità. Era la caricatura di se stesso e ne era consapevole, questa era la sua forza. Aldo è stato un padre per tutto il mondo del calcio». Erano in tanti, amici, colleghi ed ex colleghi, poi tra gli altri, gli attori Max Tortora e Max Giusti, al politico Maurizio Gasparri, l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, l’avvocato Carlo Taormina, e poi ancora i compagni di tante trasmissioni. «E’ il suo giorno, lunedì - ha ricordato romanticamente la figlia Antonella - papà era un burbero-ironico, un uomo che nella vita privata amava ridere e sorridere». Il figlio, Maurizio, ha sottolineato invece il più grande merito di suo padre, quello di aver iniziato “un modo nuovo di discutere del calcio in televisione. E’ stato un rivoluzionario come modo di proporsi in tv ed è stato poi copiato da tanti”. C’era anche l’ex presidentessa della Roma, Rosella Sensi: «Aldo era un grande amico di mio papà (l’ex patron giallorosso Franco Sensi, ndr), sono qui per questo», ha spiegato al suo ingresso. La sua parodia ha aperto le porte della televisione anche a tanti imitatori, come Max Tortora e Max Giusti: «Lui - il pensiero di Giusti - diceva che ero il suo imitatore per antonomasia, mi ha fatto aprire anche il suo ‘Processo’ nei suoi panni, un onore immenso per me. Ha spettacolarizzato il calcio quando il calcio era una cosa molto asettica. Il ‘biscardismo’ ci ha accompagnati per 30 anni della nostra vita».

(Da "Il Corriere Dello Sport" del 10/10/2017)

ADDIO A BISCARDI AL FUNERALE FOLLA DI POLITICI E ATTORI


Non è voluto mancare davvero nessuno nel giorno dell’ultimo saluto ad Aldo Biscardi. Il funerale del giornalista, morto domenica all'età di 86 anni, si è svolto ieri pomeriggio nella chiesa San Pio X a Roma, dove alla presenza dei familiari, tanti volti del giornalismo, della politica e dello spettacolo (ma nessuno del mondo del calcio) hanno voluto dare il loro addio a uno dei più grandi innovatori della tv italiana. 

TANTI AMICI E DIEGO Tra le personalità più importanti intervenute al funerale di Biscardi, anche l’ex presidente della Roma Rosella Sensi, che ha sottolineato come ad andarsene sia stato «un caro amico di mio padre». Con lei anche i suoi storici imitatori Max Tortora e Max Giusti e alcuni tra i più noti giornalisti sportivi, da Mazzocchi a Goria che con lui hanno lavorato in Rai. In prima fila anche il senatore Maurizio Gasparri,l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e l’avvocato Carlo Taormina, fino a poco tempo fa ospiti fissi del «Processo». Anche Diego Maradona, dall’Argentina, ha voluto rendere omaggio a Biscardi: «Sono dispiaciuto per la sua scomparsa: è stato un grande uomo, un gran conoscitore di calcio, che infuocava la passione che portiamo tutti nel cuore», ha scritto su Facebook.
Dal "Guerin Sportivo" di dicembre 2017


BISCARDI HA INVENTATO LA TIVVÙ “POPPOLARE” 

Egregio dottor Cucci, mi ha colpito la notizia della morte di Aldo Biscardi, mio illustre corregionale. Era un personaggio incredibile, con il suo Processo portò la leggerezza in un calcio che si riteneva troppo serio. Mi divertivo a seguire quel “bar sport” in versione televisiva che coinvolgeva anche politici importanti, dal presidente Pertini ad Andreotti, che si calavano nei panni del tifoso comune. Ricordo anche la querela degli arbitri che finì in una bolla di sapone e la battaglia della moviola che Biscardi ha vinto proprio nei giorni finali della sua vita. Lei lo ha conosciuto bene, ci racconti qualche aneddoto. 

Paolo Monticelli - Campobasso


Aldo ha inventato il talk show sportivo, disseminando allievi e imitatori in tutte le tivù che fingevano di scansarlo. Ha lasciato alla Rai e Sky i suoi “figli” migliori. Ha inventato anche me, chiamandomi per oltre vent’anni al Processo dal ’79, quando ero direttore del Guerin Sportivo, aggiungendo un valore multimediale all’attività di giornalista della carta stampata, secondo infelice definizione; l’ho seguito in tutti i suoi trasferimenti televisivi, esclusi gli ultimi: avevo chiuso all’Alba dei Duemila quando mi accorsi che un collega dallo studio di Milano - io ero a Roma - chiamò “direttore” e gli rispose Moggi da Torino. Restammo tuttavia amici. “Forever” - diceva lui. E io “denghiu”. Naturalmente ha dato luce a tanti altri giornalisti che han finto talvolta di non conoscerlo e hanno assecondato la facile storiografia di un personaggio discusso da critici televisivi di professione odiatori, maestri degli odiosi haters disse minati nei social. Dire, ad esempio, che il top del successo biscardiano sia stato la nascita dell’indefinibile Var da lui invocata come “moviola in campo” significa disconoscere le sue grandi capacità professionali riconosciute dal popolo televisivo come dal Guinness dei Primati, e la forte ironia che lo portava a fingersi incolto e smargiasso quando in realtà aveva buona cultura e grande generosità. Alla faccia degli ipocriti che lo attaccavano sperando di essere invitati. Gli dicevo sempre “attento, il giorno che arriva la moviola in campo il tuo Processo è finito”, e lui rideva: ci credeva meno di me ma cavalcava l’onda amica. Portò al Processo protagonisti che spesso avevano solo bisogno di guadagnare e di sopravvivere o imporsi all’attenzione di un direttore nemico. Se si impantanò con qualche club potente (nonsoloJuve), lo fece perché ne considerava il seguito popolare, potenziale superascolto della sua trasmissione. E non ne faceva mistero. A me chiese raramente di parlare del “mio” Bologna (“non gliene frega niente a nessuno”) e toppò una sola volta, quando rifiutai di attaccare Bearzot e lui mi battezzò bearzottiano ad honorem, sfottendomi platealmente. Così, quando col Guerino vincemmo il Mundial ’82, lui non fece una piega: ”Con le mie critiche ho svegliato Bearzot e l’Italia”. Era così, felicemente appagato da una eccezionale e insolita popolarità. Un giorno - imitando il vecchio Ezio De Cesari - mentre attraversavamo Piazza San Marco per andare a votare l’Atleta dell’Anno Diadora - e qualcuno cominciò a insultarlo, lui rispose muovendo la mano a mo’ di benedizione, come fosse il Patriarca, poi si voltò verso di me e disse, con un sorriso grande così, “Italo, so’ poppolare”.

© Riproduzione riservata.

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