sabato 18 novembre 2017

GIGI RIVA E IL CAGLIARI UN AMORE SENZA FINE (18/11/2017)

Da "Guerin Sportivo".

Serve forse per capire come una persona scelga la squadra del cuore, in questo caso io oggi ho 55 anni, e all’ età di 7 anni scelsi il Cagliari. Vi assicuro di una cosa: di quella sceltanon me ne sono mai pentito, e ancora oggi quando vedo o sento qualunque cosa che riguarda la mia squadra provo un’ emozione che sinceramente non trovo le parole per descriverla Sono nato a ROMA, e non ho nessuna parentela nemmeno lontana con la Sardegna, e da piccolo giocavo nella squadra di calcio dell’oratorio vicino dove abitavo, divenni tifoso del CAGLIARI quando avevo 7 anni, e cominciavo a capirci qualcosa di calcio. Quell’anno, 1969, il Cagliari arrivò secondo in campionato alle spalle della Fiorentina. La stagione seguente, 1969-70, vinse il glorioso scudetto, io avevo 8 anni e i miei fratelli più grandi per farmi contento mi portarono allo stadio Olimpico a vedere la squadra sarda che giocava contro la Roma. Mi ricordo ancora l’emozione nel vedere dal vivo quella fantastica squadra, con tutti i suoi grandi giocatori, mi ricordo anche che quando entrò in campo GIGI RIVA tantissima gente cominciò a urlare il suo nome, a cominciare proprio dalle mie due sorelle, sembravano impazzite. Io penso che non erano tutti tifosi del Cagliari, ma credo che anche tanti tifosi della Roma, urlassero il suo nome: sono momenti, attimi, emozioni che quando li provi che sei bambino ti rimangono scolpiti nel cuore per tutta la vita. Quell’anno il Cagliari conquistò il titolo e io sul mio balcone di casa (ripeto, a Roma), scrissi con la vernice a caratteri grandi “FORZA CAGLIARI”. Con i punti delle figurine Panini, riuscii a prendere il completo di calcio rossoblù, quello con la striscia trasversale: lo mettevo tutti i giorni per giocare all’oratorio. Forse con queste storie vi sto annoiando, ma il Cagliari è rimasto scolpito nel mio cuore, ho letto tutto quello che c’era da leggere su questa squadra e tutti i libri su Gigi Riva, addirittura per un periodo cercai di memorizzare tutti i risultati del Cagliari, di dieci campionati, avevo pensato di poter partecipare a qualche quiz per far conoscere di più la mia squadra del cuore. Quando uno parla di quei tempi, di tutte le partite in nazionale di Riva, sulla bocca appare immediatamente un sorriso e nel cuore una palpitazione, sono sensazioni che non riesco neanche a spiegarvi. Ho ancora nelle orecchie la voce di Nando Martellini che quando commentava la nazionale diceva: “RIVA, RIVA... GOOOOOOOOOOL”. Mi ricordo i due brutti infortuni di Gigi, con l’Italia, lui ne usciva sempre da grande uomo. Mi ricordo i tanti abbracci dopo un gol tra Riva, Domenghini, Bobo Gori. Non posso scordare la famosa partita ItaliaGermania 4-3, in cui Riva segnò il terzo gol dell’Italia. Grazie Gigi, perché mi hai donato molti insegnamenti, sei stato per me un modello di vita. Grazie, ancora per tutte le emozioni che mi hai dato tu giocando nella mia squadra del cuore, le hai date a un bambino di Roma che giocando all’oratorio ogni volta che faceva gol ti pensava e aveva nel suo cuore solo due colori, il rosso e il blu. Ciao e per sempre FORZA CAGLIARI.. Ma intanto Il 7 novembre è il compleanno di Gigi e non voglio fare i soliti sermoni, le solite melasse, voglio solo raccontare un piccolo ma per me indelebile ricordo... Roma, una sera di novembre del 2007, era buio e nei pressi di Via Po, io passavo di lì dopo il lavoro, vedo un uomo con alcuni fogli sotto un braccio. erano circa le 18.30, lì vicino c’è la sede della Federcalcio. Mi sembrava di intuire che era lui, il mio cuore batteva a mille, non sapevo cosa fare, pensavo di disturbarlo, di dargli fastidio ma non potevo non parlagli. Allora mi sono fatto coraggio e gli ho detto: «Buonasera, ma sei tu il mio MITO VIVENTE?». Lui si spostò un poco gli occhiali . «Dimmi». E io risposi: «Posso distubarti solo per pochi minuti per dirti quello che tu hai rappresentato nella mia vita?». Non so quanti minuti ho parlato, vedevo che lui mi guardava assorto, non vorrei sbagliarmi ma ho intravisto nei suoi occhi un velo di lacrime. Alla fine di tutto il mio discorso mise i fogli in una tasca del cappotto e ci siamo stretti in un lungo e forte abbraccio. Gigi, ti auguro tutto il bene del mondo. E che il Signore ti benedica.

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Miodio, può sembrar eccessiva questa dichiarazione d’amore per Gigi, eppure il nostro Cittadino Poeta è solo uno che non si nasconde e confessa un’ammirazione sconfinata per un vero eroe dei campi verdi che ha strappato encomi solenni, epinici grandiosi o semplici cronache emozionate anche ai grandi della penna, Gianni Brera per primo, che potè chiamarlo - lui solo sapeva - Rombo di Tuono. Ho seguito Gigi da Leggiuno fin dai primi giorni di Cagliari, soffrendo per non poter scrivere di lui quel che sentivo perché toccava ad altri la felice incombenza. Poi venne il mio turno, ma era già scritto tutto. Potei solo esternare un grande dolore quando in Austria-Italia nel ’71, difendendo un pallone fuori area, il terzino Norbert Hof lo investì da dietro, gli prese la gamba destra a forbice e gli procurò la frattura del perone destro e il distacco dei legamenti, come tre anni prima col Portogallo. Formidabile la sintesi di Brera sul Guerin: “HOF, IL BOIA DEL PRATER”. Il Cagliari giocava la Coppa dei Campioni, senza Gigi uscì presto dal torneo. Ricordo il ritorno del match contro l’Atletico, a Madrid. Trascorsi la vigilia a Toledo con Giovanni Arpino, parlammo a lungo di Gigi e di calcio, gli ricordai l’articolo di Brera sull’incidente di Vienna e lui “Vieni, andiamo a far visita a Dominikos Theotokopoulos, El Greco. Ti piacerà...”. Poi litigammo. Ma questa è un’altra storia...

Italo Cucci

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