Di Giampaolo Carboni.
Licio Gelli era ovviamente visibilmente scosso. Aveva i capelli in disordine e l' abito grigio decisamente spiegazzato. Il volto mostrava i segni dei malori che lo colpirono durante tutta quella giornata. Era pallido e respirava a fatica. Maria Grazia (NELLA FOTO IN ALTO), la figlia prediletta, era clinicamente morta, vittima di un pauroso incidente stradale avvenuto durante la notte tra il 20 ed il 21 giugno 1988. E quando l' ex capo della P2 varcò la soglia dell'unità di rianimazione dell' ospedale fiorentino di Careggi, alle diciotto e dieci di un afoso martedì, trattenne a stento le lacrime. Era lì per una firma d'altronde, per autorizzare l' equipe diretta dal professor Aldo Bolletti a prelevare il cuore ed i reni della figlia. Licio Gelli entrò nel reparto ma riuscì a malapena a scrivere. Un amico gli resse il braccio mentre siglava i documenti che consentirono l' espianto. Poi gli venne controllato il cuore. Non era grave ed infine tornò lentamente a casa scortato da un nugolo di agenti. Era una firma pesante, una decisione difficile che solo lui poteva prendere anche se tutta la famiglia era d' accordo, raccontò Luciano Donnini, marito separato di Maria Grazia Gelli. La paziente era morta clinicamente già a mezzogiorno di quel giorno spiegò il professore Bolletti l' encefalogramma era infatti piatto. Per dodici ore, come prevede la legge, il cuore di Maria Grazia Gelli continuò ad ogni modo a battere grazie a sofisticate apparecchiature. A mezzanotte una commissione medica ha concesso il nulla osta. Poi è cominciato l' espianto. Se non ci saranno intoppi il cuore di Maria Grazia Gelli sarà trasportato a Pavia ed all' alba del 22 fu effettuato il trapianto. I reni andarono a Pisa. Non fu invece possibile far uso delle cornee. Il volto di Maria Grazia Gelli, che aveva trentadue anni, aveva infatti subito un trauma violentissimo al momento dell' incidente. Probabilmente era morta per salvare la vita al figlio più piccolo, Andrea di quattro anni, che aveva tra le braccia quando è avvenuto il tamponamento. Gli ha fatto scudo con il corpo. Maria Grazia Gelli stava rientrando a Firenze dopo una breve vacanza sulla riviera adriatica. Era insieme ai due figli, Andrea e Alessio, di sette anni, ed alla baby sitter, una giovanissima ragazza finlandese, Sary Makkonen, anche lei deceduta. Il gruppo era a bordo di una Mercedes 560Sec guidato da un amico, Giovanni Fabbri, quarantasette anni, imprenditore di Forlì. L' auto, potentissima, viaggiava a velocità sostenuta. Poco dopo la mezzanotte, a quattro chilometri dall' uscita autostradale di Calenzano, Fabbri aveva tamponato un autocarro. La parte destra della Mercedes urtò il rimorchio del pesante mezzo guidato da Angelo Linigiari, ventisei anni, originario della provincia di Frosinone. I soccorsi furono immediati anche perché un Alfetta della polizia stradale transitava casualmente sulla corsia opposta. Nel giro di un minuto gli agenti raggiunsero il punto in cui era avvenuto l' incidente ma poterono fare ben poco. La Mercedes era semidistrutta, la fiancata divelta. La ragazza finlandese, una au pair arrivata in Italia sei mesi fa, era morta sul colpo. I bambini che non ebbero alcuna conseguenza eddd il Fabbri vennero portati all' ospedale di Torregalli. Le condizioni di Maria Grazia Gelli invece apparvero subito disperate tanto che fin da quella mattina si diffuse la notizia della sua morte. A quanto pare poco dopo le nove venne anche inviato un fonogramma al Ministero dell' Interno. Fu un piccolo giallo nel contesto di tutta questa storia. La Gelli in realtà era ancora in vita, stava lottando e soltanto a mezzogiorno venne dichiarata clinicamente morta. Licio Gelli apprese la notizia direttamente dal primario dell'unità di rianimazione. Era seduto davanti al reparto, circondato dagli altri figli, Raffaello, Maurizio e Maria Rosa, subito accorsi a Firenze, turbato e nervoso. Della tensione fecero le spese gli operatori della Rai (sciacalli, delinquenti, non avete pietà, disse Gelli) ed un fotografo che l' aspettava nel corridoio dell' ospedale. Gelli lo strattonò, strappandogli la macchina fotografica che gettò a terra, distruggendola. Sorse poi un gran parapiglia con l'intervento dell'altra figlia di Gelli, Maria Rosa, che riuscì a portar via il rullino con le immagini impresse. La morte di Maria Grazia fu certamente un brutto colpo per il Venerabile maestro. Era attaccatissimo a questa figlia che per il padre era disposta a correr qualsiasi rischio. Maria Grazia Gelli nel 1982, mentre il capo della P2 era latitante, venne infatti fermata all'aeroporto di Fiumicino con un pacco di documenti compromettenti. Fu questo un episodio per il quale era ancora pendente un procedimento. Maria Grazia Gelli era accusata di concorso in calunnia con il padre, il materiale infatti era fasullo. Non è l' unica volta che Maria Grazia è salita alla ribalta delle cronache. Nell'aprile del 1985 la Digos perquisì il suo appartamento fiorentino dove venne sequestrato un cofanetto con le schede di una settantina di piduisti. Nel gennaio del 1987 la donna aveva ricevuto una comunicazione giudiziaria per detenzione di sostanze stupefacenti. Successivamente era stata prosciolta e da qualche mese aveva riottenuto nuovamente il passaporto. Ma del procedimento del giudice Cudillo non era preoccupata, disse il marito da cui s' era separata un paio d' anni fa per incompatibilità di carattere. La coppia era però rimasta in buoni rapporti, ottimi tanto che Luciano Donnini disse anche allora di Licio Gelli: lo considero una brava persona, lo stimo, indipendentemente dalle vicende giudiziarie. Io non sono un giudice. E nell' abitazione fiorentina della coppia, in via Lorenzo il Magnifico, dove ancora viveva Maria Grazia, s'è rifugiato Licio Gelli rimanendo in silenzio per tutto quel pomeriggio. Piangeva, aveva i pantaloni bagnati dalle lacrime disse uno dei familiari mentre rifletteva sulle proposte di espianto del professor Bolletti. Al silenzio dell' ex capo si contrapponeva la disperazione della moglie, la signora Wanda, che diede il nome a una villa ormai fin troppo famosa. Maria Rosa invece rimase in ospedale con i figli di Maria Grazia usciti incolumi dall' incidente. Andrea e Alessio lasciarono l'ospedale nel giro di pochi giorni. Fabbri ebbe pochissime ferite. La prognosi fu di venti giorni. Completamente incolume il conducente dell' autocarro. Il 22 dopo l' espianto ci fu la necroscopia mentre i funerali si svolsero ad Arezzo il 23.
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