sabato 7 luglio 2018

LA MORTE DI SANDRO CIOTTI (18/07/2003)

Di Giampaolo Carboni.

La voce del calcio per eccellenza si è spenta, Sandro Ciotti (NELLA FOTO IN ALTO) è morto questa mattina a Roma. Il cronista principe, insieme ad Enrico Ameri, di "Tutto il calcio minuto per minuto" se n'è andato a settantaquattro anni (era nato sempre nella Capitale il 4 novembre 1928) dopo una lunga malattia. La sua voce roca mancherà a intere generazioni di italiani, a tutti quelli che avevano il pallone nel cuore o nella testa. Sandro Ciotti, dal 1958 anno in cui entrò in Rai e fino agli ultimi collegamenti a Radio Anch'io passando per la Domenica Sportiva e decine di eventi sportivi è stato "The Voice" versione italiana, non bravo come Sinatra a cantare (come lui avevo però un'immensa passione la musica, lo testimoniano i reportages su quaranta edizioni del festival di Sanremo) ma era il più bravo a narrare le imprese degli eroi del calcio. Quello in particolare degli anni Sessanta e Settanta, il calcio genuino delle passioni senza violenza, dello sberleffo ironico, dei grandi del pallone, delle "bandiere" da Mazzola a Rivera, a Gigi Riva. Un calcio che, a differenza di ora, più che per immagini era raccontato dalle voci dei cronisti della radio. I primi gol si vedevano in tarda serata e fino ad allora le partite si potevano solo immaginare in base ai racconti dei cronisti della radio di cui Sandro Ciotti era il principe. Ciotti il calcio non solo lo raccontava, prima di tutto lo amava. Era una delle sue grandi passioni, assieme allo scopone e alla musica. Gli piacevano molto anche le donne ma, come un altro romano 'doc' come lui, Alberto Sordi, non aveva mai voluto saperne di sposarsi. Come padrino di battesimo, e lo ricordava con orgoglio, aveva avuto Trilussa, ma invece di mettersi a fare il poeta da ragazzo suonava il violino, aveva già il pallino del giornalismo e giocava nelle giovanili della Lazio, unica squadra della sua carriera calcistica assieme all'Ancona. La voce aveva preso quel timbro così roco e caratteristico dopo quattordici ore consecutive di diretta sotto la pioggia, durante le Olimpiadi di Città del Messico nel 1968. E gli era rimasto appiccicato addosso, facendo di lui il simbolo di trent'anni di calcio radiofonico e poi anche televisivo, quando aveva per cinque anni, fino al 1991, condotto la Domenica Sportiva. Dal teleschermo era diventato anche l'esempio per chi, come lui, non voleva saperne di riporre nell'armadio le camicie con il 'collettone' stile primi anni settanta, quelle che sono tornate di moda adesso che Ciotti se n'è andato. Era stimato da tutti Ciotti, compresi i fuoriclasse amanti dei silenzi stampa e quelli dalla vita disordinata. Quando Johan Cruijff, che ancora giocava, disse sì al progetto di film sulla sua vita calcistica pose solo una condizione: che la regia fosse affidata a Sandro Ciotti, "il miglior giornalista sportivo che ho mai conosciuto". Ne venne fuori "Il Profeta del gol", gemma del genere filmistico-documentario e ulteriore testimonianza di cos'era capace di fare quel signore che ha fatto diventare giornalisti sportivi tanti di quei bambini che sognavano d'imitarlo. Per essere accanto a lui a Milano, in una puntata della Domenica Sportiva, Diego Maradona, che glielo aveva promesso, sfidò scioperi aerei, nebbia impenetrabile e limiti di velocità, e alla fine riuscì ad arrivare. Non era ancora l'epoca del gettone di presenza, al Pibe de Oro come ricompensa bastò essere lì accanto alla Voce di Tutto il Calcio, il cantore di quando il calcio era ancora sentimento. Adesso il campionato è fatto soprattutto di veleni ma Ciotti fino a poco tempo fa, quando ancora interveniva a Radio anch'io lo Sport del lunedì mattina, per un attimo riusciva a far dimenticare movioloni, processi agli arbitri e storie al nandrolone. Sentendo quella voce sembrava che il pallone tornasse ad essere solo uno sport.

© Riproduzione riservata.

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