Il processo per il duplice omicidio di Orune e Nule è lungo e tortuoso. Tortuoso come iltentativo di ricostruire il percorso fatto la sera dell’8 maggio del 2015 da Alberto Cubeddu (NELLA FOTO IN ALTO), il giovane di Ozieri accusato di aver ucciso lo studente orunese Gianluca Monni e di aver fatto scomparire Stefano Masala. E che non può essere supportato dai tabulati telefonici ma può fare affidamento solo sulla testimonia del super testimone Alessandro Taras. A certificare che le informazioni sul traffico dati acquisite dai cellulari non possono essere considerate attendibili,una comunicazione della Vodafone. Il documento, sfoderato dai difensori di Cubeddu, è stato acquisito dalla Corte di assise di Nuoro presieduta da Giorgio Cannas. La questione riguarda un aspetto squisitamente tecnico. E potrebbe apparire di scarsa rilevanza se non fosse che, per ricostruire il percorso che venne fatto la sera in cui, secondo quanto sostenuto fin dal primo momento dall'accusa, Cubeddu si disfò della macchina di Masala utilizzata al mattino per l’agguato mortale a Gianluca Monni, occorre rifarsi esclusivamente alle dichiarazioni del supertestimone. E la strategia difensiva è chiara: erodere, udienza dopo udienza, l’attendibilità di Alessandro Taras. Minarne la credibilità, insinuare il dubbio sulle reali motivazioni che lo hanno spinto a rilasciare le dichiarazioni che hanno inchiodato Cubeddu. Cosa che i difensori hanno cercato di fare sin dall'inizio del processo. Obiettivo perseguito anche quest'oggi, nel corso del contro esame del carabiniere del Nucleo operativo di Nuoro che ha indagato sul duplice delitto. Patrizio Rovelli prima, Mattia Doneddu poi, i due avvocati a capo del collegio difensivo messo in campo con l’obiettivo di scagionare il giovane ozierese hanno incalzato il militare. «È vero, l’informativa inviata in Procura è stata superata da quanto è emerso in dibattimento» ha ammesso il testimone in mattinata. Lo scontro tra le parti (da un lato la difesa, dall’altro gli avvocati di parte civile Caterina Zoroddu, Rinaldo Lai, Angelo Magliocchetti, Antonello Cao e Margherita Baragliu e il pm Andrea Vacca) ha scos- so l’aula anche nel pomeriggio. Le dichiarazioni di Taras, tuttavia non sono le uniche in questo processo. Ancora una volta è emerso il ruolo che il cugino di Cubeddu avrebbe avuto nei delitti. Paolo Enrico Pinna, all’epoca dei fatti minorenne poi condannato a 20 anni di carcere dal tribunale dei minori di Sassari in due gradi di giudizio, è comparso a più riprese nella testimonianza. Prima della difesa era toccato alle parti civili chiedere chiarimenti e delucidazioni sulle attività d’indagine al carabi- niere. Ancora una volta sono le intercettazioni a campeggiare in aula come quella intercorso tra il Pinna e la madre sulla pistola che Monni la sera delle Cortes Apertas gli strappò di mano. «In una conversazione tra i due – ha detto il carabiniere – si sente: hai visto che fine ha fatto chi mi ha preso l’arma». L’episodio di Orune starebbe alla base del disegno omicida di Pinna che per consumare la vendetta si sarebbe fatto aiutare dal cugino.
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