31/10/1988:LA LIBERAZIONE
Giulio De Angelis (NELLA FOTO IN ALTO), cinquantasei anni, il costruttore romano rapito il 12 giugno scorso nella sua casa in Costa Smeralda la villa Lee è stato liberato poco dopo le diciannove e trenta in una località montuosa della Barbagia, Ortachis, tra i paesi di Bono e Benettuti. Le notizie sulle modalità del rilascio sono ancora frammentarie. La liberazione è stata comunque preceduta secondo una tecnica applicata in quasi tutti i rapimenti degli ultimi anni da uno scambio di ostaggi: uno degli emissari è stato trattenuto per alcuni minuti, probabilmente il tempo necessario a contare il denaro. Una cifra, secondo le prime informazioni, sui tre miliardi. Le condizioni di salute del rapito che è stato trasportato con un' autoambulanza ad Alghero sono state definite buone in relazione alla terribile esperienza affrontata (nel corso del sequestro, Giulio De Angelis avrebbe subito la mutilazione di un orecchio). Tuttavia, colto da malore in serata, il costruttore sarebbe stato ricoverato in ospedale. Le trattative sono state condotte da un avvocato e, secondo voci insistenti, da un noto esponente del banditismo sardo che non sarebbe né detenuto, né latitante. Quindi, una persona che ha scontato la pena o che è fuori dal carcere per qualche motivo procedurale. Ha anche tenuto i contatti coi banditi un sacerdote di Modena molto legato al mondo della Formula Uno: Giulio De Angelis è il padre di Elio, il corridore automobilista morto tre anni fa in un incidente durante una competizione. Il costruttore era stato rapito quattro mesi e mezzo fa, a tarda sera, nella località Piccolo Romazzino, proprio nel cuore della Costa Smeralda, poco distante dalle ville di Carlo De Benedetti e dello sceicco Jamani, già ministro del petrolio dell' Arabia Saudita. E non distante da Porto Rotondo dove, sempre la scorsa estate, il 4 agosto quattro banditi hanno fatto irruzione nella villa di Marta Marzotto che, per un caso fortuito, era assente. Un clichè classico quattro uomini mascherati, armati di fucili a canne mozze in uno scenario insolito: il bunker dei vip, una zona ritenuta inespugnabile. Come agì il commando Adesso che il costruttore è libero, gli inquirenti forse riusciranno a capire come abbia fatto il commando dei banditi a entrare nel territorio della Costa Smeralda, beffare polizia, carabinieri e vigilantes privati, restando per tre ore nella villa piena di ospiti, e infine raggiungere indisturbato i monti della Barbagia, gli stessi dove è avvenuta la liberazione. Un sequestro drammatico come tutti, ma segnato da una preoccupazione costante per le condizioni di salute del rapito. Giulio De Angelis, sofferente di cuore, già colpito da due infarti, è stato curato a distanza dal medico di famiglia che, con periodici annunci sui giornali sardi, ha aggiornato di volta in volta la terapia. Messaggi in codice, frasi comprensibili a pochi, sono apparsi molto spesso sulla stampa isolana. A partire dall'iniziale tentativo dei banditi di dare un manto di politicità al rapimento con un messaggio dal titolo le catene del passato. La Nuova Sardegna si rifiutò di pubblicare quel documento delirante, i De Angelis acquistarono mezza pagina di pubblicità che uscì bianca col solo titolo del messaggio e alcune parole di spiegazione ai rapitori. Il 28 luglio, la decisione del giudice istruttore Luigi Lombardini, esperto nella lotta al banditismo comandato d' urgenza al Tribunale di Tempio, di porre sotto sequestro i beni del rapito, dei figli e del fratello Franco. Sulle cifre richieste, dopo l' ordinanza di sequestro, continuarono a circolare varie ipotesi: si parlò di quattro miliardi. Gli emissari si presentarono ad un incontro senza una lira in tasca e furono malmenati. Il 12 agosto il messaggio più orrendo: una lettera insanguinata, inviata dall'ufficio postale di Siniscola (un centro del nuorese), con un frammento d' orecchio. Minaccia già attuata nel 1973 durante il sequestro di Paul Getty junior e messa nuovamente in atto più di recente nel 1983 durante il rapimento Bulgari-Calissoni.
UN PRETE SI OFFRI' COME OSTAGGIO
Don Sergio Mantovani, parroco della chiesa di Santa Caterina, ha mantenuto contatti tra la famiglia De Angelis ed i rapitori durante tutto il periodo del sequestro. Una domenica d' agosto, durante l' omelia, chiese ai fedeli di pregare e invocare insieme l' aiuto del Signore perché ci dia una mano disse in un difficile compito: la mediazione in un sequestro di persona. In quei giorni si diffuse anche la voce, mai confermata, che don Mantovani si fosse inutilmente offerto come ostaggio ai banditi in cambio del costruttore, con il quale aveva rinsaldato un' antica amicizia dopo la morte del figlio Elio in un incidente durante un test di prove, sul circuito francese di Le Castellet. Alcune settimane prima di essere rapito, Giulio De Angelis ed i suoi familiari si erano recati a Modena per assistere, nella chiesa di Santa Caterina, ad una messa in suffragio di Elio.
UN COSTRUTTORE AMANTE DELLA VELOCITA'
Classe 1932, Giulio De Angelis è l' erede di una dinastia di costruttori, un nome storico, quello della sua famiglia, dell' industria del mattone nella Capitale. L' impero immobiliare si concretizza in milioni di metri cubi di cemento, al Flaminio, Vigna Stelluti, Vigna Clara, Cortina D' Ampezzo e Cassia, le zone abitate tradizionalmente dall' alta borghesia romana ed anche in azioni di due famose cliniche private della città, la Paideia e la Mater Dei. Una fortuna, arricchita poi dalla costruzione di villaggi turistici sulle coste della Sardegna, la cui nascita risale alla storia rosa del capostipite nonno Giulio.Tutto nacque con un colpo di fulmine, il più classico colpo di fulmine, tra un vetturino di piazza Vittorio e una ricchissima turista americana. Dopo un breve fidanzamento la sposò e si mise subito in affari con i capitali arrivati da oltreoceano. Ma la saga dei De Angelis è anche piena di drammi. E Giulio De Angelis, noto nel suo ambiente come grande amante di motori e velocità (soprannominato tutta manetta, è stato campione del mondo di offshore) ne ha avuto in sorte il più terribile: la morte, a soli ventott' anni, del figlio Elio, campione di Formula 1, uscito di pista a duecentocinquanta chilometri l' ora con la sua Brabham , sulla curva Verriere della pista francese di Le Castellet, nel corso di una prova, il 14 maggio del 1986. La notizia raggiunse Giulio de Angelis, che aveva un rapporto speciale con il figlio campione, in Costa Smeralda e da allora lo scanzonato e sportivo costruttore non è stato più lui. Negli ultimi tempi sempre più frequentemente si rifugiava a villa Lee, la sua casa in Sardegna. E proprio lì, dove cercava di dimenticare, i rapitori lo hanno catturato.
DI NOTTE PREGAVO PER NON MORIRE
Mi hanno trattato come un animale. Avevo perso la cognizione del tempo e non sapevo se fosse giorno o notte. Per quasi cinque mesi ho dovuto fare i conti con il freddo, l' umidità, i disagi. Quest' amara esperienza è stata disastrosa: per lunghe settimane sono rimasto senza cure, senza assistenza, non mi davano da mangiare tutti i giorni e quel poco me lo passavano attraverso uno spiraglio della grotta in cui mi avevano rinchiuso. Ho pregato tanto per non morire.... Giulio De Angelis trattiene a stento le lacrime nella saletta vip dell' aeroporto di Ciampino. Il bireattore Mystere che lo ha riportato da Alghero a Roma è sceso sulla pista dello scalo romano alle 19,05. Ad attendere De Angelis c' erano la moglie, i nipoti, alcuni sanitari che adesso lo prenderanno sotto cura. Il costruttore rimasto 142 giorni nelle mani dei rapitori è visibilmente provato. Indossa pantaloni di flanella grigi, una camicia celeste e un maglione rosso. Si appoggia alle spalle di due nipoti e procede a fatica illuminato dai fari delle tv e dal flash. Poi accetta di rispondere alle domande dei giornalisti: Sì, è stata un' esperienza drammatica. Non pensavo di uscirne vivo. Mi hanno mutilato, sono pieno di ecchimosi, sono sofferente. Non hanno avuto un briciolo di pietà. Sono rimasto tutto questo tempo solo un una grotta. E' stato tremendo. L' industriale romano prova ad uscire dalla saletta vip di Ciampino, ma le domande piovono a raffica. Giulio De Angelis prova a scansare gli ostacoli più insidiosi. Non rivela il luogo dove è stato tenuto prigioniero. Accenna vagamente ai suoi carcerieri (due o tre col volto bendato), ricorda che non gli hanno mai consentito di ascoltare la radio. Poi cede e racconta: I banditi mi avevano avvertito che mi avrebbero tagliato un pezzo di orecchio da mandare ai miei parenti per sollecitare e concludere il pagamento del riscatto. Se il primo tentativo non avesse avuto esito mi avrebbero fatto altri tagli in diverse parti del corpo. Adesso voglio solo pensare ai miei familiari. Dopo questa esperienza amara e drammatica io rivivo un' altra vita, una nuova vita.... Giulio De Angelis riesce a guadagnare l' uscita dello scalo romano e parte verso la clinica Mater Dei dove verrà curato. Si chiude così una storia iniziata sei mesi fa in Costa Smeralda, dove l' imprenditore fu rapito dall' Anonima sarda. In Sardegna il costruttore romano tornerà presto, non appena ristabilito: Il mio lavoro è lì, quella è la terra che amo di più al mondo. E in quella terra De Angelis ha temuto di morire. C' è stato un momento in cui era convinto che lo avrebbero ammazzato. E' stato proprio alla fine. Durante gli ultimi tre giorni mi hanno fatto camminare in continuazione. Di notte e di giorno. Non sapevo dove stavamo andando. Pensavo che le trattative erano naufragate, che era giunto il mio momento. Loro tentavano di giustificare il sequestro con motivi sociali e politici. I ricchi, i poveri, il lavoro che non c' è... in realtà volevano solo una cosa: i soldi. Violenti? No, duri, molto duri, ma violenti non lo sono mai stati. Giulio De Angelis, ha spiegato ieri mattina l' altro legale della famiglia, l' avvocato Giuseppe Lavaggi, è un uomo letteralmente terrorizzato. Una persona alla quale è stato riservato un trattamento bestiale. Non solo per la mutilazione che ha subito, ma anche per il trattamento psicologico al quale è stato sottoposto. Pochi spazi di mediazione La realtà vissuta dagli stessi emissari dei familiari del costruttore, sfata ogni dubbio: Per noi, ha aggiunto Lavaggi, sono stati mesi di angoscia e di inaudita sofferenza. Le condizioni che dettavano i rapitori non lasciavano spazi di mediazione. Erano decisi, risoluti. Hanno chiesto quattro miliardi, ne hanno ottenuti tre. La svolta è arrivata due giorni fa. Intascate le prime due tranche del riscatto pattuito, i malviventi hanno lanciato l' ultimo segnale agli emissari della famiglia. Don Sergio Mantovani, parroco della chiesa di Santa Caterina a Modena e prete della Formula 1 a Maranello, è volato in Sardegna. Lunedì, nel tardo pomeriggio, sotto una pioggia battente, due Golf bianche s' immergono nelle campagne di Botolana, al confine tra le province di Nuoro e Sassari. A bordo ci sono quattro persone. L' avvocato Agostinangelo Marras, don Sergio Mantovani, un amico della famiglia, Luis Rudj, e un allevatore, altro grande mediatore nella trattativa. Convinto di essere a un passo della liberazione, il legale porta con sé anche la valigetta 24 ore con dentro l' ultima rata del riscatto. Le banconote sono tutte di piccolo taglio: 50 e 10 mila lire. Lo scambio, ha raccontato Marras, è avvenuto in un clima di grande tensione. Temevamo qualche contrattempo. Gli accordi erano precisi. Ma in questi frangenti tutto può saltare per un' inezia, per un particolare. Nessuno garantisce niente: da un lato c' è un uomo, dall' altro il denaro. Una vita contro delle mazzette di soldi. Le due Golf arrivano nella zona stabilita, a Ortachis, una località immersa nel verde, tra fitti cespugli e boschi. Ma dei banditi nessuno traccia. Sbucano dalle campagne Ma la partita si chiude solo a tarda notte. Di colpo, sbucando dalle campagne, si fanno vivi i sequestratori. Vogliono avere i soldi, l' ultima parte del riscatto. Ma gli emissari della famiglia De Angelis insistono e chiedono di vedere prima l' ostaggio. L' ultima fase della trattativa è frenetica. Durissima. Nessuno si fida ma alla fine si trova ugualmente un accordo. Un compromesso, una prassi abituale nei sequestri in Sardegna: prima si consegna l' ingegner De Angelis, poi il denaro. E come garanzia, tra un passaggio e l' altro, i banditi prendono in ostaggio un' altra persona. Si offre don Sergio Mantovani. Lo aveva chiesto già in passato, inutilmente. Il prete lascia una delle due Golf e si avvia verso i banditi incaricati di trattare. No, non avevo paura, ha raccontato il sacerdote. Sapevo i rischi che correvo, ma la vita ai box della Formula 1 mi ha temprato. Appena sono arrivato dai banditi, mi hanno scaraventato a terra, a faccia in giù. Mi hanno minacciato. Uno in particolare mi ha detto con rabbia: lo sai che ti potremmo ammazzare. Ma non lo faremo. Stai attento, però. Non andare a dire in giro che siamo cattivi. A questo mondo ci sono i ricchi e ci sono i poveri. Noi non lo facciamo perché ci piace. Lo facciamo per necessità. Non abbiamo soldi, non c' è lavoro e le nostre famiglie devono pure mangiare... tutte frasi costruite. Alibi per nascondere il vero motivo di questo sequestro. Mantovani verrà liberato un quarto d' ora dopo il rilascio di De Angelis: il tempo necessario per contare tutti i soldi. All' inizio, racconta l' avvocato Marras, l' ho riconosciuto a stento. De Angelis era sconvolto. Camminava a fatica. Aveva una barba lunghissima. Indossava un paio di jeans e un giubbotto militare. E' montato in macchina. Era terrorizzato. Non mi ha lasciato il tempo di dire nulla. Ha solo gridato: via, andiamo via. Facciamo presto, velocemente. Poi... , poi niente. I saluti, gli abbracci. I pianti. Si è chiuso con i suoi familiari. La moglie, il figlio, i nipoti, gli amici. E' finita. Ma l' incubo continua. Almeno per l' ingegnere. Alla clinica Mater Dei è già tutto pronto per l' illustre paziente. Mentre sulle montagne la caccia ai banditi continua.
UN PRETE SI OFFRI' COME OSTAGGIO
Don Sergio Mantovani, parroco della chiesa di Santa Caterina, ha mantenuto contatti tra la famiglia De Angelis ed i rapitori durante tutto il periodo del sequestro. Una domenica d' agosto, durante l' omelia, chiese ai fedeli di pregare e invocare insieme l' aiuto del Signore perché ci dia una mano disse in un difficile compito: la mediazione in un sequestro di persona. In quei giorni si diffuse anche la voce, mai confermata, che don Mantovani si fosse inutilmente offerto come ostaggio ai banditi in cambio del costruttore, con il quale aveva rinsaldato un' antica amicizia dopo la morte del figlio Elio in un incidente durante un test di prove, sul circuito francese di Le Castellet. Alcune settimane prima di essere rapito, Giulio De Angelis ed i suoi familiari si erano recati a Modena per assistere, nella chiesa di Santa Caterina, ad una messa in suffragio di Elio.
UN COSTRUTTORE AMANTE DELLA VELOCITA'
Classe 1932, Giulio De Angelis è l' erede di una dinastia di costruttori, un nome storico, quello della sua famiglia, dell' industria del mattone nella Capitale. L' impero immobiliare si concretizza in milioni di metri cubi di cemento, al Flaminio, Vigna Stelluti, Vigna Clara, Cortina D' Ampezzo e Cassia, le zone abitate tradizionalmente dall' alta borghesia romana ed anche in azioni di due famose cliniche private della città, la Paideia e la Mater Dei. Una fortuna, arricchita poi dalla costruzione di villaggi turistici sulle coste della Sardegna, la cui nascita risale alla storia rosa del capostipite nonno Giulio.Tutto nacque con un colpo di fulmine, il più classico colpo di fulmine, tra un vetturino di piazza Vittorio e una ricchissima turista americana. Dopo un breve fidanzamento la sposò e si mise subito in affari con i capitali arrivati da oltreoceano. Ma la saga dei De Angelis è anche piena di drammi. E Giulio De Angelis, noto nel suo ambiente come grande amante di motori e velocità (soprannominato tutta manetta, è stato campione del mondo di offshore) ne ha avuto in sorte il più terribile: la morte, a soli ventott' anni, del figlio Elio, campione di Formula 1, uscito di pista a duecentocinquanta chilometri l' ora con la sua Brabham , sulla curva Verriere della pista francese di Le Castellet, nel corso di una prova, il 14 maggio del 1986. La notizia raggiunse Giulio de Angelis, che aveva un rapporto speciale con il figlio campione, in Costa Smeralda e da allora lo scanzonato e sportivo costruttore non è stato più lui. Negli ultimi tempi sempre più frequentemente si rifugiava a villa Lee, la sua casa in Sardegna. E proprio lì, dove cercava di dimenticare, i rapitori lo hanno catturato.
DI NOTTE PREGAVO PER NON MORIRE
Mi hanno trattato come un animale. Avevo perso la cognizione del tempo e non sapevo se fosse giorno o notte. Per quasi cinque mesi ho dovuto fare i conti con il freddo, l' umidità, i disagi. Quest' amara esperienza è stata disastrosa: per lunghe settimane sono rimasto senza cure, senza assistenza, non mi davano da mangiare tutti i giorni e quel poco me lo passavano attraverso uno spiraglio della grotta in cui mi avevano rinchiuso. Ho pregato tanto per non morire.... Giulio De Angelis trattiene a stento le lacrime nella saletta vip dell' aeroporto di Ciampino. Il bireattore Mystere che lo ha riportato da Alghero a Roma è sceso sulla pista dello scalo romano alle 19,05. Ad attendere De Angelis c' erano la moglie, i nipoti, alcuni sanitari che adesso lo prenderanno sotto cura. Il costruttore rimasto 142 giorni nelle mani dei rapitori è visibilmente provato. Indossa pantaloni di flanella grigi, una camicia celeste e un maglione rosso. Si appoggia alle spalle di due nipoti e procede a fatica illuminato dai fari delle tv e dal flash. Poi accetta di rispondere alle domande dei giornalisti: Sì, è stata un' esperienza drammatica. Non pensavo di uscirne vivo. Mi hanno mutilato, sono pieno di ecchimosi, sono sofferente. Non hanno avuto un briciolo di pietà. Sono rimasto tutto questo tempo solo un una grotta. E' stato tremendo. L' industriale romano prova ad uscire dalla saletta vip di Ciampino, ma le domande piovono a raffica. Giulio De Angelis prova a scansare gli ostacoli più insidiosi. Non rivela il luogo dove è stato tenuto prigioniero. Accenna vagamente ai suoi carcerieri (due o tre col volto bendato), ricorda che non gli hanno mai consentito di ascoltare la radio. Poi cede e racconta: I banditi mi avevano avvertito che mi avrebbero tagliato un pezzo di orecchio da mandare ai miei parenti per sollecitare e concludere il pagamento del riscatto. Se il primo tentativo non avesse avuto esito mi avrebbero fatto altri tagli in diverse parti del corpo. Adesso voglio solo pensare ai miei familiari. Dopo questa esperienza amara e drammatica io rivivo un' altra vita, una nuova vita.... Giulio De Angelis riesce a guadagnare l' uscita dello scalo romano e parte verso la clinica Mater Dei dove verrà curato. Si chiude così una storia iniziata sei mesi fa in Costa Smeralda, dove l' imprenditore fu rapito dall' Anonima sarda. In Sardegna il costruttore romano tornerà presto, non appena ristabilito: Il mio lavoro è lì, quella è la terra che amo di più al mondo. E in quella terra De Angelis ha temuto di morire. C' è stato un momento in cui era convinto che lo avrebbero ammazzato. E' stato proprio alla fine. Durante gli ultimi tre giorni mi hanno fatto camminare in continuazione. Di notte e di giorno. Non sapevo dove stavamo andando. Pensavo che le trattative erano naufragate, che era giunto il mio momento. Loro tentavano di giustificare il sequestro con motivi sociali e politici. I ricchi, i poveri, il lavoro che non c' è... in realtà volevano solo una cosa: i soldi. Violenti? No, duri, molto duri, ma violenti non lo sono mai stati. Giulio De Angelis, ha spiegato ieri mattina l' altro legale della famiglia, l' avvocato Giuseppe Lavaggi, è un uomo letteralmente terrorizzato. Una persona alla quale è stato riservato un trattamento bestiale. Non solo per la mutilazione che ha subito, ma anche per il trattamento psicologico al quale è stato sottoposto. Pochi spazi di mediazione La realtà vissuta dagli stessi emissari dei familiari del costruttore, sfata ogni dubbio: Per noi, ha aggiunto Lavaggi, sono stati mesi di angoscia e di inaudita sofferenza. Le condizioni che dettavano i rapitori non lasciavano spazi di mediazione. Erano decisi, risoluti. Hanno chiesto quattro miliardi, ne hanno ottenuti tre. La svolta è arrivata due giorni fa. Intascate le prime due tranche del riscatto pattuito, i malviventi hanno lanciato l' ultimo segnale agli emissari della famiglia. Don Sergio Mantovani, parroco della chiesa di Santa Caterina a Modena e prete della Formula 1 a Maranello, è volato in Sardegna. Lunedì, nel tardo pomeriggio, sotto una pioggia battente, due Golf bianche s' immergono nelle campagne di Botolana, al confine tra le province di Nuoro e Sassari. A bordo ci sono quattro persone. L' avvocato Agostinangelo Marras, don Sergio Mantovani, un amico della famiglia, Luis Rudj, e un allevatore, altro grande mediatore nella trattativa. Convinto di essere a un passo della liberazione, il legale porta con sé anche la valigetta 24 ore con dentro l' ultima rata del riscatto. Le banconote sono tutte di piccolo taglio: 50 e 10 mila lire. Lo scambio, ha raccontato Marras, è avvenuto in un clima di grande tensione. Temevamo qualche contrattempo. Gli accordi erano precisi. Ma in questi frangenti tutto può saltare per un' inezia, per un particolare. Nessuno garantisce niente: da un lato c' è un uomo, dall' altro il denaro. Una vita contro delle mazzette di soldi. Le due Golf arrivano nella zona stabilita, a Ortachis, una località immersa nel verde, tra fitti cespugli e boschi. Ma dei banditi nessuno traccia. Sbucano dalle campagne Ma la partita si chiude solo a tarda notte. Di colpo, sbucando dalle campagne, si fanno vivi i sequestratori. Vogliono avere i soldi, l' ultima parte del riscatto. Ma gli emissari della famiglia De Angelis insistono e chiedono di vedere prima l' ostaggio. L' ultima fase della trattativa è frenetica. Durissima. Nessuno si fida ma alla fine si trova ugualmente un accordo. Un compromesso, una prassi abituale nei sequestri in Sardegna: prima si consegna l' ingegner De Angelis, poi il denaro. E come garanzia, tra un passaggio e l' altro, i banditi prendono in ostaggio un' altra persona. Si offre don Sergio Mantovani. Lo aveva chiesto già in passato, inutilmente. Il prete lascia una delle due Golf e si avvia verso i banditi incaricati di trattare. No, non avevo paura, ha raccontato il sacerdote. Sapevo i rischi che correvo, ma la vita ai box della Formula 1 mi ha temprato. Appena sono arrivato dai banditi, mi hanno scaraventato a terra, a faccia in giù. Mi hanno minacciato. Uno in particolare mi ha detto con rabbia: lo sai che ti potremmo ammazzare. Ma non lo faremo. Stai attento, però. Non andare a dire in giro che siamo cattivi. A questo mondo ci sono i ricchi e ci sono i poveri. Noi non lo facciamo perché ci piace. Lo facciamo per necessità. Non abbiamo soldi, non c' è lavoro e le nostre famiglie devono pure mangiare... tutte frasi costruite. Alibi per nascondere il vero motivo di questo sequestro. Mantovani verrà liberato un quarto d' ora dopo il rilascio di De Angelis: il tempo necessario per contare tutti i soldi. All' inizio, racconta l' avvocato Marras, l' ho riconosciuto a stento. De Angelis era sconvolto. Camminava a fatica. Aveva una barba lunghissima. Indossava un paio di jeans e un giubbotto militare. E' montato in macchina. Era terrorizzato. Non mi ha lasciato il tempo di dire nulla. Ha solo gridato: via, andiamo via. Facciamo presto, velocemente. Poi... , poi niente. I saluti, gli abbracci. I pianti. Si è chiuso con i suoi familiari. La moglie, il figlio, i nipoti, gli amici. E' finita. Ma l' incubo continua. Almeno per l' ingegnere. Alla clinica Mater Dei è già tutto pronto per l' illustre paziente. Mentre sulle montagne la caccia ai banditi continua.
E' UNA BANDA GUIDATA DA UN GENIO DEL CRIMINE
Chi sono i rapitori di De Angelis? E' ancora troppo presto per ricostruire l' identikit dei banditi, ma di una cosa siamo sicuri: riusciremo ad acciuffarli. All' indomani della liberazione del costruttore romano, tra gli inquirenti, si respira un certo ottimismo. Ma la prudenza è d' obbligo. Se nell' ultima fase delle trattative per l' ostaggio tutto è andato bene, non altrettanto si può dire della caccia all' uomo organizzata sui monti di Bolotana per cercare di catturare i banditi in fuga con i tre miliardi del riscatto. E' sfumata in maniera definitiva, per gli investigatori, l' opportunità di intervenire in uno dei momenti più decisivi di un rapimento: quello immediatamente successivo al rilascio. Le battute svolte per tutta la notte si sono rivelate inutili. Anche le ricerche degli elicotteri avviate dalle prime ore del mattino di ieri non hanno dato l' esito sperato. Gli uomini armati ed incappucciati che hanno portato Giulio De Angelis sino al luogo dell' incontro con gli intermediari della famiglia si trovano ormai al sicuro in qualche nascondiglio inaccessibile sul Supramonte di Orgosolo. Ma nei quattro mesi e mezzo in cui l' imprenditore è rimasto nelle mani della Anonima sono stati racimolati indizi giudicati di particolare interesse. Una serie di particolari senz' altro utili ai fini dell' individuazione della banda è costituita da tutti i messaggi fatti pervenire in queste lunghe settimane alla famiglia del sequestrato. Ci sono infatti parecchi aspetti che rendono per certi versi anomalo questo rapimento rispetto ai tanti altri compiuti in Sardegna. Al di là della ferocia dimostrata dai fuorilegge nel mutilare l' ostaggio (è un fatto senza precedenti nell' isola), sono le ultime fasi della liberazione che presentano particolarità nuove. Lo scambio degli ostaggi si è svolto secondo modalità inedite. La consegna contestuale da una parte del denaro e dall' altra dell' ostaggio, l' immediata verifica dell' ammontare del riscatto e del tipo di banconote preteso dalla Anonima, l' arrivo contemporaneo sul luogo dell' ultimo appuntamento con i banditi di ben due auto degli intermediari dei De Angelis, l' aver lasciato agli emissari indicazioni a tappe successive sul modo di procedere: sono tutti espedienti ai quali finora l' Anonima sarda non era mai ricorsa, se non in parte e comunque con una episodicità differente. Dal momento della irruzione a Villa Lee, in Costa Smeralda, e poi via via nelle diverse tappe del rapimento i fuorilegge si sono sempre contraddistinti per professionalità e capacità d' azione criminali. Ormai commentava l' altra sera un sottufficiale dei carabinieri appena apprese le circostanze del rilascio la mafia e la ' ndrangheta hanno fatto scuola anche in Sardegna. Il ricorso a modalità e tecniche da gangster di alto livello, secondo molti, si spiegherebbe con la presenza nella banda di un cervello che finora non aveva espresso tutta la sua potenzialità criminale. Polizia e carabinieri, naturalmente, non fanno nomi. E' però evidente che nelle loro agende hanno annotato più di un nome del possibile capo della organizzazione che ha ideato e attuato il rapimento. L' identikit, con questi elementi, non è difficile. Con ogni probabilità a guidare i sequestratori è un latitante. Più problematico dire chi esattamente, considerato che in Sardegna, in questo momento, sono più di venti i ricercati di grosso calibro. Il capobanda è però qualcuno che, non soltanto ha una grossa conoscenza della Barbagia, dei suoi rifugi e dei suoi pericoli, ma che sa esattamente come muoversi e come districarsi in altri ambienti. Quelli della Costa Smeralda, per esempio. Lo dimostra il fatto che il commando incaricato di prelevare De Angelis ha agito con estrema determinazione in una zona supersorvegliata e si è poi volatilizzato senza lasciare nessun' altra traccia che un guanto abbandonato da uno dei fuorilegge nel giardino del costruttore. Ma le entrature dell' uomo che ha tirato le fila di tutta l' operazione sono confermate anche dalle informazioni ottenute in prima persona o da un basista particolarmente fidato. Informazioni che hanno consentito alla gang di agire a colpo sicuro. E' comunque l' intera struttura della banda a venire ancora una volta sottoposta ai raggi X. Si parla di una forte possibilità che dell' organizzazione facciano parte elementi politicizzati, come li definiscono polizia e carabinieri senza aggiungere ulteriori precisazioni. I ben informati sostengono che in diverse parti delle lettere sequestrate dalla magistratura alla famiglia si fa riferimento a ideologie pseudoseparatiste e in ogni caso a volontà di riscatto della Sardegna anche attraverso il ricorso ai rapimenti. In altri punti, invece, si parlerebbe delle condizioni di sottosviluppo di vaste aree dell' isola e dello stato di sfruttamento nel quale si trovano moltissimi sardi. Ma tra gli inquirenti c' è chi non esclude un' azione premeditata di depistaggio delle indagini.
COSI' DON SERGIO TRATTO' COI RAPITORI
Le campane suonano a distesa alla messa delle 11 e poco è mancato che suonassero anche nel cuore della notte tra lunedì e martedì quando nella parrocchia di Santa Caterina a Modena è arrivata la telefonata di Don Sergio Mantovani. E' andato tutto bene, finalmente Giulio è libero. Io sto bene. Tornerò tra qualche giorno, ha detto con voce rotta dall' emozione a Maria Rosa Radighieri, una delle sue parrocchiane che insieme ad altri venerdì scorso lo avevano accompagnato all' aeroporto di Borgo Panigale a Bologna. Destinazione Sardegna. Compito: concordare con i banditi l' ultima parte della trattativa per la liberazione di Giulio De Angelis e fare da emissario nel pagamento del riscatto. Come è poi successo. L' abbiamo salutato ed abbracciato col cuore in gola, ma fiduciosi che questa sarebbe stata la volta buona, che tutto sarebbe finito. L' impegno di Don Sergio, capellano della Formula 1 automobilistica, per liberare Giulio De Angelis, al quale è legato da una grande amicizia rafforzatasi nel tempo dopo la tragica fine del figlio Elio morto sul circuito francese del Paul Ricard, era cominciato la scorsa estate. Dieci giorni dopo il sequestro, il 26 giugno. Un primo viaggio nell' isola a luglio. Un secondo ad agosto. Una missione dai contorni drammatici. I banditi avevano appena mozzato l' orecchio sinistro all' ostaggio che versava in precarie condizioni fisiche. Don Sergio, senza pensarci due volte, si propose come ostaggio. Voi prendete me e rilasciate Giulio, supplicò i banditi che però non accettarono lo scambio. Tornò a casa deluso, ma non vinto. Preghiamo insieme perché Dio mi aiuti e ci aiuti in un difficile compito: la mediazione per un sequestro di persona, disse ai suoi parrocchiani. Qualche giorno dopo ripartì per l' isola. L' ultimo viaggio, di dieci giorni, prima delle ore decisive dell' altra notte. Subito dopo la liberazione prima di Giulio De Angelis e poi la sua, Don Sergio ha telefonato in parrocchia a Modena: E' andato tutto bene. Siamo andati in giro con il pacco dei soldi e con due auto. Ho parlato con i banditi, ma non chiedetemi altro, non posso aggiungere particolari.
02/11/1988 SULLE MONTAGNE DELLA BARBAGIA CERCANDO LE TRACCE DEI BANDITI
Da tre giorni il lavoro degli inquirenti procede senza soste. Dopo il rilascio di Giulio De Angelis, carabinieri e polizia hanno intensificato l' attività investigativa: interrogatori, verifiche degli alibi forniti da alcuni sospetti, confronto degli indizi raccolto fino ad oggi. Nuovi accertamenti e controlli sono così andati ad aggiungersi alle battute e alle ricerche sui monti di Bolotana, nel centro della Sardegna, dove si sono svolte le ultime drammatiche fasi della liberazione del costruttore romano. Le indagini, naturalmente, sono estese a tutta la Barbagia. E' da lì che la sera del 12 giugno scorso è partito il commando incaricato di sequestrare l' imprenditore e lì è stato sicuramente tenuto prigioniero l' ostaggio durante i quattro mesi e mezzo della prigionia. Sulle diverse piste che dovrebbero portare ai rapitori operano ormai da settantadue ore a ritmo incessante anche i carabinieri del nucleo investigativo e gli agenti della squadra mobile della questura di Sassari. Quella cominciata in questa fase dicono i carabinieri è un' opera di ricostruzione complessa e delicata. L' intera zona di Badde Salighes, un' impervia regione dell' entroterra ai confini tra le province di Sassari e Nuoro, è stata passata al setaccio alla ricerca di una traccia che possa portare ai banditi. Ma nelle ultime ore almeno così sembra non sono stati raccolti elementi interessanti. Il rilascio, del resto, è avvenuto in un punto che la polizia e i carabinieri conoscono bene, quasi un crocevia obbligato per sequestratori e ladri di bestiame. Dieci anni fa, proprio su queste montagne, riacquistò la libertà Luca Locci, figlio di un concessionario d' auto di Macomer, una cittadina del centro Sardegna. Sempre a Badde Salighes, alla fine del 1984, venne rilasciato un altro ostaggio dell' Anonima, l' allevatore Ernesto Pisanu, oggi sindaco del suo paese, Sindia. E ancora da queste parti si concluse in appena quarantott'ore il sequestro di Giuliana Fancello, una giovane impiegata di banca, rapita a Oristano nell' ottobre del 1984 e liberata dalle guardie campestri di Bolotana senza che i suoi familiari fossero costretti a pagare un riscatto. Più che dalla perlustrazione di una regione ricca di boschi e anfratti, spesso inaccessibili, polizia e carabinieri sperano dunque di ottenere risultati concreti dai nuovi interrogatori ai quali saranno sottoposti nei prossimi giorni tutti gli emissari della famiglia De Angelis e lo stesso costruttore. Il loro racconto viene giudicato particolarmente importante per individuare i componenti della banda che ha rapito l' imprenditore e i possibili nascondigli nei quali è stato tenuto segregato l' imprenditore romano. In Sardegna, intanto, la notizia della liberazione di De Angelis è stata accolta con sollievo ed emozione. Anche se la gioia per il rilascio è stata attenuata dalla drammatica conferma della mutilazione barbamente inflitta dai banditi all' ostaggio. Inutile tentare di raccogliere reazioni in Costa Smeralda: in questo periodo, lungo tutto il litorale, ci sono soltanto giovani incaricati della vigilanza delle ville.
L'ACCERTAMENTO DEI FATTI
Chi sono i rapitori di De Angelis? E' ancora troppo presto per ricostruire l' identikit dei banditi, ma di una cosa siamo sicuri: riusciremo ad acciuffarli. All' indomani della liberazione del costruttore romano, tra gli inquirenti, si respira un certo ottimismo. Ma la prudenza è d' obbligo. Se nell' ultima fase delle trattative per l' ostaggio tutto è andato bene, non altrettanto si può dire della caccia all' uomo organizzata sui monti di Bolotana per cercare di catturare i banditi in fuga con i tre miliardi del riscatto. E' sfumata in maniera definitiva, per gli investigatori, l' opportunità di intervenire in uno dei momenti più decisivi di un rapimento: quello immediatamente successivo al rilascio. Le battute svolte per tutta la notte si sono rivelate inutili. Anche le ricerche degli elicotteri avviate dalle prime ore del mattino di ieri non hanno dato l' esito sperato. Gli uomini armati ed incappucciati che hanno portato Giulio De Angelis sino al luogo dell' incontro con gli intermediari della famiglia si trovano ormai al sicuro in qualche nascondiglio inaccessibile sul Supramonte di Orgosolo. Ma nei quattro mesi e mezzo in cui l' imprenditore è rimasto nelle mani della Anonima sono stati racimolati indizi giudicati di particolare interesse. Una serie di particolari senz' altro utili ai fini dell' individuazione della banda è costituita da tutti i messaggi fatti pervenire in queste lunghe settimane alla famiglia del sequestrato. Ci sono infatti parecchi aspetti che rendono per certi versi anomalo questo rapimento rispetto ai tanti altri compiuti in Sardegna. Al di là della ferocia dimostrata dai fuorilegge nel mutilare l' ostaggio (è un fatto senza precedenti nell' isola), sono le ultime fasi della liberazione che presentano particolarità nuove. Lo scambio degli ostaggi si è svolto secondo modalità inedite. La consegna contestuale da una parte del denaro e dall' altra dell' ostaggio, l' immediata verifica dell' ammontare del riscatto e del tipo di banconote preteso dalla Anonima, l' arrivo contemporaneo sul luogo dell' ultimo appuntamento con i banditi di ben due auto degli intermediari dei De Angelis, l' aver lasciato agli emissari indicazioni a tappe successive sul modo di procedere: sono tutti espedienti ai quali finora l' Anonima sarda non era mai ricorsa, se non in parte e comunque con una episodicità differente. Dal momento della irruzione a Villa Lee, in Costa Smeralda, e poi via via nelle diverse tappe del rapimento i fuorilegge si sono sempre contraddistinti per professionalità e capacità d' azione criminali. Ormai commentava l' altra sera un sottufficiale dei carabinieri appena apprese le circostanze del rilascio la mafia e la ' ndrangheta hanno fatto scuola anche in Sardegna. Il ricorso a modalità e tecniche da gangster di alto livello, secondo molti, si spiegherebbe con la presenza nella banda di un cervello che finora non aveva espresso tutta la sua potenzialità criminale. Polizia e carabinieri, naturalmente, non fanno nomi. E' però evidente che nelle loro agende hanno annotato più di un nome del possibile capo della organizzazione che ha ideato e attuato il rapimento. L' identikit, con questi elementi, non è difficile. Con ogni probabilità a guidare i sequestratori è un latitante. Più problematico dire chi esattamente, considerato che in Sardegna, in questo momento, sono più di venti i ricercati di grosso calibro. Il capobanda è però qualcuno che, non soltanto ha una grossa conoscenza della Barbagia, dei suoi rifugi e dei suoi pericoli, ma che sa esattamente come muoversi e come districarsi in altri ambienti. Quelli della Costa Smeralda, per esempio. Lo dimostra il fatto che il commando incaricato di prelevare De Angelis ha agito con estrema determinazione in una zona supersorvegliata e si è poi volatilizzato senza lasciare nessun' altra traccia che un guanto abbandonato da uno dei fuorilegge nel giardino del costruttore. Ma le entrature dell' uomo che ha tirato le fila di tutta l' operazione sono confermate anche dalle informazioni ottenute in prima persona o da un basista particolarmente fidato. Informazioni che hanno consentito alla gang di agire a colpo sicuro. E' comunque l' intera struttura della banda a venire ancora una volta sottoposta ai raggi X. Si parla di una forte possibilità che dell' organizzazione facciano parte elementi politicizzati, come li definiscono polizia e carabinieri senza aggiungere ulteriori precisazioni. I ben informati sostengono che in diverse parti delle lettere sequestrate dalla magistratura alla famiglia si fa riferimento a ideologie pseudoseparatiste e in ogni caso a volontà di riscatto della Sardegna anche attraverso il ricorso ai rapimenti. In altri punti, invece, si parlerebbe delle condizioni di sottosviluppo di vaste aree dell' isola e dello stato di sfruttamento nel quale si trovano moltissimi sardi. Ma tra gli inquirenti c' è chi non esclude un' azione premeditata di depistaggio delle indagini.
COSI' DON SERGIO TRATTO' COI RAPITORI
Le campane suonano a distesa alla messa delle 11 e poco è mancato che suonassero anche nel cuore della notte tra lunedì e martedì quando nella parrocchia di Santa Caterina a Modena è arrivata la telefonata di Don Sergio Mantovani. E' andato tutto bene, finalmente Giulio è libero. Io sto bene. Tornerò tra qualche giorno, ha detto con voce rotta dall' emozione a Maria Rosa Radighieri, una delle sue parrocchiane che insieme ad altri venerdì scorso lo avevano accompagnato all' aeroporto di Borgo Panigale a Bologna. Destinazione Sardegna. Compito: concordare con i banditi l' ultima parte della trattativa per la liberazione di Giulio De Angelis e fare da emissario nel pagamento del riscatto. Come è poi successo. L' abbiamo salutato ed abbracciato col cuore in gola, ma fiduciosi che questa sarebbe stata la volta buona, che tutto sarebbe finito. L' impegno di Don Sergio, capellano della Formula 1 automobilistica, per liberare Giulio De Angelis, al quale è legato da una grande amicizia rafforzatasi nel tempo dopo la tragica fine del figlio Elio morto sul circuito francese del Paul Ricard, era cominciato la scorsa estate. Dieci giorni dopo il sequestro, il 26 giugno. Un primo viaggio nell' isola a luglio. Un secondo ad agosto. Una missione dai contorni drammatici. I banditi avevano appena mozzato l' orecchio sinistro all' ostaggio che versava in precarie condizioni fisiche. Don Sergio, senza pensarci due volte, si propose come ostaggio. Voi prendete me e rilasciate Giulio, supplicò i banditi che però non accettarono lo scambio. Tornò a casa deluso, ma non vinto. Preghiamo insieme perché Dio mi aiuti e ci aiuti in un difficile compito: la mediazione per un sequestro di persona, disse ai suoi parrocchiani. Qualche giorno dopo ripartì per l' isola. L' ultimo viaggio, di dieci giorni, prima delle ore decisive dell' altra notte. Subito dopo la liberazione prima di Giulio De Angelis e poi la sua, Don Sergio ha telefonato in parrocchia a Modena: E' andato tutto bene. Siamo andati in giro con il pacco dei soldi e con due auto. Ho parlato con i banditi, ma non chiedetemi altro, non posso aggiungere particolari.
02/11/1988 SULLE MONTAGNE DELLA BARBAGIA CERCANDO LE TRACCE DEI BANDITI
Da tre giorni il lavoro degli inquirenti procede senza soste. Dopo il rilascio di Giulio De Angelis, carabinieri e polizia hanno intensificato l' attività investigativa: interrogatori, verifiche degli alibi forniti da alcuni sospetti, confronto degli indizi raccolto fino ad oggi. Nuovi accertamenti e controlli sono così andati ad aggiungersi alle battute e alle ricerche sui monti di Bolotana, nel centro della Sardegna, dove si sono svolte le ultime drammatiche fasi della liberazione del costruttore romano. Le indagini, naturalmente, sono estese a tutta la Barbagia. E' da lì che la sera del 12 giugno scorso è partito il commando incaricato di sequestrare l' imprenditore e lì è stato sicuramente tenuto prigioniero l' ostaggio durante i quattro mesi e mezzo della prigionia. Sulle diverse piste che dovrebbero portare ai rapitori operano ormai da settantadue ore a ritmo incessante anche i carabinieri del nucleo investigativo e gli agenti della squadra mobile della questura di Sassari. Quella cominciata in questa fase dicono i carabinieri è un' opera di ricostruzione complessa e delicata. L' intera zona di Badde Salighes, un' impervia regione dell' entroterra ai confini tra le province di Sassari e Nuoro, è stata passata al setaccio alla ricerca di una traccia che possa portare ai banditi. Ma nelle ultime ore almeno così sembra non sono stati raccolti elementi interessanti. Il rilascio, del resto, è avvenuto in un punto che la polizia e i carabinieri conoscono bene, quasi un crocevia obbligato per sequestratori e ladri di bestiame. Dieci anni fa, proprio su queste montagne, riacquistò la libertà Luca Locci, figlio di un concessionario d' auto di Macomer, una cittadina del centro Sardegna. Sempre a Badde Salighes, alla fine del 1984, venne rilasciato un altro ostaggio dell' Anonima, l' allevatore Ernesto Pisanu, oggi sindaco del suo paese, Sindia. E ancora da queste parti si concluse in appena quarantott'ore il sequestro di Giuliana Fancello, una giovane impiegata di banca, rapita a Oristano nell' ottobre del 1984 e liberata dalle guardie campestri di Bolotana senza che i suoi familiari fossero costretti a pagare un riscatto. Più che dalla perlustrazione di una regione ricca di boschi e anfratti, spesso inaccessibili, polizia e carabinieri sperano dunque di ottenere risultati concreti dai nuovi interrogatori ai quali saranno sottoposti nei prossimi giorni tutti gli emissari della famiglia De Angelis e lo stesso costruttore. Il loro racconto viene giudicato particolarmente importante per individuare i componenti della banda che ha rapito l' imprenditore e i possibili nascondigli nei quali è stato tenuto segregato l' imprenditore romano. In Sardegna, intanto, la notizia della liberazione di De Angelis è stata accolta con sollievo ed emozione. Anche se la gioia per il rilascio è stata attenuata dalla drammatica conferma della mutilazione barbamente inflitta dai banditi all' ostaggio. Inutile tentare di raccogliere reazioni in Costa Smeralda: in questo periodo, lungo tutto il litorale, ci sono soltanto giovani incaricati della vigilanza delle ville.
L'ACCERTAMENTO DEI FATTI
Per il suo rilascio era stato pagato esattamente un riscatto di tre miliardi e duecento milioni di lire, tutte in banconote di piccolo taglio contenute in bustoni della spazzatura. Per il sequestro, tra gli altri, era stato condannato anche Mario Fortunato Piras perché nella sua casa di Dolianova era stato trovato un binocolo rubato a casa di De Angelis durante il rapimento.
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