giovedì 1 novembre 2018

LA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI (22/06/1983)

Di Giampaolo Carboni.


La sparizione di Emanuela Orlandi (NELLA FOTO IN ALTO) è un fatto di cronaca nera avvenuto a Roma il 22 giugno 1983; la vittima, una cittadina vaticana figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia, sparì in circostanze misteriose all'età di quindici anni. Quella che all'inizio poteva sembrare come un'"ordinaria" sparizione di un'adolescente, magari per un allontanamento volontario da casa, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana e della storia vaticana, che coinvolse lo stesso Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l'Istituto per le opere di religione, la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi; la reale natura dell'evento a tutt'oggi non è ancora stata definita. Alla scomparsa di Emanuela fu collegata la quasi contemporanea sparizione di un'altra adolescente romana, Mirella Gregori, scomparsa il 7 maggio 1983 e mai più ritrovata.
Emanuela Orlandi nata a Roma il 14 gennaio 1968all'epoca della scomparsa aveva come già detto quindici anni ed abitava in Vaticano assieme ai genitori e a quattro fratelli: lei era la penultima dei cinque. Nel giugno 1983 aveva appena terminato il secondo anno del liceo scientifico presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, venendo rimandata a settembre in latino e francese. Dotata di un considerevole talento musicale, Emanuela frequentava da anni una scuola di musica in piazza Sant'Apollinare a Roma, a poca distanza da Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, dove seguiva corsi di pianoforte, solfeggio, flauto traverso e canto corale. Il giorno della scomparsa, Emanuela si recò a lezione di musica attorno alle quattro del pomeriggio, per uscirne come di consueto attorno alle sette, dopodiché telefonò a casa, dove parlò con una delle sorelle riguardo ad una proposta di lavoro che avrebbe ricevuto da un uomo, retribuita con la somma di trecentocinquantamila lire (equivalenti, paragonando il potere d'acquisto, a circa cinquecento euro odierni) per un lavoro di poche ore come promotrice di prodotti cosmetici di una nota marca durante una sfilata di moda nell'atelier delle Sorelle Fontana, di lì a pochi giorni; tuttavia, la sorella la sconsigliò di dar retta ad una proposta simile e le suggerì di tornare quanto prima a casa per parlarne con la madre. Questo fu l'ultimo contatto che Emanuela ebbe con la famiglia. In seguito, fu accertato che la ditta di cosmetici in questione, che peraltro impiegava solo personale femminile, non aveva nulla a che vedere con l'offerta di lavoro asseritamente fatta alla giovane e risultò altresì che, nello stesso periodo, altre adolescenti dell'età di Emanuela erano state adescate da un uomo con il pretesto fasullo di pubblicizzare prodotti cosmetici in occasione di eventi quali sfilate di moda o altro. Dopo la telefonata, Emanuela raggiunse due compagne di corso, tali Maria Grazia e Raffaella alla fermata dell'autobus in Corso Rinascimento. A detta delle ragazze, Emanuela alluse ad una proposta di lavoro molto allettante ricevuta e, messa in guardia da loro, disse che avrebbe chiesto prima il permesso di partecipare ai propri genitori e che avrebbe comunque fatto attenzione per evitare brutte sorprese. Attorno alle diciannove e trenta, prima Maria Grazia e poi Raffaella salirono su due autobus diversi dirette a casa, mentre, a detta di Raffaella, Emanuela non salì a sua volta sul mezzo pubblico perché troppo affollato e disse che avrebbe atteso quello successivo. Da questo momento, della ragazza si perdono le tracce. Secondo un'altra versione, dopo la telefonata Emanuela confidò ad un'amica e compagna della scuola di musica, Raffaella, che sarebbe rimasta ad attendere l'uomo che le aveva fatto l'offerta per avvisarlo che avrebbe chiesto prima il permesso di partecipare ai propri genitori. Raffaella dichiarò che Emanuela l'avrebbe accompagnata alla fermata dell'autobus, lasciandola alle diciannove e trenta per salire sul mezzo pubblico: l'amica riferì poi di aver visto dal finestrino che Emanuela parlava con una donna dai capelli ricci che non fu mai identificata anche se alcuni suggerirono che si trattasse con ogni probabilità di qualche altra allieva della scuola di musica.
Non essendo rincasata Emanuela, il padre Ercole cominciò insieme ad un altro suo figlio delle ricerche presso la scuola di musica e nei paraggi di questa, contattando la preside dell'istituto che fornì ai familiari i recapiti telefonici di alcune compagne di corso di Emanuela e consigliò di attendere prima di allertare la polizia; nondimeno Ercole Orlandi si recò subito dopo al Commissariato "Trevi", in piazza del Collegio Romano, per denunciarne la scomparsa, ma il personale che lo aveva ricevuto lo invitò ad attendere prima di sporgere denuncia, suggerendo che la ragazza si fosse fermata a cena fuori con amici e avesse dimenticato di chiamare a casa. La denuncia fu formalizzata la mattina seguente (23 giugno) presso l'Ispettorato Generale di P.S. "Vaticano" dalla sorella Natalina. Il giorno ancora successivo (24 giugno) i quotidiani romani Il Tempo e Il Messaggero pubblicarono sia la notizia della scomparsa, sia una fotografia della ragazza con la richiesta di aiuto della famiglia ed i recapiti telefonici. Il 25 giugno, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un giovane che diceva di chiamarsi Pierluigi e di avere sedici anni, il quale raccontò che insieme alla sua fidanzata aveva incontrato a Campo dei Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. "Pierluigi" riferì anche che "Barbara", all'invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata perché per farlo avrebbe dovuto usare gli occhiali da vista, che non le piacevano e aveva aggiunto che avrebbe preferito un modello della Ray-Ban come quello che la presunta fidanzata di "Pierluigi" indossava. Tre ore più tardi "Pierluigi" richiamò, aggiungendo che gli occhiali di "Barbara" erano "a goccia, per correggere l'astigmatismo" ma rifiutando un incontro con i familiari di Emanuela o di far parlare con loro la propria ragazza, sostenendo che questa fosse distratta e poco affidabile. Queste chiamate apparvero attendibili ai familiari, poiché in effetti Emanuela era astigmatica, si vergognava di portare gli occhiali e suonava il flauto. Il 26 giugno "Pierluigi", durante un'altra chiamata cui rispose lo zio della giovane, aggiunse alcune informazioni su se stesso: disse di avere sedici anni e di trovarsi in quella giornata con i genitori in un ristorante al mare. Comunicò anche che "Barbara" avrebbe suonato il flauto al matrimonio della sorella programmato per settembre, ma rifiutò ogni ulteriore collaborazione per rintracciare Emanuela e di incontrare di persona lo zio; anzi, quando questi gli chiese un incontro in Vaticano, presso l'abitazione dei genitori della ragazza, il sedicente "Pierluigi" rimase sorpreso chiedendo all'uomo se egli fosse un sacerdote. Gli inquirenti appurarono che tra gli amici di Emanuela vi era in effetti un ragazzo di nome Pierluigi, che però al momento della scomparsa si trovava in villeggiatura altrove. Il 28 giugno fu la volta di un tale "Mario" sedicente titolare di un bar nel centro di Roma, nei pressi di Piazza dell'Orologio (assai vicina al Ponte Vittorio, lungo il tragitto che Emanuela percorreva abitualmente per recarsi alla scuola di musica) il quale, con un forte accento romano, disse di avere trentacinque anni. Anch'egli sosteneva di aver visto un uomo e due ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di Venezia e chiamarsi "Barbarella". Significativo risulta, durante la telefonata di "Mario", un piccolo dettaglio: quando gli viene chiesta l'altezza della ragazza, egli esita, come se non lo sapesse e poi si limita a dichiarare "È bell'altina" mentre in realtà la Orlandi era alta appena un metro e sessanta. In sottofondo, si sente una seconda voce, che dice "No, de più". Sembra quindi che ci fosse un secondo uomo con lui, il quale aveva visto la ragazza, al contrario di "Mario", a meno che non si trattasse di un mitomane. In una seconda telefonata, "Mario" spiegò che "Barbara" gli aveva confidato di essersi allontanata volontariamente da casa perché stufa della routine domestica, ma di essere intenzionata a fare rientro alla fine dell'estate per il matrimonio della sorella. La famiglia, considerando quest'ipotesi impossibile, perse a questo punto fiducia nelle telefonate di "Mario" e "Pierluigi". Anni dopo, fu suggerito che il sedicente "Mario" fosse un uomo vicino alla Banda della Magliana, ma tale ipotesi non fu mai provata in modo certo.
I giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Emanuela, il fratello della ragazza ed alcuni amici appurarono che una giovane descritta come molto simile a lei, anche se non è stato mai confermato se si trattasse effettivamente di Emanuela, era stata notata parlare con un uomo sia da un agente di polizia, sia da un vigile urbano in servizio davanti al Senato (al quale la ragazza avrebbe chiesto dove si trovasse la Sala Borromini). Il vigile, interrogato dalle forze dell'ordine una volta cominciate le indagini per la scomparsa, riferì che la ragazza era in compagnia di un uomo alto circa un metro e settantacinque, di età tra i trentacinque e i quarant'anni, snello, vestito elegantemente con il viso lungo, stempiato, che portava con sé una valigetta o una borsa e che sarebbe giunto alla guida di una Bmw Touring verde. Il poliziotto dichiarò di aver scorto nelle mani dell'uomo un involucro solido, forse un tascapane. Un collaboratore del Sisde, Giulio Gangi, amico dei cugini della Orlandi, riuscì a rintracciare ben presto la Bmw "verde tundra" (secondo la descrizione del poliziotto) dell'uomo che aveva parlato con Emanuela; in particolare scoprì che era stata riparata (pur essendo priva di documenti) da un meccanico del quartiere Vescovio. A questo artigiano l'auto sarebbe stata portata da una donna bionda; il danno avrebbe riguardato la rottura del vetro del finestrino anteriore destro, ma questa rottura non sembrava causata da un'azione diretta - come solitamente, per incidente o furto - dall'esterno verso l'interno, bensì dall'interno verso l'esterno. Il Gangi, che era al tempo impegnato in indagini su un giro di prostituzione verosimilmente connesso con materie di stretta competenza dell'Istituto di appartenenza, rintracciò in breve la donna in questione, che scoprì e contattò in un residence della Balduina; la donna rifiutò di collaborare ed il Gangi al suo ritorno in ufficio scoprì che i suoi superiori erano stati informati del suo contatto, nonostante fosse stato effettuato con nome e documenti di copertura e su un'auto con targa altrettanto dissimulata. Il Gangi aveva anche fatto verifiche presso la casa di moda di cui aveva parlato l'uomo della Bmw, l'atelier delle sorelle Fontana, ove fu informato del fatto che più ragazze si erano ivi presentate illuse di poter partecipare agli eventi della Casa in quanto presentatrici di cosmetici, possibilità decisamente esclusa dalla direttrice. Un anno dopo la scomparsa di Emanuela, un'adolescente romana fu adescata da un giovane sedicente promotore di cosmetici; l'uomo fu fermato ma risultò estraneo al caso Orlandi.
Domenica 3 luglio 1983 il Papa di allora, Giovanni Paolo II, durante l'Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro. Il 5 luglio giunse una chiamata alla sala stampa vaticana. All'altro capo del telefono un uomo, che parlava con uno spiccato accento anglosassone (e per questo subito ribattezzato dalla stampa "l'Amerikano"), affermò di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi erano già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, e richiese l'attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano. Chiamava in causa Mehmet Ali Ağca, l'uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice Giovanni Paolo II, affinché venisse liberato entro il 20 luglio. Un'ora dopo, l'uomo chiamò a casa Orlandi, e fece ascoltare ai genitori un nastro con registrata la voce di ragazza con inflessione romana, forse di Emanuela, che ripete sei volte una frase, forse estrapolata da un dialogo più lungo: "Scuola: Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, dovrei fare il terzo liceo 'st'altr'anno... scientifico". L'8 luglio 1983 un uomo con inflessione mediorientale telefonò ad una compagna di conservatorio di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano venti giorni di tempo per fare lo scambio con Ali Ağca, e chiedendo una linea telefonica diretta con il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli. La giovane dichiarò che lei ed Emanuela si erano scambiate i numeri di telefono lo stesso giorno della scomparsa, per tenersi in contatto in vista della preparazione di un concerto, aggiungendo che Emanuela aveva trascritto il suo numero su un foglio che aveva riposto nella tasca dei jeans che indossava. Il 17 luglio venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Ağca, la richiesta di una linea telefonica diretta con il cardinale Casaroli, e si sentiva la voce di una ragazza che implorava aiuto, dicendo di sentirsi male:fu appurato che la voce era stata estrapolata da un film e non era quella di Emanuela. La linea fu installata il 18 luglio. Alcuni giorni più tardi, in un'altra telefonata, "l'Amerikano" chiese allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul nastro, e di informarsi presso il cardinale Agostino Casaroli, riguardo ad un precedente colloquio. In totale, le telefonate de "l'Amerikano" furono sedici, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l'uomo (mai rintracciato) non aprì nessuna reale pista. Non furono mai prodotte prove che dimostrassero l'esistenza in vita di Emanuela né tantomeno che la ragazza fosse effettivamente ostaggio dei Lupi grigi, l'organizzazione di cui Ağca faceva parte. Nel comunicato numero 20 del 20 novembre 1984, i Lupi grigi dichiarano di custodire nelle loro mani tanto Emanuela quanto la sua coetanea romana, Mirella Gregori, scomparsa da Roma nel mese di maggio 1983. La "pista turca" dei Lupi grigi, tuttavia, è stata sconfessata dall'ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della Germania Est sfruttarono il caso di Emanuela Orlandi scrivendo finte lettere a Roma per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi Grigi, al fine di scagionare la Bulgaria dalle accuse durante le indagini per l'attentato a Papa Giovanni Paolo II. L'estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della Banda della Magliana Antonio Mancini, che nel 2007 ha dichiarato "Si diceva che la ragazza era roba nostra, l'aveva presa uno dei nostri". Nel 2010 Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ebbe un colloquio con Mehmet Ali Ağca, nel quale l'ex terrorista confermò l'ipotesi del rapimento per conto del Vaticano, già menzionata nella telefonata del 5 luglio 1983 e fece il nome di un cardinale, Giovanni Battista Re, ritenendolo persona informata sui fatti. Un anno dopo, la registrazione del colloquio venne pubblicata dalla trasmissione Chi l'ha visto? che censurò il nome del cardinale. Pietro Orlandi, in quel momento in collegamento, comunicò di essere andato a parlare con lo stesso Re, il quale avrebbe smentito le parole dell'ex terrorista.
Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l'identikit de "l'Amerikano", stilato dall'allora vicecapo del Sisde Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, corrisponderebbe a monsignor Paul Marcinkus, che all'epoca era presidente dello Ior, la "banca" vaticana: gli specialisti del Sisde, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, per un totale di trentaquattro comunicazioni, ne ritennero affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro sedici, che riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (ritenendo possibile che fosse stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale ed una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato).
Nel luglio del 2005, alla redazione del programma Chi l'ha visto?, in onda su Raitre, arrivò una telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi era necessario andare a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare e controllare "del favore che Renatino fece al cardinal Poletti". Si scoprì così che "l'illustre" defunto altri non era che un capo della Banda della Magliana, Enrico De Pedis. L'inviata Raffaella Notariale era riuscita a ottenere le foto della tomba ed i documenti originali relativi alla sepoltura del boss, voluta dal cardinale Ugo Poletti, allora presidente della Cei. Il 20 febbraio 2006, un pentito della Banda, Antonio Mancini, sostenne, in un'intervista al giornalista Fiore De Rienzo di Chi l'ha visto?, di aver riconosciuto nella voce di Mario quella di un sicario al servizio del De Pedis, tale Rufetto. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica tuttavia, non confermarono quanto dichiarato da Mancini. Alla redazione del già citato programma di Raitre giunse poi una cartolina raffigurante una località meridionale che presentava il seguente testo: "Lasciate stare Renatino". Il 30 giugno 2008, Chi l'ha visto? trasmise la versione integrale della telefonata anonima del luglio 2005, lasciata inedita fino ad allora. Dopo le rivelazioni sulla tomba di De Pedis e del cardinal Poletti, la voce aggiungeva "E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei...con l'altra Emanuela". Il bar si rivelò appartenere alla famiglia di S. d. V, amica di Mirella Gregori. La redazione di Chi l'ha visto? è stata minacciata nel luglio 2008 anche da un'altra telefonata anonima da parte di un certo "biondino". Nel luglio 2011 la procura distrettuale di Roma ha arrestato alcuni componenti della famiglia romana De Tomasi, accusati di reati tra i quali usura e riciclaggio di denaro; secondo gli inquirenti, Giuseppe De Tomasi, noto come "Sergione", affiliato alla Banda della Magliana, è la stessa persona che nel 1983 telefonò alla famiglia Orlandi identificandosi con il nome "Mario", mentre il figlio, Carlo Alberto De Tomasi, è l'autore della telefonata a Chi l'ha visto? del luglio 2005.
Secondo una pista investigativa, Emanuela Orlandi sarebbe stata attirata ed uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui sarebbero stati coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un'ambasciata straniera presso la Santa Sede. Altre indagini rinviano ad una pista che conduce a Boston, con coinvolgimento di preti pedofili. Secondo Padre Gabriele Amorth, la giovane Emanuela Orlandi sarebbe morta in un'orgia di pedofili tenutasi in Vaticano. La ragazza sarebbe stata drogata e coinvolta in un'orgia nella quale sarebbe rimasta uccisa. Questa è l'ipotesi che, in un'intervista rilasciata il 22 maggio 2012 a La Stampa, è stata avanzata dal religioso, definito dal quotidiano "capo mondiale degli esorcisti"; la notizia è pubblicata anche nel suo libro L'ultimo esorcista. Nell'intervista, l'esorcista dichiara quanto segue: "Come dichiarato anche da monsignor Simeone Duca, archivista vaticano, venivano organizzati festini nei quali era coinvolto come reclutatore di ragazze anche un gendarme della Santa Sede. Ritengo che Emanuela sia finita vittima di quel giro. Non ho mai creduto alla pista internazionale, ho motivo di credere che si sia trattato di un caso di sfruttamento sessuale con conseguente omicidio poco dopo la scomparsa e occultamento del cadavere. Nel giro era coinvolto anche personale diplomatico di un'ambasciata straniera presso la Santa Sede". La stessa ipotesi, coinvolgendo anche Paul Marcinkus, è stata fatta dal collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, ex affiliato di Cosa nostra, che ha riferito alla trasmissione Chi l'ha visto? nel 2014 una presunta confidenza di un boss mafioso, affermante che la Orlandi è morta durante un festino a base di droga e sesso, ed è sepolta in Vaticano con altre presunte giovani vittime. Una fonte anonima, già nel 2005, avrebbe fatto confidenze di tenore sostanzialmente analogo, ovvero che Emanuela sarebbe deceduta, forse accidentalmente, in seguito a un "incontro conviviale" tenutosi nei pressi del Gianicolo, situato al capolinea dell'autobus che la ragazza avrebbe dovuto prendere per tornare a casa, nella residenza di un alto prelato o comunque di una persona vicina agli ambienti vaticani e che il suo cadavere sarebbe stato probabilmente occultato nelle vicinanze.
Nel 2006 la giornalista Raffaella Notariale raccolse un'intervista di Sabrina Minardi, ex-moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano, che tra la primavera del 1982 ed il novembre del 1984 ebbe una relazione con Enrico De Pedis. Due anni e mezzo dopo, il 23 giugno del 2008, la stampa italiana riportò le dichiarazioni che Sabrina Minardi aveva reso agli organi giudiziari che avevano deciso di ascoltarla: Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa e il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, gettato in una betoniera a Torvaianica. In quella occasione, secondo la Minardi, De Pedis si sarebbe sbarazzato anche del cadavere di un bambino di undici anni ucciso per vendetta, Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Il piccolo Nicitra fu però ucciso il 21 giugno 1993, ben dieci anni dopo l'epoca alla quale la Minardi fa risalire l'episodio, e tre anni dopo la morte dello stesso De Pedis, avvenuta all'inizio del 1990. Stando a quanto riferito da Sabrina Minardi, il rapimento di Emanuela Orlandi sarebbe stato effettuato materialmente da Enrico De Pedis, su ordine del monsignor Paul Marcinkus "come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro". Nel particolare, la Minardi ha raccontato di essere arrivata in auto (una Autobianchi A112 bianca) al bar del Gianicolo, dove De Pedis le aveva detto di incontrare una ragazza che avrebbe dovuto "accompagnare al benzinaio del Vaticano". All'appuntamento arrivarono una Bmw scura, con alla guida "Sergio", l'autista di De Pedis ed una Renault 5 rossa con a bordo una certa "Teresina" (la governante di Daniela Mobili, amica della Minardi) ed una ragazzina confusa, riconosciuta dalla testimone come Emanuela Orlandi. "Sergio" l'avrebbe messa nella Bmw alla cui guida andò la Minardi stessa. Rimasta sola in auto con la ragazza, la donna notò che questa "piangeva e rideva insieme" e "sembrava drogata". Arrivata al benzinaio, trovò ad aspettare in una Mercedes targata Città del Vaticano, un uomo "che sembrava un sacerdote" che la prese in consegna. La ragazza avrebbe quindi trascorso la sua prigionia a Roma, in un'abitazione di proprietà di Daniela Mobili in via Antonio Pignatelli 13 a Monteverde nuovo - Gianicolense, che aveva "un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'Ospedale San Camillo"(la cui esistenza, oltre ad un piccolo bagno e un lago sotterraneo, è stata accertata dagli inquirenti il 26 giugno 2008). Di lei si sarebbe occupata la governante della signora Daniela Mobili, "Teresina"; secondo la Minardi, la Mobili, sposata con Vittorio Sciattella, era vicina a Danilo Abbruciati, altro esponente di spicco della Banda della Magliana, coinvolto nel caso Calvi e che dispose il restauro della palazzina in via Pignatelli. La Mobili ha negato di conoscere la Minardi o di avere avuto un ruolo nel rapimento, poiché in quegli anni si trovava, così come il marito, in prigione. Tuttavia la Minardi si è sempre riferita alla governante "Teresina", che effettivamente lavorava nell'appartamento in quel periodo, anche se non aveva la patente. Successivamente, la Minardi ha citato un altro componente della Banda (corrispondente a un vecchio identikit) che, rintracciato dalle forze dell'ordine, ha confessato che il rifugio in via Pignatelli era sì un nascondiglio, "ma non per i sequestrati, bensì per i ricercati. Era il rifugio di Renatino De Pedis", negando la connessione fra l'ex boss della Magliana ed il rapimento Orlandi. Affiora anche il personaggio di Giulio Andreotti, presso il quale la Minardi racconta di essere andata a cena due volte, insieme con il compagno De Pedis, a quel tempo già ricercato dalla polizia. La donna specifica però che Andreotti "non c'entra direttamente con Emanuela Orlandi, ma con monsignor Marcinkus sì". Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli inquirenti come parzialmente incoerenti (anche a causa dell'uso di droga da parte della donna in passato) hanno acquistato maggior credibilità nell'agosto 2008, a seguito del ritrovamento della Bmw che la stessa Minardi ha raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi e che risulta appartenuta prima a Flavio Carboni, imprenditore indagato e poi assolto nel processo sulla morte di Roberto Calvi, e successivamente ad uno dei componenti della Banda della Magliana. La pubblicazione dei verbali resi alla magistratura dalla Minardi ha suscitato le proteste del Vaticano, che, per bocca di padre Federico Lombardi, portavoce della Sala stampa della Santa Sede, ha parlato di "mancanza di umanità e rispetto per la famiglia Orlandi, che ne ravviva il dolore", e ha definito come "infamanti le accuse rivolte a Mons. Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi". Il 19 novembre 2009 Sabrina Minardi, interrogata presso la Procura della Repubblica di Roma dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pubblico ministero Simona Maisto, sembrerebbe aver riconosciuto l'identità di "Mario", ossia l'uomo che nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi telefonò ripetutamente alla famiglia. Il 21 novembre, su Rainews 24, andò in onda un'altra intervista a Sabrina Minardi, la quale raccontò che Emanuela Orlandi aveva trascorso i primi quindici giorni di prigionia a Torvaianica, nella casa al mare di proprietà dei genitori della Minardi stessa. Il 2 febbraio 2010 Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha incontrato Alì Aǧca, dal quale ha ricevuto rassicurazioni sul fatto che "Emanuela è viva e ritornerà presto a casa". Secondo l'ex Lupo grigio, la ragazza "ora vive reclusa in una mega villa in Francia o in Svizzera. Tornerà a casa". Il 10 marzo 2010 è stata resa nota l'esistenza di un nuovo indagato, Sergio Virtù, indicato da Sabrina Minardi come l'autista di fiducia di "Renatino", il quale avrebbe avuto un ruolo operativo nel sequestro della ragazza. L'uomo venne indagato per i reati di omicidio volontario aggravato e sequestro di persona. Virtù fu arrestato il giorno dell'interrogatorio per altri reati e trasferito nel carcere di Regina Coeli. All'ex autista di De Pedis infatti, erano state inflitte in passato due condanne perché coinvolto in reati di truffa. Davanti ai pubblici ministeri titolari dell'inchiesta, Virtù ha negato ogni addebito sulla vicenda, in particolare di avere mai conosciuto né avuto rapporti di amicizia con De Pedis. A carico dell'ex autista ci sono anche alcune dichiarazioni di un'altra donna, definita dagli inquirenti una sua ex convivente, la quale avrebbe raccontato di aver avuto un ruolo nel sequestro della Orlandi e di averne per questo anche ricevuto compenso. Nel luglio 2010 è stato dato, dal Vicariato di Roma, il via libera all'ispezione della tomba di Enrico De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare. Il 17 giugno 2011, durante un dibattito sul libro di Pietro Orlandi Mia sorella Emanuela in diretta tv su Romauno, un uomo dichiaratosi ex-agente del Sismi afferma che "Emanuela è viva, si trova in un manicomio in Inghilterra ed è sempre stata sedata". Aggiunge che causa del rapimento fu la conoscenza da parte di Ercole Orlandi, padre di Emanuela, di attività di riciclaggio di denaro "sporco", collegando il rapimento a Calvi e al crack dell'Ambrosiano. Il 24 luglio 2011 Antonio Mancini, in un'intervista a La Stampa, dichiara che effettivamente la Orlandi fu rapita dalla Banda della Magliana per ottenere la restituzione del denaro investito nello Ior attraverso il Banco Ambrosiano, come ipotizzato dal giudice Rosario Priore. Mancini aggiunge di ritenere sottostimata la cifra di venti miliardi e che fu Enrico De Pedis a far cessare gli attacchi contro il Vaticano, malgrado i soldi non fossero stati tutti restituiti, ottenendo in cambio, fra le altre cose, la possibilità di essere sepolto nella Basilica di Sant'Apollinare, come poi effettivamente avvenne. Il 14 maggio 2012 finalmente venne aperta la tomba di De Pedis, ma al suo interno era presente unicamente la salma del defunto, che, per espresso desiderio dei familiari, venne cremata. Allora si scavò più approfonditamente, ma vennero trovate solo nicchie con resti di ossa risalenti al periodo napoleonico. Quattro giorni dopo, il 18 maggio, viene indagato Don Pietro Vergari per concorso in sequestro di persona. Nell'ottobre 2018 delle ossa umane sono rinvenute sotto un pavimento di Villa Giorgina, sede romana della Nunziatura apostolica in Italia. I primi accertamenti determinano che le ossa provengono dal corpo di una donna, e che potrebbero in realtà appartenere a due persone. In attesa degli accertamenti, viene nominata l'ipotesi che lo scheletro sia quello di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori. Il 23 novembre 2018 venne reso noto che le ossa ritrovate nella Nunziatura apostolica non appartenevano né ad Emanuela Orlandi né a Mirella Gregori ma che risalivano a prima del 1964.


AGGIORNAMENTO DEL 04/03/2019


"Posso confermare che la lettera della famiglia di Emanuela Orlandi è stata ricevuta dal cardinale Pietro Parolin e che verranno ora studiate le richieste rivolte nella lettera". Così il direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti, ha risposto alle domande dei giornalisti a proposito della notizia pubblicata Corriere della Sera sul caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia misteriosamente scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. La famiglia Orlandi, infatti, tramite il suo legale Laura Sgrò, ha presentato formale istanza al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per riaprire una tomba sospetta nel cimitero teutonico, campo santo custodito all'interno delle Mura vaticane. Appoggiato a una parete del cimitero, scrive il Corriere, c'è la statua di un angelo che tiene un foglio con la scritta in latino "Requiescat in pace", "Riposa in pace". Per terra una lastra con una scritta funeraria dedicata alla principessa Sofia ed al principe Gustavo von Hohenlohe che nel 1857 fu nominato arcivescovo da papa Pio IX. L'estate scorsa una lettera con allegata la foto della tomba è stata recapitata all'avvocatessa Sgrò: "Cercate dove indica l'angelo". A quel punto sono state avviate indagini difensive effettuando verifiche sullo stato dei luoghi e si è scoperto che la tomba è stata aperta almeno una volta e che la datazione della statua è diversa da quella della lastra. Ma si è soprattutto "verificato che alcune persone erano state informate della possibilità che i resti di Emanuela Orlandi fossero stati nascosti nel cimitero teutonico". "Alcune fonti - è scritto nell'istanza depositata dall'avvocato Sgrò il 25 febbraio scorso - riferiscono che più persone da anni sono solite deporre i fiori in segno di pietà nei confronti dell'Orlandi che lì sarebbe seppellita. Per fugare ogni dubbio sul contenuto, si ritiene opportuno una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l'apertura della tomba alla presenza della sottoscritta di un rappresentante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico, il dottor Giorgio Portera, affinché possa partecipare alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso". Dopo la riapertura il 14 maggio 2012 della tomba di Renatino de Pedis, boss della Magliana, nella basilica di Sant'Apollinare, dopo le verifiche condotte sulle ossa umane ritrovate il 30 ottobre scorso sotto un pavimento nella sede della Nunziatura apostolica in Italia, in Via Po - in ambedue i casi con esiti negativi -, ora si cercherà il corpo della povera Emanuela anche in una tomba in Vaticano? Sarà quest'ultima richiesta della famiglia a indirizzare le indagini verso la soluzione di uno dei più fitti misteri che coinvolgono Italia e Santa Sede?

AGGIORNAMENTO DEL 10/04/2019

“Dopo trentacinque anni il Vaticano finalmente indaga ufficialmente sulla scomparsa di mia sorella. Speriamo che sia arrivato finalmente il momento per giungere alla verità e dare giustizia a Emanuela”. A dirlo è Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, dopo la notizia secondo la quale il Vaticano ha aperto un’indagine su Emanuela Orlandi. Ad autorizzare l’apertura delle indagini è stata la Segreteria di Stato. Lo conferma l'avvocato della famiglia Orlandi Laura Sgrò, che dice: “Stiamo seguendo gli sviluppi delle indagini delle Autorità vaticane auspicando in una piena collaborazione, proseguendo comunque nelle nostra attività di indagini difensive”. La notizia arriva qualche settimana dopo una richiesta al Vaticano della famiglia della Orlandi di riaprire una tomba nel cimitero teutonico, all'interno dello Stato Vaticano. Era stata la stessa Sgrò, l'estate scorsa, ad aver ricevuto una lettera con allegata la foto della tomba in oggetto, con un messaggio anonimo: “Cercate dove indica l'angelo”. Il riferimento è alla statua di un angelo che regge in mano un foglio riportante la scritta “Requiescat in pace”, “riposa in pace”. Secondo alcune ricostruzioni da anni diverse persone depongono dei fiori presso quella stessa tomba, perché si dice che vi sia seppellita Emanuela. L'apertura di un'inchiesta in Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi "è una svolta importante. Sono contenta per la famiglia di Emanuela e spero si arrivi finalmente alla verità", dice Antonietta Gregori, sorella di Mirella, la ragazza romana di quindici anni di cui si sono perse le tracce il 7 maggio del 1983. "Non credo che la vicenda della tomba nel cimitero teutonico riguardi mia sorella ma spero che la sua scomparsa non rimanga nell'oblio. Io, come la famiglia Orlandi, sono qui a lottare per arrivare alla verità anche dopo quasi trentasei anni".

VERSIONI DIFFERENTI (AGGIORNAMENTO DEL 29/05/2020)

Dal Gruppo Facebook "Vogliamo la verità su Emanuele Orlandi" Lucio Di Loreto posta "È ironico come la balla del rapimento sia partita tutta dall'uomo Avon, addirittura nella ricostruzione di Fiore de Rienzo, Telefono Giallo e CLV con complice femminile e autista da rimorchio..oppure in "Scomparsi" sostituito da maxi autovettura nera con monsignore ad attendere l'ingresso della ragazza nel sedile posteriore..sostenere che Emanuela era tutta casa e chiesa, schiva e restia a passaggi e poi ritrarla così "scafata" a 15 anni da farsi abbordare da uno sconosciuto o seguire il Marcinkus di turno è un controsenso squallido che può abbindolare solo chi ha gli occhi foderati di prosciutto..x me Emanuela Orlandi non era "scafata" ma nemmeno casa e chiesa, era molto sveglia e xcio' non si sarebbe fatta "fregare" così..aggiungo che x parecchio tempo nei vecchi giornali d'epoca nessuno parlò mai di questo venditore e d'altronde Meneguzzi lo ignora nella descrizione telefonica di Mario! Grazie ai libri di Pino e Tommaso, a vecchie testimonianze o rivelazioni clamorose abbiamo una schiera di abituali accompagnatori che potrebbero essere stati lì in quel fatidico momento: 

1-Don Civitillo (lo disse a Nicotri dei frequenti strappi a casa) 

2-Il gruppo ACR (a giugno rientrava spesso con loro, lo disse Maria Pezzano a Nicotri) 

3-zio Mario (potrebbe essere lui l'uomo visto da Sambuco con lei e che sembrava conoscerla bene, oltre ad essere spiccicato all'identikit stilato dal vigile) 

4-un potente esponente vaticano, tanto da permettersi un macchinone con vetri scuri che sovente la caricava fuori musica (rivelato a Nelli da due sue amiche) 

5-Anna Orlandi con la quale usciva spesso insieme 

6-il suo amico misterioso con cui condivideva le sortite con la zia 

7-una conoscenza di Torano che magari la bazzicava pure a Roma dove abitava (è Egidio ad attenzionare la comitiva estiva se non indicarla proprio fulcro di tutto) 

8-i suoi "concittadini" passati lì x caso 

9-i marinai tossici e gigolò che frequentava nelle feste (uno di loro venne riconosciuto dal sismi quale pedinatore della sig.ra Giordani) 10-qualunque parente, in primis pietro, col quale litigò ferocemente nel momento di uscire ed andare a Sant'Apollinare.. mi dispiace deludere chi si aspettava DePedis nell'elenco..che come diceva sempre Carla non era uno stinco di santo in quanto all'epoca detenuto, ma certamente estraneo ai fatti!!".

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