giovedì 28 febbraio 2019

UDIENZA DEL PROCESSO SUI LAVORI MAL ESEGUITI AL PONTE DI OLOE' (28/02/2019)

Di Giampaolo Carboni.

Già individuata come parte lesa, all'inizio dell’indagine per i lavori di restauro mal eseguiti del ponte di Oloè dopo l’alluvione del 2013, finora, tuttavia, non era potuta entrare a pieno titolo nel processo a causa della mancata notifica di un atto: nessuno le aveva inviato il decreto che disponeva il giudizio. Ma da quest'oggi, dopo aver fatto rilevare l’errore a processo dichiarato già aperto, l’Anas ha chiesto, ottenuto ed assunto anche lo status di parte civile. Ed entra così a pieno diritto nel processo ribattezzato come “Oloè 2”, a dar manforte alla pubblica accusa rappresentata dal pubblico ministero Giorgio Bocciarelli. Da adesso in poi, dunque, l’Anas potrà intervenire nel giudizio aperto davanti al giudice monocratico Federico Loche interrogando i testimoni, convocandone altri, sollecitando chiarimenti o perizie. Secondo la giustizia, dunque, l’Anas è stata anch’essa danneggiata dalle condotte che si contestano agli attuali imputati finiti a processo: l’amministratore unico della Costruzioni Sacramati Spa, Roberto Sacramati, difeso dall’avvocato Massimo Zuppa, il direttore tecnico dell’impresa Sacramati, Gianfranco Castiglioni, difeso dagli avvocati Luca Accardo e Maurizio Serra, ed il direttore dei lavori per conto dell’Anas compartimento Sardegna, Antonio Giacobbe, difeso dall’avvocato Valerio Fundarò. Erano stati loro, attraverso la ditta che rappresentavano a eseguire, per conto dell’Anas, i lavori al ponte di Oloè dopo la devastazione causata dall’alluvione del 2013. Ma secondo l’accusa, evidentemente, quei lavori, la ditta, li avevano realizzati tutt’altro che a regola d’arte. Ed ecco perché anche l’Anas che aveva incaricato quell'impresa, si è sentita danneggiata dalla condotta ed è riuscita a farsi ammettere come parte civile al processo nella giornata odierna. L’udienza entrerà nel vivo il prossimo 18 settembre: in quella occasione, infatti, il giudice monocratico dichiarerà di nuovo aperto il procedimento e il processo entrerà nel vivo con l’audizione dei primi testimoni. I tre imputati sono accusati, in concorso tra loro di aver commesso una frode in pubbliche forniture, "fornendo cose diverse in modo significativo per quantità, qualità e provenienza rispetto a quanto pattuito nell'ambito dell’appalto relativo ai lavori di restauro del viadotto di Oloè". Sempre stando all'accusa, i tre imputati avevano modificato alcuni materiali previsti dai lavori, e in diversi casi, per l’accusa, erano modifiche non classificabili "come variante di poco conto sia in relazione all’importo notevolmente maggiorato". Persino le scogliere a ridosso del ponte di Oloè, dice l’accusa, non sono state realizzate come avrebbero dovuto: ma sono state ridotte con la posa in opera "di massi di dimensione e peso molto inferiori a quelli previsti nel progetto di appalto".

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