domenica 12 maggio 2019

LA MORTE DEL MILITARE EMANUELE SCIERI NELLA CASERMA GAMERRA DI PISA (11/08/1999)

Di Redazione.

IL FENOMENO DEL NONNISMO IN ITALIA

Per decenni, all'interno delle forze armate italiane, la tendenza è stata di minimizzare o negare le colpe delle gerarchie militari, nonché di ostacolare la pubblicità degli episodi che accadevano. Negli anni ottanta e in misura maggiore negli anni novanta del ventesimo secolo gli episodi di nonnismo cominciarono ad emergere con più frequenza e a diventare di dominio pubblico, tra i più famosi ci furono l'uccisione dell'agente dei Nocs Samuele Donatoni durante le operazioni del sequestro Soffiantini nel 1997, avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite e la morte di Emanuele Scieri (NELLA FOTO IN ALTO), che prestava servizio presso la brigata paracadutisti "Folgore"", la cui morte avvenne nel 1999 in circostanze mai del tutto chiarite, nella Caserma "Gamerra" sede del Centro Addestramento Paracadutisti di Pisa. Il caso scosse l'opinione pubblica, al punto da indurre la classe politica a progettare il superamento del servizio militare di leva in Italia, ma soprattutto portò alla scoperta di una "politica" che, anziché arginare e perseguire atti di nonnismo, li nascondeva e addirittura li tollerava. Sull'accaduto del 1999 ci furono alcune interrogazioni parlamentari, come ad esempio quelle da parte dei deputati alla camera Sandro Delmastro delle Vedove, Athos De Luca e dell'allora Ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio. Sebbene indagini rivelassero che il corpo del giovane siracusano era già morto da diverso tempo, i colpevoli non furono trovati.Nel 2014 una mozione del consiglio comunale di Pisa ha avuto ad oggetto la richiesta della riapertura delle indagini sulla morte del militare italiano. Pur non esistendo una autonoma fattispecie di reato, nel 2000 per contrastare il fenomeno, vennero introdotti nel codice penale militare italiano nuovi reati come quelli di violenza privata, maltrattamenti ed estorsione. Per quanto riguarda la giurisprudenza, la terza sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 26 febbraio 2013, numero 4809 ha stabilito che, qualora gli episodi di “nonnismo”, patiti durante un solo mese di servizio militare, aggravino i problemi psichici di un individuo, l'obbligo a carico del Ministero della Difesa di risarcimento del danno. Riguardo alla diffusione del fenomeno, dopo un calo all'inizio degli anni 2000, a partire dal 2012 si è avuta una recrudescenza del fenomeno stesso.

L'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE A FIRMA DELMASTRO DELLE VEDOVE

Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che: l'ex-ufficiale dell'Aeronautica militare Mario Ciancarella è stato arrestato, in data 8 luglio 2000, dai Carabinieri del nucleo operativo di Pisa per calunnia, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip dottor Antonio Di Bugno nell'ambito dell'inchiesta sulla morte dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri, avvenuta l'11 agosto 1999 all'interno della caserma Gamerra (il corpo venne scoperto solamente in data 14 agosto 1999); il provvedimento, richiesto dal procuratore della Repubblica di Pisa dottor Enzo Iannelli, fa riferimento ad una deposizione resa il 28 febbraio 2000 dal Ciancarella allo stesso magistrato, deposizione con la quale il fantasioso sottufficiale aveva sostenuto che il paracadutista tragicamente scomparso era stato costretto da commilitoni a salire sulla scala, che il giovane Scieri era stato volontariamente colpito ad una mano e che, caduto a terra rovinosamente, era stato "vegliato" fino alla morte dagli stessi commilitoni; il Ciancarella, che immancabilmente aveva ripetuto tali affermazioni ad alcuni organi di stampa, aveva spiegato di avere appreso tale versione dei fatti da un interlocutore telefonico che aveva voluto conservare l'anonimato; il Ciancarella, che già aveva deposto nell'ambito del procedimento relativo alla strage di Ustica e che era già stato giudicato non credibile dal Giudice Rosario Priore, non aveva dato ovviamente alcun riscontro che potesse attribuire un minimo di credibilità alla propria versione; gravissimo è stato il danno all'immagine dell'esercito e, segnatamente, della brigata paracadutisti Folgore, inferto dalla deposizione, ampiamente diffusa dagli organi di stampa, resa dal sottufficiale Ciancarella -: se ritenga assolutamente necessario tutelare il buon nome delle Forze armate italiane e, nel caso di specie, della brigata paracadutisti Folgore, attraverso la formale costituzione di parte civile nel procedimento per calunnia contro Mario Ciancarella per ottenere, nel caso di conferma giudiziale della penale responsabilità del sottufficiale, la giusta pena ed un adeguato risarcimento di tutti i danni di natura non patrimoniale subìti dalle Forze armate italiane. Ciancarella è stato poi sempre assolto.

AGGIORNAMENTO DEL 30/03/2000

C'è una nuova, drammatica e controversa testimonianza sul caso di Emanuele Scieri, il parà trovato morto la mattina del 16 agosto scorso nella caserma Gamerra di Pisa. E' quella di Mario Ciancarella, teste che racconta ai microfoni di RaiNews24 i retroscena della morte del parà. Racconta che quella notte, i "nonni" avrebbero costretto Emanuele a salire sulla scala. Mentre era lì appeso uno di loro gli avrebbe schiacciato la mano con un piede. Fu allora che Emanuele Scieri cadde dall'alto, schiantandosi sui tavoli accatastati proprio lì sotto. Una brutta caduta, ma non fatale per il parà. A ucciderlo, secondo il teste, sarebbe stata la paura. I "nonni", racconta Ciancarella, a quel punto persero "tutta la loro baldanza, si trovano di fronte un ragazzo boccheggiante che non è morto, che forse potrebbe essere salvato". E si rivolgono a un sottufficiale di giornata, un ufficiale di ispezione. Il consiglio che ricevono è agghiacciante: l'unica possibilità per uscirne indenni era vegliare lo Scieri finché non fosse morto. E così fanno. Questo il racconto di Mario Ciancarella, ufficiale pilota dell'aeronautica fino al 1983, poi uscito dalle forze armate, sentito anche per la strage di Ustica, ma considerato teste indaffidabile da Rosario Priore, il magistrato che indagò sul disastro aereo. Una testimonianza di seconda mano, frutto di una telefonata anonima di un presunto commilitone del parà morto. E' lo stesso teste ad ammetterlo: "Ho ricevuto quella telefonata un mese circa dopo la morte di Scieri e ho riferito quanto mi venne detto in quell' occasione al sostituto procuratore Giambartolomei e al procuratore Iannelli, al quale ho anche indirizzato una decina di pagine di memoria". Una testimonianza che prende tutti in contropiede, il procuratore di Pisa Enzo Iannelli, che conduce l'inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri e che ha già ascoltato Ciancanella e il procuratore militare di La Spezia Giovanni Ballo: "La ricostruzione da lui fornita può essere anche compatibile, in linea teorica, ma mancano fonti di prova o elementi di riscontro. Se, ad esempio avesse registrato quella telefonata, oppure individuato il numero di apparecchio da cui proveniva, come oggi è possibile, forse sarebbe stato utile". Insorge l'associazione dei genitori dei soldati che chiede la salvaguardia del testimone, "perché sappiamo cosa succede in questi casi" e chiede al presidente della Repubblica, la chiusura definitiva della Folgore perché "non è ammissibile una cultura criminale di questo genere".

AGGIORNAMENTO DEL 28/10/2007

“Fin dal primo momento ci siamo battuti per trovare la verità, il dolore non può cancellarlo nessuno, ma vogliamo capire cosa è successo quel giorno dentro la caserma Gamerra di Pisa”. La voce di Isabella Guarino, mamma del paracadutista Emanuele Scieri, è rotta dal pianto mentre ricorda i terribili momenti di quel ferragosto 1999, quando improvvisa arrivò la notizia della morte del figlio appena arruolato nella Folgore. Il suo corpo giaceva sotto la torretta della caserma, senza segni di percosse, sotto dei tavoli ammassati. Per tre giorni è rimasto là sotto senza che nessuno volesse accorgersene. Prima si ipotizzò il suicidio. Poi l’inchiesta della magistratura. “Ucciso da nessuno” hanno sentenziato le indagini. Del caso del giovane siracusano se ne è riparlato ieri (sabato 27 ottobre) a Capannori (Lucca) nel corso di un’iniziativa, intitolata “Rivitalizzare la Costituzione”, organizzata dal Comune, dall’Osservatorio della Pace dell’amministrazione, dal Comitato Sandro Marcucci, dall’Arci, da Cittadinanzattiva e da Libera. Poco prima dell’incontro il sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro e il neo vicesindaco Luca Menesini, con delega alla pace, hanno incontrato i genitori. “Li ringrazio – ha detto Del Ghingaro aprendo i lavori – perché hanno fatto un bel gesto a venire a trovarci. Per noi è l’inizio di una serie di incontri sulla legalità perché la comunità cresce non solo con le azioni di governo, ma anche con la riflessione sui temi importanti della nostra democrazia”. Un appuntamento – coordinato dall’avvocato Alessandro Berutto - nato su spinta di un gruppo di studenti del Liceo Majorana di Capannori che hanno raccolto più di quattrocento firme per far approvare al consiglio comunale una mozione che chiede la riapertura del caso. Erano presenti anche, invitati dal Comitato Marcucci, il vicepresidente del Senato Milziade Caprili e la senatrice Lidia Menapace, grande protagonista del movimento pacifista italiano fin dal dopoguerra. E la sala era piena di quei ragazzi che si sono attivati per chiedere giustizia per Emanuele. Lui, appena laureato in giurisprudenza, con una brillante carriera di avvocato di fronte, decide di svolgere il servizio militare nella Folgore. Un ragazzo solare che inizia con il giuramento a Scandicci i primi di agosto il suo anno di leva con entusiasmo e spirito di servizio. “La sera del 13 agosto, venerdì, – racconta la madre – aveva telefonato alle nove meno e un quarto e casa. Era contento di essere arrivato a Pisa. Le ultime parole che ho sentito esprimevano l’entusiasmo di essere sotto la torre pendente. Era felice. Poi è iniziato il nostro incubo. Tre giorni senza sentirlo, il telefono era spento. Solo il lunedì successivo, alle sedici e trenta, sono arrivati i Carabinieri nella nostra casa dandoci la notizia della morte di Emanuele. È stato terribile. Come è possibile che un ragazzo muoia e rimanga tre giorni abbandonato? In questi casi, quando si registra l’assenza di un commilitone, si dovrebbe controllare metro su metro la caserma. Ancora non abbiamo potuto capire, ma la nostra vita è stata sconvolta. Vi chiediamo, se vi è possibile, di scavare ancora per sapere cosa sia successo a questo ragazzo”. I genitori di Emanuele, Corrado e Isabella, hanno da poco pubblicato un libro sulla loro vicenda. “Una traccia che rimarrà per sempre – ha commentato Corrado Sceri -, la speranza è che qualcuno lo legga e che possa darci qualche notizia per arrivare a sapere cosa sia successo a nostro figlio”. Un appello che per otto anni è rimasto inascoltato: nessuno dei vertici militari e dei commilitoni ha fornito indicazioni utili per arrivare alla verità e capire chi lo ha ucciso e perché. Non basta l’ipotesi del gesto di nonnismo finito in tragedia, servono nomi. “A me hanno riferito anche notizie false – prosegue il padre – cioè che aveva il cranio sfondato e fratture multiple. Ma non aveva ferite il corpo di Emanuele, solo tre incisioni sul collo del piede. A noi rimane la rabbia, perché le indagini non hanno portato a nulla. Non occorreva mettere a soqquadro la caserma, bastava una normale ronda per accorgersi subito di quello che era successo. Il nostro libro vuole comunicare questi stati d’animo e sperare che prima o poi qualcuno si decida a parlare”. Da subito ha parlato invece Mario Ciancarella, ex militare espulso dall’aeronautica all’inizio degli anni ottanta per il suo impegno all’interno del movimento di democratizzazione delle Forze Armate. All’indomani dell’omicidio Scieri, Ciancarella decise di cercare di raccogliere informazioni utili alle indagini e alla ricerca della verità. Qualche commilitone di Emanuele decise di parlare e lui mise a disposizione della magistratura la sua testimonianza. Risultato: arrestato per calunnia nei confronti dei vertici militari della Caserma, caso unico in Italia, poi prosciolto in tutti i gradi di giudizio. “Promisi ai genitori – ha detto Ciancarella al convegno – che non mi sarei fermato fino a che non si sarebbero trovati i responsabili. Per aver cercato informazioni fra i giovani colleghi di Scieri il procuratore di Pisa intese chiedere ed ottenere la mia incarcerazione per calunnia. Sono stato querelato dal generale Celentano per aver inviato una relazione sulle informazioni raccolte. Le sue accuse non hanno retto per ben sei gradi di giudizio”. Ciancarella ha ricostruito tutte le incongruenze e le lacune delle indagini sull’omicidio, sui silenzi interni alla Folgore. “Se la Folgore non si libera, diventa una 'Folgore di morte ed omertà' come hanno affermato nel loro libro i genitori di Emanuele. Quello di oggi non è un ricordo mesto di Sceri, è un’iniziativa in cui si fa memoria per individuare i punti sostanziali che sembrano sfuggiti alla politica e alle istituzioni giudiziarie. Chiediamo alla politica scelte responsabili e concrete”. Una risposta è arrivata dai senatori Menapace e Caprili. “Possiamo fare qualcosa – ha detto Menapace-. Una grande campagna sul caso che parta dalla raccolta di firme e degli ordini del giorno dei consigli comunali (per ora hanno richiesto l’apertura del caso i consigli di Capannori, Seravezza e Montescudaio, n.d.r.). questo può produrre un momento di opinione significativo e noi possiamo proporre in aula una commissione di inchiesta incentrata sul caso e che indaghi sulle colpe e sulle cause di quanto accaduto. Emanuele non sarebbe comunque restituito alla famiglia, ma individuare i responsabili sarebbe un risultato soddisfacente”. “E’ complicato riaprire il caso dopo tanti anni – ha aggiunto Caprili -, ma noi lo tenteremo. Ci sono numerosi strumenti parlamentari per riportare l’attenzione sulla vicenda Sceri e intanto organizzeremo la presentazione del libro dei genitori a Roma”.

AGGIORNAMENTO DEL 10/02/2008

Si potrebbe cominciare da una giornata caldissima, quella del 21 luglio 1999, quando il ragazzo, finito il praticantato in uno studio di Catania, parte per il Car di leva a Scandicci, prima di passare allievo paracadutista a Pisa. Oppure si potrebbe cominciare dalla caserma Gamerra di Pisa e dall’ultima sigaretta, fumata con un commilitone venerdì 13 agosto verso le ventidue e quindici nel vialetto interno lungo il muro di cinta dell’area militare. Si potrebbe cominciare da un ragazzo che cade, dalla vertigine di un ragazzo che cade dall’alto, non si sa quando né come né perché, ma cade, questo è sicuro. Oppure si potrebbe anche cominciare dalla fine, dalle tredici e cinquanta del lunedì seguente, quando quattro allievi parà in servizio al magazzino, sotto la stecca del sole vengono investiti da un afrore insopportabile, si avvicinano alla torre per l’asciugatura dei paracadute ed ai piedi della scala esterna trovano il cadavere del ragazzo «in avanzato stato di decomposizione ». Il ragazzo è caduto. E a prima vista per lui non vale il salmo centoquarantacinque: Il Signore sostiene tutti quelli che cadono. Lui è lì per terra e non si sa perché, come e quando è finito lì. C’è un radiodramma di Samuel Beckett che si intitola così, Tutti quelli che cadono, protagonisti i vecchi coniugi Rooney. Chissà se Emanuele, appassionato di teatro, conosceva i coniugi Rooney di Beckett. Dublino: lei, come ogni giorno, va a prendere suo marito cieco di ritorno in stazione dall’ufficio, ma il treno è in ritardo. Perché qualcuno è caduto. Un bambino. Un bambino è caduto dal finestrino del treno in corsa, sulle rotaie, sotto le ruote. Chi l’avrà spinto giù, sotto le ruote? Si può cominciare da dove si vuole, ma si ritorna sempre qui a Siracusa, agli occhi di due genitori che ancora oggi chiedono giustizia, in questo salone ampio e vecchiotto dove papà Corrado Scieri, funzionario doganale, e mamma Isabella Guarino, insegnante di lettere all’Istituto Archimede, da quasi nove anni non si danno pace e combattono la loro battaglia con rara dignità: verità, ormai basta sapere la verità.
Si torna sempre qui, davanti ai numerosi ritratti di Emanuele appesi sottovetro alle pareti, o nella stanzetta che ha visto crescere lui e suo fratello, e dove ancora ci sono due lettini con sopracoperta azzurra perfettamente allineati, i poster della Juventus ai muri, le cravatte e le camicie riposte con cura dentro l’armadio. Tutto come se non fosse successo niente e Emanuele fosse fuori per ferie, per studio o per il servizio militare. Persino i peluche di quand’era bambino sono rimasti sulla mensola. Tutto normale. Con qualche sfasatura apparentemente inspiegabile: un pacchetto di Camel stropicciato e un vecchio cellulare che se ne stanno lì appoggiati sul comodino, in questo ordine d’attesa surreale, qualcosa vorrà pur dire. Stesso discorso per il marsupio di cuoio strappato di lato che papà Corrado tira fuori dall’armadio. Ricorda il suo Emanuele, Ema, Lele, Manu (fa lo stesso, in famiglia e per gli amici) come un ragazzo «carismatico», «un bonaccione che non sopportava i soprusi, e forse per questo… Se si scatenava una lite, due o tre persone messe insieme non riuscivano a fermarlo». Fisico atletico. Tennis, piscina, calcetto, pallanuoto, beach volley: - Ha scelto di fare il parà, un po’ per scherzo e per sfida, quando aveva 18 anni. Non si risparmiava mai. - Forse, quel suo carattere… — dice mamma Isabella. - Però poi a militare ci è andato senza voglia, per spirito di obbedienza. - E dopo aver vissuto la vita di caserma… Mi diceva: mamma, siamo dei numeri. Aveva visto anche qualche sciocchezza, qualcosa che non gli era piaciuta. A differenza di suo fratello Francesco, che simpatizzava per Rifondazione, lui, Lele, si era avvicinato a Fabio Granata, un esponente regionale di An, e aveva aderito ai gruppi giovanili di destra. - Noi, politicamente, se abbiamo qualche idea è socialista: che vuole, io sono un lavoratore, mia moglie è una lavoratrice e non potremmo mai essere di destra, però Emanuele era libero di pensare come voleva, li ho sempre lasciati liberi. - Poi magari aveva il mito di Che Guevara —sorride mamma Isabella—forse cominciava a vederla diversamente, non era certo un fascista o un fanatico, questo no. Con suo fratello qualche discussione, ma niente di più. Teatro, musica classica, cantautori, una passione per Vasco e per la musica afro (c’è ancora un djembe in un angolo della cameretta). Ultima lettura: Céline, Viaggio al termine della notte. È papà Corrado a ricordarsene. Si potrebbe cominciare piuttosto da una fotografia che precede tutto, ma di poco. Viaggio all’inizio della notte, si fa per dire: sabato 7 agosto, giorno della cerimonia del giuramento a Scandicci. 
Mamma Isabella ha un sorriso appena disegnato sulle labbra, abito leggero e chiaro, bel viso rotondo, capelli neri vaporosi. Sicuramente il giorno prima è andata dal parrucchiere come fa una madre meridionale per le occasioni che contano. Alla sua sinistra, il marito Corrado, il cui sorriso è più vistoso sulla sua faccia da uomo del Sud, occhiali scuri, maglietta a righe orizzontali. Emanuele sta al centro, sguardo un po’ corrucciato. Le sue braccia aperte come lunghe ali sulle spalle del padre a destra e del fratello Francesco a sinistra. Espressione di protezione e di fierezza. Di fronte all’obiettivo c’è una famiglia ancora felice, disposta a semicerchio e chiusa nella stretta, indissolubile continuità di un abbraccio reciproco. Niente che faccia sospettare niente. Il lunedì i genitori e il fratello torneranno a Noto, nella casa al mare. Eppure non passerà neanche una settimana. La mattina di venerdì 13, settanta allievi paracadutisti vengono trasferiti in pullman alla caserma Gamerra, Pisa. Con loro c’è anche Emanuele. Non è un viaggio tranquillo. Le reclute sono costrette dai caporali a rimanere immobili nella posizione della sfinge, con i finestrini chiusi e il riscaldamento a pieno regime nonostante la temperatura torrida. Un testimone rivelerà di aver assistito, durante il viaggio, al battibecco di uno dei caporali con la recluta avvocato Scieri (lo chiamavano «avvocato»), insofferente verso i soprusi del nonnismo che si ripetono quasi quotidianamente. Libera uscita dopo cena. Emanuele vede per la prima volta, con alcuni commilitoni, Piazza dei Miracoli. Tra le 20.30 e le 21 è sotto la Torre e da lì telefona prima ai genitori, poi al fratello Francesco. Non c'è sera che Emanuele non chiami i genitori e il fratello. Sono le 22.15 quando rientra in caserma e da qui in avanti bisogna affidarsi all’allievo Stefano Viberti, un testimone che verrà definito dai magistrati «depositario di verità non rivelate». Il quale racconterà di aver indugiato sul vialetto della caserma fumando una sigaretta con Emanuele, di essersi spinto con lui fino al magazzino del casermaggio, poco distante dalla torre per l'asciugatura dei paracadute. Alle 22.30 rientra in camerata, mentre Emanuele gli dice che si ferma all’aperto per fare una telefonata con il cellulare (ma dai tabulati telefonici non risulterà nessuna chiamata a quell’ora). Contrappello alle 23.45. L'avvocato Scieri è assente e il suo posto branda è vuoto. Nessuno si prende la briga di andare a cercarlo. Viberti tace ma appare agitato, si affaccia più volte ai finestroni della camerata. Quattro allievi segnalano la stranezza ai caporali, perché conoscendo Lele non riescono a capire la sua assenza. I superiori non se ne preoccupano. Risulterà però che durante il contrappello qualcuno da Pisa ha telefonato all’utenza dell'abitazione di Livorno del generale Enrico Celentano, comandante dei paracadutisti Folgore. Oltre a essere nell’alta gerarchia militare, Celentano è scrittore: nel Natale 1998 ha fatto circolare un suo Zibaldone di 120 pagine in cui mescolava citazioni da Sant’Agostino, Churchill e papa Luciani con prescrizioni sulla «disciplina perfetta», deliri patriottici e afflati religiosi, chicche goliardiche (la poesia A vecchiaia d'o cazzo: «tu prima eri un cazzo tosto e liscio / adesso ti sei fatto rattrappito e moscio…»), detti popolari, spiritosaggini razziste e sessiste, divertissement blasfemi, mediocri acrostici. Soprattutto un prontuario di nonnismo con «scherzi» tipo: «pompate», «sette e mezzo», «sbrandamento», «bicicletta» («Alcool sprizzato sui piedi e incendiato… »), eccetera. Stranezze: chi ha telefonato e perché? Passa la mezzanotte e passa il 14. Un’altra stranezza il giorno di Ferragosto, anzi due: alle 5.30 del mattino il comandante Celentano in persona effettua una «ispezione straordinaria» all’interno della caserma. Alle 21.30 nuova «ispezione straordinaria » questa volta del colonnello Pier Angelo Corradi. Ma la stranezza più assurda è un’altra: né i comandanti, né le varie ronde si sono accorti che nei pressi del magazzino, ai piedi della torre che serve per asciugare i paracadute, c’è il cadavere di Emanuele Scieri, che la temperatura estiva ha contribuito a decomporre rapidamente. Bisogna aspettare le 13.50 di lunedì 16 perché il cattivo odore che ammorba l’aria richiami l’attenzione di quattro allievi parà che stanno nei dintorni. Bisognerebbe forse cominciare da qui, per raccontare questa storia. E vederla dalla parte dei genitori, che quel lunedì si trovano nella casa al mare e aspettano una chiamata di Lele da due giorni e due notti, perché il suo cellulare è muto: utente non raggiungibile. «Eravamo molto preoccupati, perché Emanuele telefonava ogni sera. Però dicevamo: se è successo qualcosa ci chiamano dalla caserma…». Invece no. Dalla caserma niente. Tra le 16.30 e le 17 due carabinieri suonano al cancello. Accorre papà Corrado: - Suo figlio aveva problemi? Papà Corrado dovrebbe capire qualcosa da quel verbo al passato, ma la testa in quel momento parte per conto suo, non realizza: - Mio figlio chi? I miei figli non hanno problemi —, usa ancora il presente. - Suo figlio Emanuele... Tocca sempre a noi dare le cattive notizie. A ripensarci oggi, papà Corrado e mamma Isabella dicono: «Ha presente il buio? Succede che cadi in un buco nero, nella disperazione, ha presente?». Sì, qualcosa ho presente: cadere, precipitare, la vertigine dell'uomo che cade. Deve essere stata più o meno la stessa vertigine di Emanuele. Anche lui è stato un uomo che cade, per usare l'ultimo titolo di Don DeLillo, un uomo che cade da una torre più breve delle torri gemelle, d’accordo, ma cade e va a sbattere e lentamente si spegnerà al suolo. Si tratta di sapere come, perché, quando: - È questa la disperazione più nera. - Il pensiero di non sapere ci sconvolge. - Però rassegnarsi mai… - Il dolore ce lo teniamo io e mia moglie, ma la verità riguarda tutti. E loro avevano già la versione del suicidio pronta.
In effetti immediatamente si parla di suicidio, tutt’al più di uno sfortunato incidente. La prima domanda che il capo della Procura rivolgerà a Francesco è: «Ma suo fratello prendeva psicofarmaci?». Inutile. Ci sono troppi elementi che escludono il suicidio. Il consulente tecnico della famiglia, dopo un primo esame del corpo: «Non è normale che un suicida si slacci le scarpe prima di lanciarsi, oltretutto di schiena, nel vuoto». Ci vuole tempo, ma lo ammetteranno tutti. E il medico legale avanza un’ipotesi lugubre, su cui papà Corrado e mamma Isabella non vogliono soffermarsi. L’ipotesi è che Emanuele sia morto lentamente. Oltre il termine della notte, quando la notte è già diventata alba: morto per emorragia dopo un’agonia di sei-otto ore. Le perizie successive verificheranno lesioni «da compressione» (probabilmente una scarpa) alle mani. Insomma l'uomo che cade, cade perché viene fatto cadere da qualcuno. Probabilmente prima viene fatto salire con le scarpe allacciate tra loro, perché non possa utilizzare l’appoggio dei piedi. Una scarpa, la sinistra, si stacca, perché viene ritrovata a qualche metro dal corpo, nei pressi del pacchetto di sigarette e del cellulare. Segue un’altra pressione, operata sempre da uno scarpone, questa volta sul piede. A quel punto, mollata la presa, il ragazzo cade, di spalle. Emanuele è un corpo che cade e che sbatte su uno dei tavolini accatastati lì sotto: «Lesione mielica della colonna vertebrale». Rimbalzo e seconda caduta, ventrale. La linguetta della cerniera del marsupio è rimasta stampata nell’addome. I medici legali parlano di «posizione definitiva, di quiete». Ma quale quiete? Emanuele è vivo, paralizzato, immobile in posizione prona, ma vivo. Per quanto? «C'è chi sostiene che quando i superiori sono venuti a sapere dello "scherzo" finito male, — ricorda papà Corrado — ordinano di non soccorrerlo e di lasciarlo morire, per evitare guai ulteriori. Si è accertato comunque che il corpo di Lele è stato via via spostato da qualcuno prima di essere scoperto. Ma nessuno ha mai raccontato com'è stato il suo viaggio al termine di quella notte. Il romanzo di Céline si apre con qualche verso di una canzone delle Guardie svizzere che parla di inverno e di cielo senza luce. Il cielo di Lele, se non altro, era un cielo d'agosto, probabilmente pieno di stelle. E il bambino? Il bambino di Beckett finito sulle rotaie? «Il Signore sorregge tutti quelli che cadono », dice la Signora Rooney. Scoppiano a ridere fragorosamente, lei e suo marito. Nessuno lo dice, però si capisce che è stato lui, il Signor Rooney, così, per gusto, senza motivo, ma non si saprà mai. E i due riprenderanno la marcia in un turbine di vento e pioggia.

AGGIORNAMENTO DEL 14/11/2014

Pisa si associa al Comune di Siracusa nel chiedere che venga istituita una commissione di inchiesta luce sul caso Scieri. Lo fa con una mozione approvata nel consiglio comunale di ieri e presentata da Una città in comune – Prc. Alla base della richiesta la proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati per istituire una commissione parlamentare di inchiesta per fare luce sulla morte di Emanuele Scieri, giovane avvocato di Siracusa che stava prestando servizio militare presso la caserma Gamerra di Pisa, dove il suo corpo senza vita fu rinvenuto il 14 agosto 1999, sebbene l’autopsia accertò che il decesso avvenuto tre giorni prima. Una commissione di indagine dunque per cercare di fare luce sulle responsabilità della morte di Emanuele Scieri. “Le tre inchieste ufficiali (una della Procura di Pisa, una della Procura Militare e una amministrativa interna alla Gamerra) – si legge nella mozione- non sono state in grado di risalire ai nomi dei responsabili del delitto, a causa del muro di silenzio che è stato innalzato anche all’interno della caserma”, solo “una Commissione Parlamentare con pieni poteri d’indagine potrebbe riaprire il caso”. Un voto che impegna il Sindaco a farsi portavoce presso i Presidenti di Camera e Senato, i Presidenti dei Gruppi Parlamentari e i Parlamentari toscani. E che “fa appello ai commilitoni di Scieri affinché, anche a distanza di quindici anni si mettano a disposizione e forniscano tutte le informazioni di cui sono in possesso per individuare i responsabili”.

AGGIORNAMENTO DELL'11/05/2019

La salma di Emanuele Scieri sarà riesumata e sui suoi resti sarà eseguita una nuova autopsia a vent'anni di distanza dalla morte. Il procuratore Alessandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia hanno fissato per mercoledì prossimo un incontro coi legali dei tre indagati e le parti offese per concordare le modalità di riesumazione. Scieri è sepolto in Sicilia. Il parà di leva, originario di Siracusa, venne trovato morto nella caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999. La morte risaliva a tre giorni prima e venne attribuita a una caduta da una torre di prosciugamento dei paracadute. Ora sono indagati tre ex commilitoni con l'accusa di omicidio volontario in concorso. Il fratello Francesco Scieri commenta: "E' un'ottima notizia perché, lo dico da medico, la medicina anche forense fa progressi continui. Ciò che si può rilevare oggi, all'epoca probabilmente non si poteva farlo o comunque fu fatto in modo non corretto". Inoltre "si possono cercare segni di eventuali traumi non compatibili con una caduta".



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