Di Redazione.
Da un lato dell'aula, Alessandro Impagnatiello (NELLA FOTO IN ALTO): barba scura, giubbotto blu e fazzoletto bianco per asciugarsi le lacrime. Dall'altro, a soli pochi metri di distanza, la famiglia di Giulia Tramontano, che si è divisa soltanto quando il barman è stato fatto uscire dalla gabbia per rendere dichiarazioni spontanee. La sorella Chiara e il papà Franco hanno abbandonato l'udienza: per loro sarebbe stato troppo pesante ascoltare le parole dell'uomo, come ha fatto sapere il loro legale Giovanni Cacciapuoti. Il processo a carico del trentenne, accusato dell'omicidio aggravato della fidanzata Giulia Tramontano, ammazzata con trentasette coltellate mentre era incinta al settimo mese, si è aperto oggi davanti alla Corte di Assise di Milano presieduta dal giudice Antonella Bertoja. Dopo l'ammissione delle parti civili (soltanto i genitori e i fratelli) e dei testimoni, l'imputato ha deciso di parlare. "Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma principalmente a Giulia. Non sarà mai abbastanza", ha esordito Impagnatiello, balbettando, consapevole di non poter "chiedere perdono".. La mamma della vittima, Loredana, ed il fratello Mario, sono rimasti ad ascoltare per tutto il tempo delle sue brevi dichiarazioni.
"Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da una disumanità. Questo mi lascia sconvolto, perso. Quel giorno con loro anch'io me ne sono andato, perché anche se sono qui a parlare non vuol dire che sia vivo. Sono completamente a nudo. L'unica cosa che faccio alla sera è sperare dei non risvegliarmi più al mattino". I familiari, che non hanno voluto parlare ai numerosi giornalisti presenti all'udienza, si sono espressi poco dopo su Instagram con una storia pubblicata dalla sorella: "puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto, non puoi chiedere scusa se hai avvelenato e ucciso mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura. Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago. Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera, ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso". Nel corso dell'udienza, il Pubblico Ministero milanese Alessia Menegazzo, che ha coordinato le indagini insieme all'aggiunta Letizia Mannella, ha ribadito che "ormai da mesi, l'imputato somministrava veleno alla vittima". È uno degli aspetti su cui punta anche il legale di parte civile, che fuori dall'aula ha sottolineato a sua volta che il delitto non sia stato un gesto estemporaneo. Per il difensore Giulia Gerardini, che probabilmente punterà sulla richiesta di una perizia psichiatrica, le scuse di Impagnatiello invece erano assolutamente sincere, perché "si trova in una situazione di grandissimo dolore".
Tra gli elementi depositati dalla Procura, oltre ad un video del baby shower dello scorso marzo, c'è anche un messaggio audio inviato da Giulia a un'amica il pomeriggio del 27 maggio, dopo essersi incontrata con la ventitreenne italo-inglese con cui il fidanzato aveva una relazione parallela. "Ora basta, voglio rifarmi una vita da sola con il mio bambino", diceva. Agli atti del processo, vi è poi una telefonata, intercettata il primo giugno subito dopo l'arresto del barman, in cui suo fratello commentava con un amico la bugia detta da Impagnatiello ai carabinieri sull'assenza di un box nella sua abitazione. "Pensavo che mentisse perché là dentro aveva della droga", aveva spiegato il fratello. In realtà, all'interno, vi era nascosto il corpo di Giulia, del quale l'uomo aveva cercato di sbarazzarsi due volte tentando di bruciarlo e poi abbandonato in una intercapedine poco distante da casa. Impagnatiello è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza, oltre che dei reati di interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere.
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