Di Redazione.
Signor Sindaco!
Signori Assessori e Consiglieri del Comune di Roma!
Autorità qui presenti!
Il primo sentimento, che naturalmente sgorga dal mio cuore per la cordiale accoglienza riservatami, s'esprime quest'oggi in un grazie commosso: grazie a voi tutti per la vostra presenza, grazie soprattutto al Signor Sindaco che, con amabile cortesia, da tempo mi ha invitato in questo storico palazzo, sede del primo Magistrato dell'Urbe, ed ha voluto farsi interprete dei vostri animi, sottolineando il significato che riveste l'odierna mia visita.
Anch'io desideravo salire su questo Colle, diventato nel corso dei secoli culla, sede ed emblema della storia e della missione di Roma. Ed oggi eccomi finalmente fra voi per rendere omaggio alla realtà ed alla vocazione di questa Città. All'inizio di ogni anno sono solito accogliere i rappresentanti dell'Amministrazione comunale in Vaticano per lo scambio dei voti augurali. Oggi sono io che vengo a far visita a voi, illustri Signori, per porgervi gli auguri del nuovo anno, appena iniziato, ed insieme continuare il colloquio amichevole avviato sin dal giorno della mia elezione a Vescovo di Roma ed approfondito in tanti incontri con i cittadini romani e con i loro Rappresentanti.
Non posso nascondere che la cornice fastosa di questa storica aula, dedicata a Giulio Cesare, la presenza del Papa in una solenne seduta del Consiglio Comunale ed il clima creato dall'approssimarsi del nuovo Millennio, accrescono la mia commozione e rendono questo incontro ancor più significativo: esso si propone come occasione per un bilancio retrospettivo ed insieme come stimolo per elaborare un concorde progetto per il futuro cammino.
I Rappresentanti del Popolo romano, il Successore di Pietro, il Campidoglio: ecco raccolti insieme i protagonisti della peculiare ed irrepetibile vocazione di Roma, che, come ricordava il Signor Sindaco, non può prescindere dall'"intreccio" di tali presenze. In questo luogo fortemente evocativo della storia e dei fasti dell'Urbe si sono dati appuntamento questa mattina gli attuali interpreti della sua millenaria tradizione. Qui si ritrovano la Roma civile e la Roma cristiana, non contrapposte, non alternative, ma unite insieme, nel rispetto delle differenti competenze, dalla passione per questa Città e dal desiderio di renderne esemplare il volto per il mondo intero.
In questo momento solenne, il mio pensiero va agli ultimi Pontefici che hanno visitato il Campidoglio. Pio IX qui venne poco prima dell'annessione di Roma allo Stato Italiano, in un'epoca segnata da complesse e sofferte vicende. Paolo VI salì su questo colle il 16 aprile del 1966, dopo l'ultima sessione del Concilio Vaticano II, per ringraziare l'Urbe dell'accoglienza offerta ai Padri Conciliari. Egli, che già il 10 ottobre 1962, alla vigilia dell'apertura dell'Assise ecumenica, aveva avuto modo, come Arcivescovo di Milano, di tenere qui un importante discorso su "Roma e il Concilio", inaugurò con la sua presenza in questo luogo, in un momento storico caratterizzato da grandi fermenti, un nuovo stile di dialogo con la Città e con i suoi Rappresentanti.
Ripercorrendo gli anni trascorsi ed il cumulo di rapidi mutamenti succedutisi in questi decenni, viene spontaneo volgere il pensiero alla Provvidenza divina, che con imperscrutabile saggezza guida i passi talora incerti degli uomini e rende fecondi gli sforzi delle persone di buona volontà. Quante trasformazioni hanno caratterizzato la vita della Città! Da Capitale dello Stato Pontificio a Capitale dello Stato Italiano; da città raccolta entro le mura aureliane a metropoli di circa tre milioni di residenti; da ambiente umano omogeneo a comunità multietnica, nella quale convivono, accanto a quella cattolica, visioni della vita ispirate ad altri credo religiosi ed anche a concezioni non religiose dell'esistenza.
Il volto umano dell'Urbe è profondamente mutato. L'affermarsi di differenti modelli culturali e sociali e di nuove sensibilità hanno reso la convivenza cittadina più complessa, più aperta, più cosmopolita, ma anche più problematica: accanto a riconosciuti aspetti positivi, non mancano, purtroppo, difficoltà ed inquietudini. Accanto a luci e segni di speranza, non sono assenti ombre nel panorama di una Città chiamata ad essere anche nel prossimo millennio faro di civiltà, "discepola della verità" (Leone Magno, Tract. septem et nonaginta), e "madre accogliente di popoli" (Prudenzio, Peristephanon, carme 11, 191).
Dicevo poc'anzi del proficuo rapporto tra il Vescovo di Roma ed il suo popolo, che le mutate situazioni sociali, politiche e religiose non hanno mai reso meno intenso. Anzi, alcuni avvenimenti quali il declino del potere temporale, la firma dei Patti Lateranensi, la tragica esperienza della guerra e la nuova stagione promossa dal Concilio Ecumenico Vaticano II lo hanno reso anche più cordiale e dinamico.
L'odierna visita segna un'ulteriore tappa di questa storia comune. Di fronte ai mutamenti che hanno interessato e continuano ad interessare la Città, anch'io vorrei ripetere, confermandole, le parole cariche di verità e di umanità, qui pronunciate dal mio venerato predecessore Paolo VI: "Il nostro amore, non è venuto meno...il nostro amore è cresciuto!" (Paolo VI, Insegnamenti IV, p. 179)
Cresce ogni giorno questo rapporto di stima e di affetto, che si esprime e si rafforza nelle frequenti visite alle Parrocchie e negli incontri con i fedeli romani. Esso si consolida, grazie alla generosa e costante sollecitudine del Cardinale Vicario, del Vicegerente, dei Vescovi Ausiliari, dei sacerdoti, dei religiosi, dei laici e di quanti, a vario titolo, cooperano all'impegno dell'evangelizzazione. Penso alle trecentoventotto Parrocchie romane, presenti in ogni quartiere e borgata, anche se talora senza adeguate strutture. Penso alle comunità religiose, alle scuole cattoliche, agli istituti di cura e di assistenza, alle associazioni e movimenti laicali, alle variegate espressioni del volontariato, che costituiscono una risorsa sorprendente e confortante della nostra Città, dove l'anonimato e la solitudine sarebbero altrimenti rischi più frequenti e funesti.
Si tratta di un amore concreto che vuole raggiungere la gente, tutta la gente, offrendole motivi di speranza, proposte culturali, aiuto e sostegno nelle difficoltà morali e materiali, spazi di accoglienza e di ascolto, occasioni di comprensione e di fraternità. E' un amore attento alla realtà che cambia, alla fatica del quotidiano, ai rischi morali che corre anche questa nostra Roma.
Proprio per far fronte ai fenomeni negativi che rischiano di sfigurare il volto di Roma, ho chiamato a raccolta la Comunità cristiana, impegnandola a donare alla Città un supplemento d'amore con la Missione cittadina, in vista dell'Anno Santo del Duemila. Il mio augurio è che, grazie anche ad essa, l'Urbe si presenti interiormente e visibilmente rinnovata all'appuntamento del Grande Giubileo, sì da offrire ai pellegrini il proprio volto cristiano, quale annuncio di un'era di pace e di speranza per l'intera umanità.
Roma e il Giubileo: due realtà che si richiamano e si illustrano reciprocamente! Roma si riflette nel Giubileo e il Giubileo dice riferimento alla realtà di Roma. La celebrazione ripropone la fede in Gesù Cristo annunciata e testimoniata qui dall'apostolo Pietro; richiama l'esigenza di ristabilire l'effettiva uguaglianza di diritti tra tutti gli uomini, alla luce della legge e della giustizia di Dio; esorta al superamento delle divisioni e delle loro cause per instaurare una vera comunione tra tutti gli esseri umani.
Con la sua storia religiosa e civile e con la sua dimensione "cattolica", Roma evoca mirabilmente questi valori. Essa è la Sede del Principe degli Apostoli e del suo Successore; custodisce le Memorie del martirio dei santi Pietro e Paolo; é conosciuta come patria del diritto e della civiltà latina e cristiana; è apprezzata come città universalmente aperta all'accoglienza. Per tali singolari corrispondenze, Roma è chiamata a vivere in modo esemplare la grazia del Giubileo.
E' certo compito dei cristiani rinnovare e purificare il volto di questa Chiesa che "presiede alla carità", secondo la nota espressione di Sant'Ignazio d'Antiochia (Lettera ai Romani, ed. Funk 1901, p. 253), perché rifletta sempre meglio la luce di Cristo. Ma il peculiare rapporto di Roma con il Giubileo dovrà rendere anche le Autorità civili particolarmente sollecite nel promuovere una convivenza cittadina ed una qualità della vita degne dell'uomo e della vocazione della nostra città.
In occasione dell'odierna visita, oltre a farmi dono di una pietra proveniente dall'anfiteatro Flavio, avete voluto scoprire una lapide commemorativa in quest'Aula Consiliare. Mentre formulo un cordiale ringraziamento per la vostra cortesia, auspico che questo gesto simbolico costituisca il segno permanente di una nuova era di comune impegno per il progresso umano e civile della nostra Città.
Con lo sguardo al Duemila, mi rivolgo ora a te, Roma, che il Signore mi ha chiamato a guidare sulla via del Vangelo, alle soglie di un nuovo Millennio!
Il Signore ti ha affidato, Roma, il compito di essere nel mondo "prima inter Urbes", faro di civiltà e di fede. Sii all'altezza del tuo glorioso passato, del Vangelo che ti è stato annunciato, dei Martiri e dei Santi che hanno fatto grande il tuo nome. Apri, Roma, le ricchezze del tuo cuore e della tua storia millenaria a Cristo. Non temere, Egli non umilia la tua libertà e la tua grandezza. Egli ti ama e desidera renderti degna della tua vocazione civile e religiosa, perché tu continui ad elargire i tesori di fede, di cultura e di umanità ai tuoi figli e agli uomini del nostro tempo.
Accostandosi alla tua fede, alle testimonianze eloquenti della tua carità, all'ordinato svolgimento della tua quotidiana esistenza, possano i pellegrini del Grande Giubileo essere aiutati a credere ed a sperare nella nuova civiltà dell'Amore.
Ti affido, Roma, alla premurosa protezione di Maria, "Salus populi Romani", ed all'intercessione dei santi patroni Pietro e Paolo.
Roma, città che non temi il tempo, né il dinamismo del progresso, Roma, crocevia di pace e di civiltà; Roma, mia Roma, ti benedico e con te benedico i tuoi figli e tutti i tuoi progetti di bene!
Roma, il cui nome letto a rovescio suona Amor, amore. Come dice un poeta polacco: "Se tu dici Roma, ti risponde Amor". È così. È questa la constatazione conclusiva, ed anche un augurio per Roma. In questa circostanza odierna così importante. Grazie!
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