mercoledì 22 maggio 2024

LA SCOMPARSA E L'OMICIDIO DI GRAZIELLA MANSI AD ANDRIA (19/08/2000)

Di Redazione.


Un borgo alle pendici delle colline baresi, una giornata di fine estate, un gruppo di ventenni ‘difficili’ che ciondolano senza costrutto, una bambina bellissima dagli occhi neri di nome Graziella Mansi. Sono i protagonisti di una vicenda di crudeltà e inedia, una vicenda che ha il più terribile dei moventi: l'assenza di movente. Sono trascorse da poco le diciannove di quel sabato. La piccola Graziella Mansi (NELLA FOTO IN ALTO) sta giocando vicino al banco delle noccioline che il nonno tiene in strada nei pressi del castello medioevale, a pochi passi dalla pineta, nella lingua terra dove Andria si incrocia con la montagna. Fa caldo, è una giornata afosa e, quando ha sete, Graziella va a riempire la bottiglia alla fontanella vicina, dopo venti minuti, però, non è ancora tornata. È strano, certo, ma Graziella aveva otto anni, è una bimba sveglia e vivace, potrebbe essersi fermata a parlare con qualche parente o conoscente. Due ore dopo la situazione è tesissima: il papà venditore ambulante di frutta secca, il nonno ed una sfilza di conoscenti gridano il nome di Graziella nell’oscurità della pineta vicina. È buio, è tardi, in qualsiasi posto si trovi Graziella a quell’ora, non è un bel posto. 

È ormai notte quando urla strazianti annunciano il ritrovamento: Graziella non è più una bimba, è un corpo carbonizzato incollato su un letto di tizzoni e sterpaglie bruciacchiate nel boschetto di Castel del Monte. Finiscono le ricerche, comincia la lunga notte delle indagini con poliziotti che fanno domande su tutto ed a tutti. Domande che mettono a disagio, sconcertano, feriscono, soprattutto perché quella bambina è stata arsa viva. È solo questione di tempo prima che, in attesa del referto dell’autopsia, si pronunci la parola pedofilia, con tutto lo strascico di infamia che si porta dietro per una comunità una ipotesi del genere. Perché, chi ha rapito Graziella, aveva un intento,  probabilmente quello di costringerla a subire degli abusi. Un primo esame del corpicino mostra una lesione vaginale, sebbene le mutandine risultino intatte. È possibile, dunque, che la Mansi sia stata violentata o che sia stata vittima di un tentato stupro.

È a questo punto che il profilo di quel Pasquale Tortora appare sempre più congruente con quello dell’assassino. Ventenne parcheggiatore abusivo davanti alla bancarella dei Mansi, Tortora è uno che Graziella la guardava spesso, pur senza destare preoccupazione. Pasquale, lo schernivano gli amici, era innamorato di Graziella.  “Mi piaceva, era bella” dice agli inquirenti che lo torchiano, poi crolla, si libera: “L’ho portata nel bosco con la scusa di farle vedere un cagnolino, le ho dato fuoco, si è come sciolta”. Sembrerebbe che il caso sia chiuso, ma invece no, il quadro si allarga, si deforma, diventa incomprensibile. Tortora chiama in correità altri quattro ragazzi di Andria, Michele Zagaria, Giuseppe Di Bari, Domenico Margiotta e Vincenzo Coratella, tutti di età compresa fra i diciotto ed i vent'anni. Cinque uomini contro una bambina, il branco, insomma che prende di mira una creatura innocente, la tormenta, la molesta, le dà fuoco. Una mostruosità che non ha spiegazioni, è solo “l’impresa senza logica di cinque balordi che hanno deciso, per gioco, di bruciare una bambina” come dice il Pm Francesco Bretone. Interrogati separatamente, I presunti complici provano a negare, ma alla fine crollano in due.

Dice infatti uno dei complici “È entrato nel bosco, teneva la bambina.  A quel punto, noi siamo saltati fuori. Graziella aveva paura e questo ci faceva divertire ancora di più. Volevamo torturarla un po’, non volevamo violentarla. Poi, è uscita l’idea del fuoco. Ci pensavamo da giorni, a giocare nel fuoco. Bevevamo birra e ci esaltavamo a giocare, a tenerla. Abbiamo raccolto sterpaglia, intorno, abbiamo legato la bambina. Ed il fuoco l’ha coperta”. Scatta il rinvio a giudizio con l'accusa di sequestro, sevizie su minore e omicidio premeditato, perché, come messo a verbale, i ragazzi ci pensavano da tempo a giocare con il fuoco. Di fronte ad un crimine così efferato i giudici pronunciano un verdetto esemplare: ergastolo con isolamento diurno, il massimo della pena per tutti gli imputati del processo. Trent'anni, invece, è la pena inflitta a Pasquale Tortora, giudicato prima in abbreviato. La mamma di Graziella (una casalinga) svenne durante la lettura della sentenza, il marito le corse accanto, le famiglie degli imputati imprecarono. La storia fu chiusa. 

Otto anni dopo, il 13 dicembre del 2008, Vincenzo Coratella, ventisette anni, si impicca alla branda della cella con la corda dell'accappatoio. "La mia vita è finita", aveva confessato alla mamma. Oggi, la memoria della bimba di Andria è affidata a pochi monumenti nel comune pugliese, una lapide posta accanto alla fontana di da Castel del Monte e un parco di periferia, dove, tra rifiuti e sterpaglie, si perde il nome della piccola Graziella. “Avevo assunto l’impegno con la Città e ora ci siamo. Il 3 dicembre vivremo un momento collettivo di rispetto e di memoria, dando sepoltura definitiva alla piccola Graziella Mansi, dopo ventidue anni dalla sua scomparsa". Lo ha confermato il 20 novembre sui suoi social network il sindaco di Andria, Giovanna Bruno. Il 15 febbraio 2024 Pasquale Tortora è tornato libero all'età di quarantaquattro anni.

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