Di Redazione.
"Isabella Internò (NELLA FOTO IN ALTO) ha fatto ammazzare Denis Bergamini per salvare l’onore, visto che il calciatore non voleva sposarla, nonostante fosse rimasta incinta e per questo aveva abortito, con in grembo un nascituro di cinque mesi, in una clinica a Londra". Per i magistrati c’è il movente, ci sono le prove scientifiche e le testimonianze che inchiodano l’imputata alle sue responsabilità. Mancano solo gli esecutori materiali del delitto, coperti dalla sua omertà e da una serie di buchi incredibili (incapacità di chi indagava oppure altro?) messi in fila nei giorni successivi alla morte di Denis Bergamini, dando credito alla versione del suicidio senza motivo con "un tuffo come in piscina". Sono passati quasi trentacinque anni da quel piovoso 18 novembre 1989, quando l’allora ventisettenne centrocampista del Cosenza fu trovato cadavere vicino a un camion sulla statale centosei, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Ieri la Procura di Castrovillari ha chiuso il cerchio nel processo, chiedendo ventitré anni di carcere per l’ex fidanzata. L’accusa è omicidio volontario in concorso con ignoti.
Una requisitoria divisa in due giorni che ha visto alternarsi il procuratore capo Alessandro D’Alessio ed il Pubblico Ministero Luca Primicerio. Una requisitoria lucida, dettagliata e appassionata. Una requisitoria che ha ripercorso l’intera vicenda, non facendo sconti e spiegando perché un processo indiziario è sfociato in una richiesta chiara di condanna, compresa di due aggravanti: premeditazione emotivi abietti o futili. Una requisitoria che ha sconvolto e commosso le persone presenti nel tribunale di Cosenza in un’aula stracolma, quando sono state mostrate le immagini del cadavere di Bergamini, riesumato nel 2017 e trovato incredibilmente integro, corificato come fosse di cuoio. "Sembrava ci avesse aspettato. Il suo corpo ha parlato". Ha parlato attraverso gli accertamenti medico-legali condivisi e accettati da tutte le parti in causa (anche dalla difesa), perizie che hanno spiegato come Bergamini sia morto per asfissia meccanica, soffocato in modo soft (probabilmente dopo essere stato narcotizzato) con un sacchetto di plastica oppure una sciarpa. Solo dopo è stato, secondo la Procura, messo sull’asfalto per essere sormontato in modo parziale dal camion, così da inscenare un suicidio. La verità, però era già emersa dalla prima autopsia del gennaio 1990, ignorata dagli inquirenti. Una verità ribadita dai Ris nel 2013, quando l’inchiesta era stata riaperta una prima volta. Ma sono dovuti passare altri undici anni ed una seconda indagine per arrivare a una richiesta di condanna.
"Internò ha agito con persone in corso di identificazione. Non meriterebbe le attenuanti, è colpevole di trentacinque anni di ritardi. Ha tradito l’affetto che il ragazzo aveva per lei, ha esasperato il rapporto e pur di salvare l’onore non ha esitato ad agire come sappiamo. Per il tempo trascorso, però, merita le attenuanti generiche e per questo invece dell’ergastolo, bastano ventitré anni di reclusione" ha spiegato D’Alessio. Il pm, dopo aver chiesto il rinvio degli atti per falsa testimonianza per sette persone, compreso Raffaele Pisano (autista del camion) e Roberto e Dino Pippo Internò, cugini dell’imputata (cinquantacinque anni, sposata con un poliziotto e mamma di due figli), ha messo in evidenza la gelosia ossessiva della donna. "Dopo l’aborto, pretendeva un matrimonio riparatore, mentre Bergamini, pur volendo tenere il bambino, non avrebbe mai voluto sposarla a causa del suo carattere ossessivo. Internò lo stalkerizzava e ha continuato a farlo fino alla fine, nonostante la loro relazione fosse chiusa da mesi". Molto spazio è stato dato alle dichiarazioni di Tiziana Rota, moglie del calciatore Maurizio Lucchetti (compagno di Bergamini) ed amica intima in quegli anni della Internò. "Lei era troppo morbosa. Era rimasta incinta e aveva deciso di abortire perché lui non voleva sposarla. Il padre non sapeva nulla, neanche che si fossero lasciati». Poi la rivelazione: dodici giorni prima della morte di Bergamini, le due amiche si incontrarono in una pasticceria. La Rota ha fatto mettere a verbale la sua testimonianza a Crema, rifiutandosi di scendere a Cosenza per paura di ritorsioni. Le parole pronunciate dall’ex fidanzata sono eloquenti: "Tizia’, l’ho perso (Bergamini,ndr). Stavolta per sempre... Ma è un uomo morto, se non torna con me lo faccio ammazzare. Mi ha disonorata, deve tornare da me perché io lo faccio ammazzare... Tu non puoi capire, sei del Nord". In seguito, sempre secondo il racconto della Rota, l’imputata le avrebbe chiesto di chiudere la bocca per paura dei cugini, arrivati nel bar. "Se sanno che Denis non sta più con me, lo uccidono". Ed infine, poche settimane dopo la morte di Bergamini, la Internò andò dall’amica a Salerno. "Le chiesi come stava e cosa pensasse di quello che era accaduto a Denis. “È giusto così”, rispose". Un’altra giustizia pronuncerà la sua sentenza tra pochi giorni.
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