venerdì 27 settembre 2024

SE TOTO' SCHILLACI CAMBIA ISOLA (17/09/2004)

Di Redazione.

In una "memorabile" intervista raccolta nel 1990 dallo scrittore Sandro Veronesi e da questi trascritta cercando di restituire la sua lingua «difensiva, forzata come un motore che disponga solo delle marce basse» Salvatore Schillaci dichiarava: «Eh, ho paura che tutto finisca... Perché è vero, quando ti capita il momento che tocchi palla - e fai gol. Ma sono dei momenti, non è che capita spesso. Sarebbe bello fare sempre gol, sarebbe, appunto - fantastico. Ma fare gol è un caso. è un momento. Ai mondiali è stato il momento mio, per esempio». Sembra quasi che lo presagisse già allora, Totogol, che per uno come lui, con la sua storia, non c' era da farsi illusioni: nemmeno diventare capocannoniere del campionato mondale ti può garantire il viatico per la redenzione, se sei un palermitano del CEP con la seconda media. A confermarglielo subito sarebbero stati gli insulti dei tifosi di mezza Italia, presto immemori delle prestazioni esaltanti delle «notti magiche», i quali gli davano del terrone e del ladro di gomme (per via del presunto coinvolgimento del fratello in un furto di pneumatici). Altrettanto tempestiva sarebbe arrivata per lui la riduzione a stereotipo antropologico da rotocalco, suggellata dalla celebre, sconsiderata, minaccia: «ti faccio sparare», che il Nostro lanciò a Fabio Poli, attaccante del Bologna, nel corso di una mezza rissa tra giocatori scoppiata in un Bologna - Juve. Infortuni e guai muscolari, infine, lo avrebbero aiutato rapidamente a finire di saldare il suo debito con la sorte. Il fatto è che Salvatore Schillaci appariva del tutto disarmato, inadeguato, fuori luogo: non aveva nessuno specifico appeal televisivo, non era particolarmente simpatico o sufficientemente furbo. Non corrispondeva ad alcun idealtipo che potesse funzionare, insomma, che risultasse mediaticamente intrigante e giustificasse il suo italiano incerto e la sua faccia da povero: non era un umile gregario del centrocampo né un guascone sregolato e irriverente, tantomeno un figlio delle favelas, tanto per capirsi: le uniche tipologie per le quali nel mondo del calcio (e non solo) è legittimo essere stati poveri e non avere finito la scuola dell' obbligo. «Ma fare gol è un caso. è un momento», appunto: senza dubbio sarà stata questa consapevolezza, a suo tempo, a convincerlo a non rinunciare a un ingaggio più che lauto e ad andare a giocare in Giappone, a Shizuoka (70 mila abitanti), nello Jubilo Iwata, quando ancora non era giunto il momento del commiato dal calcio che conta. E poi a tornare a Palermo e ad accettare, tra le altre cose, una improbabile candidatura con Forza Italia alle amministrative. E ci sarà anche di questo triste epicureismo sottoproletario tra le ragioni che ora lo hanno indotto a partecipare, con Kabir Bedi, Rosanna Cancellieri e altri soggetti alla seconda edizione del programma L' isola dei famosi. Ancora un' altra isola, dunque, dopo la Sicilia, dopo Honshu, per provare a tesaurizzare gli ultimi scampoli di quella celebrità smisurata e improvvisa che gli piovve in testa un' estate di quattordici anni fa. E come quattordici anni fa, vedendolo nuovamente su una ribalta televisiva, molti palermitani potranno tornare a vergognarsi di lui. Stavolta, poi, la scena non è neanche quella dello stadio Olimpico in mondovisione, ma quella di un reality show un po' volgarotto. E oltretutto Salvatore Schillaci non è più un centravanti baciato dalla fortuna che butta dentro ogni palla che gli capita tra i piedi, ma un quarantenne tatuato che si è fatto il trapianto di capelli e si veste come un bullo da discoteca. "The van", pellicola di Stephen Frears tratta dal romanzo di Roddy Doyle, è la storia di alcuni dublinesi che sbarcavano il lunario vendendo cibarie durante le partite della nazionale irlandese a Italia 90. Nel film, dopo l' eliminazione dell' Eire proprio ad opera dell' Italia e di uno Schillaci strepitoso, il protagonista indossava una maglietta con su scritto: «fuck Schillaci». Resta quello, probabilmente, l' omaggio più sincero al centravanti palermitano, resogli, guarda caso, da altri isolani, come lui in cerca di un posto nel mondo.

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