mercoledì 25 settembre 2024

TOTO' DUE OCCHI MAGICI SUL CALCIO DI OGGI (30/09/1999)

Di Redazione.


Gli occhi di Totò Schillaci (NELLA FOTO IN ALTO), che si spalancarono sul mondo mentre cominciava questo decennio, si aprono, ora che sta per finire, su due campi di terra battuta dove duecento ragazzini imparano cos'è il calcio. Vestono una divisa blu notte e bianca che contrasta, nella sua eleganza, con la Palermo arrangiata che si vede oltre il muro, fino ai palazzi del Cep, il quartiere che fu lo sfondo di molte chiacchiere che accompagnavano la leggenda di Totò, quando, pure lui, come l'edilizia locale, era popolare. Schillaci è tornato a casa. Certo, ora vive con la sua nuova compagna nella zona più esclusiva di Palermo e la sua è tra le ville più sfarzose della città. Ma, dentro, è ancora lui: l'uomo che attraversa un sogno. Ha affittato, in società con Giovanni Luna, uno di quei maestri antichi che il calcio ha un po' smarrito, il terreno dell'Amat, dove giocava da piccolo: lo stanno ristrutturando e la «Scuola calcio Totò Schillaci» è già una realtà. «Bettega mi ha telefonato. Dice che mi vuole vedere prima della partita di Coppa. Magari ne nasce qualcosa: Palermo è come mia miniera, soltanto in questa zona ci sono 5 scuole calcio e centinaia di ragazzi giocano per strada come non si fa più da altre parti. Ma nessuno li fa crescere, non c'è uno sbocco. E i club ormai preferiscono comprare i giocatori belli e fatti, all'estero. A Palermo il calcio è morto: per vedere una partita decente bisogna aspettare che scenda la Juve». 

Andrà alla stadio? 

Sì. Devo accompagnare mio figlio che è nato a Torino e tifa Juve: perché gli piace Del Piero, non perché ci ha giocato suo padre. Di me si ricorda solo chi ha più di 16 anni 

Cosa le è rimasto di quel periodo? 

I ricordi delle due Coppe vinte con Zoff, non le frequentazioni. Da quaggiù è difficile tenere i contatti in un mondo lontano e io poi ne sono uscito troppo in fretta, andando in Giappone. 

Ne è pentito? 

Lo dissi allora e lo ripeto: dalla Sicilia è partita tanta gente che cercava di guadagnarsi il pane, io in Giappone ho avuto molto di più. Sono stato il primo ad andarci, l'unico a resisterci. E poi non c'era scelta: l'Inter mi voleva scaricare. Non avevo altre opportunità. 

In che senso? 

L'Inghilterra e la Spagna non compravano stranieri come adesso, altrimenti ci sarei andato ed il nome di Schillaci sarebbe rimasto nel giro. Non ero finito, avrei potuto giocare ancora in Nazionale. Il mio rimpianto è di essere nato dieci anni troppo presto: pensi cosa otterrei oggi dopo un Mondiale, come quello del '90. In quel momento potevo chiedere tutto: con i soldi che circolano adesso avrei avuto l'ingaggio di Vieri e Del Piero, o giù di lì. 

Già, ma adesso sono di moda i centravanti come Vieri, non più gli Schillaci. 

Non parliamo di moda, parliamo di attaccanti. Bassi, alti, lenti, veloci, non importa: basta che segnino. Vieri mi piace moltissimo ma nel calcio c'è ancora un grande spazio per gli Inzaghi, i Montella. 

A proposito di Inzaghi, cosa farebbe al posto suo, con Del Piero al fianco? 

Io ho giocato con Baggio, un vero talento. Del Piero ha colpi straordinari, fa assist e gol. Tuttavia mi sembra poco continuo. Negli ultimi quindici anni, tutto il calcio ha perso qualità, anche ai vertici. Se si fanno pazzie per Ronaldo, perché è un bravo attaccante, per comprare Maradona non basterebbe il tesoro americano. E più si scende, peggio è: oggi una partita di B o di C è inguardabile. Per questo a Palermo vanno allo stadio in quattromila e quand'ero bambino io si andava in trentamila. 

Lei fu, di colpo, il più popolare calciatore del mondo, le dedicavano persino i bar in cittadine bulgare. E altrettanto in fretta è scomparso: perché? 

Perché fallii l'anno successivo al Mondiale, con una Juve che in teoria doveva essere più forte di quella di Zoff e invece fu disastrosa. Io la Juve di Lippi l'ho vista poco, stando in Giappone, ma quando si parla dei suoi trionfi si consideri cosa fece Zoff: due Coppe in un anno, e con una squadra mediocre. Poi andai all'Inter, mi infortunai dopo aver segnato quattro gol in quattro gare e Bagnoli teneva in panca Bergkamp per far giocare me.

Sente di aver sprecato l'occasione? 

Ho sprecato quella popolarità: ma ero anche più insicuro. Ero timido, mi bloccavo davanti alle telecamere, non avrei potuto essere un personaggio come quelli di oggi: con gli anni sono migliorato un po' ma in fondo continuo a nascondermi.

Gettandosi in politica? 

Un giorno è venuto Miccichè, di Forza Italia, e mi ha chiesto se volevo candidarmi per le elezioni comunali. Io di politica non ci ho mai capito niente, ma la proposta era seria, avrei potuto lavorare per la gioventù di Palermo. Ho preso mille trecento voti, sono diventato consigliere comunale, ma potrei già dimettermi entro la fine dell'anno: la politica la lascio agli altri.

Si diceva che in realtà lei volesse il Palermo: è vero? 

Ho avuto un colloquio, non se ne fa niente. Però vorrei comprare tra qualche anno i diritti di una seconda squadra per portarla in alto, partendo dai ragazzi che costruiamo noi.

Tra cui c'è suo figlio? 

Io non lo vado mai a vedere, mi dicono che è un po' brocco ma alla sua età non lo si può sapere. E non voglio imitare i padri che sognano i figli calciatori. 

Lei invece cosa sogna? 

Magari di tornare a esserlo, un calciatore. Ho smesso presto perché avevo problemi seri alla schiena, ora sto meglio. Il fisico è asciutto, dalla prossima settimana riprendo gli allenamenti e si vedrà: Vierchowod gioca in A a quarantuno anni, io ne ho trentaquattro e con i livelli di aderse magari a qualcuno viene voglia di comprarmi. Forse all'estero. Non per i soldi ma perché ho avuto una carriera bella e zoppa: e vorrei prendermi ancora qualcosa. 

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