Di Giampaolo Carboni.
Lietta Tornabuoni si è spenta nel reparto di neurologica del Policlinico Umberto I, dove era stata ricoverata l’altro ieri sera in seguito a una caduta. Soffriva di cuore ed è stata colpita da un arresto cardiaco. Non era sposata e non aveva figli. Aveva 79 anni.
Lietta Tornabuoni è stata una delle firme del Corriere della sera. Era poi passata a La Stampa, ma collaborava anche all’Espresso. Era discendente di Lucrezia, la madre di Lorenzo il Magnifico. «Siamo una famiglia decaduta - racconta la nipote Francesca, 44 anni, imprenditrice, che si divide fra l’Italia e l’Inghilterra - segnata in qualche modo dalla malinconia che accompagna la decadenza. Zia Lietta si era isolata da tempo. La sua qualità fondamentale era l’onestà. E forse l’isolamento è proprio il prezzo di questo atteggiamento nella vita».
«Anche suo fratello Lorenzo - continua Francesca - pittore illustre, che si chiamava così in memoria di Lorenzo de’ Medici, dopo il successo segnato con le esposizioni al Metropolitan di New York, decise di chiudersi in se stesso. E’ un tratto comune, evidentemente, questo. La madre di zia Lietta, Gianna, era una donna di grandissima cultura: mi regalò tutto Conrad quando avevo solo dieci anni. Loro erano così. E’ una persona che ha inciso sulla mia formazione. Mi ha sempre colpito il fatto che pur non essendo una donna di fede, fosse dotata di una incredibile spiritualità. La lezione di vita che ho avuto da lei era di rimanere sempre fedeli a se stessi».
Dal ritratto che ne fanno le persone a lei più vicine emerge che Lietta Tornabuoni viveva sola dalla morte della madre; malata, a quasi 80 anni affrontava con la riservatezza che la contraddistingueva una «detestata» vecchiaia. E’ questo il ricordo di Berta Tornabuoni, la mamma di Francesca, fra i pochissimi parenti che ancora avesse qualche contatto con la giornalista.
«Abbiamo vissuto l’infanzia insieme - dice commossa Berta, rispondendo dalla Svizzera - Io ho qualche anno meno di lei. E posso dire che quando ancora giocavo con le bambole, lei giocava con le macchine da scrivere. Era una persona di incredibile rigore intellettuale. Lo aveva ereditato dal nonno, un senatore di sinistra. Questa figura aveva molto influenzato sia Lietta sia Lorenzo. E pure non avendo frequentato l’università, mia cugina studiava con grandissimo rigore da sola: era disciplinata e appassionata. Adorava il suo lavoro».
«Abbiamo avuto due vite molto diverse - continua la testimonianza di Berta - Lei era diventata una grande giornalista, ed io invece mi sono dedicata alla famiglia, ai figli. Sono una donna molto più semplice e perciò avvertivo come una specie di freno, di pudore, nel disturbarla. L’avevo cercata a Natale, come ogni anno, per farle gli auguri, ma non mi ha risposto». «Ultimamente si era molto isolata - conclude Berta - Detestava la vecchiaia. E viveva questa condizione da sola, con grande riservatezza. La ricordo così, forte, eccezionale, come una che non accettava compromessi».
Vasto e sentito il cordoglio nel mondo della cultura e in quello del cinema. «Lietta Tornabuoni - dice Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia - è stata per decenni una presenza costante nella vita della Mostra del cinema di Venezia. Era uno spirito indipendente, capace di slanci generosi e di critiche lucide e intelligenti. Era un vanto per il giornalismo italiano nel campo della cultura». «Un esempio - aggiunge Baratta - per i giovani e per noi tutti, un vuoto che sarà difficile colmare».
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