Un incontro «interlocutorio», dicono al Quirinale, ed è spontaneo tradurre con divagatorio, inconcludente, più o meno inutile. Una visita «anomala», aggiungono, dato che era stata chiesta forzando un calendario già stabilito e che dunque pareva concepita da Palazzo Chigi soprattutto come una sorta di sondaggio propedeutico al vertice serale con il leader della Lega, Bossi, ad Arcore. Stando a questi due aggettivi, dev`essere stato piuttosto deludente il faccia a faccia di un`ora tra Berlusconi, con toccata e fuga in aereo da Milano, e Napolitano.
Un colloquio senza concretezza e lo dimostra il fatto che, dopo il congedo, il Quirinale poteva verbalizzare solo impegni molto generici, da parte del premier. Con un sostanziale rinvio delle decisioni sui tre fronti più delicati aperti oggi: i) le misure supplementari per potenziare gli effetti della manovra finanziaria, che l`ospite non è stato in grado di precisare; 2) i dilemmi sul rimpasto di governo, a partire dalla nomina del nuovo ministro della Giustizia, congelata sine die; 3) le tensioni nella maggioranza acuite dalle inchieste della magistratura, che restano un rebus nonostante la sicurezza ostentata dal Cavaliere. Insomma: il premier sembrava soprattutto deciso a non decidere, ieri, mentre varcava il portone del Colle e le agenzie di stampa davano conto del ritorno della paura sui mercati, con un`altra pesante caduta della Borsa e le tensioni sui titoli di Stato. Un atteggiamento bloccato che riflette lo stallo dell`esecutivo, ostaggio della logica del «prendere tempo», quando di tempo ce n`è ormai ben poco. Una posizione in oggettivo contrasto con la tempestività con cui si è mosso la settimana scorsa il capo dello Stato, nel momento in cui sollecitava una prova di «coesione nazionale» attraverso il varo urgente del decreto anticrisi, e l`opposizione e la maggioranza gli rispondevano con un rush parlamentare mai visto. Proprio da questo punto ha preso le mosse Silvio Berlusconi. Affannandosi a ringraziare Giorgio Napolitano per l`impegno profuso in questa emergenza e spiegando il proprio silenzio dei giorni scorsi come una scelta di «non compromettere» la moral suasion quirinalizia. Scelta obbligata, si è sfogato con un collaudato refrain, dato anche l`umore del quale era prigioniero dopo i «destabilizzanti attacchi dei giudici». Ma, considerato che per oggi erano attese le dimissioni di Angelino Alfano da ministro della Giustizia, il rimpasto (che dovrebbe comprendere pure l`avvicendamento al dicastero delle Politiche comunitarie, vacante da otto mesi per l`abbandono di Ronchi) era l`altro tema forte dell`incontro. Il premier ha evocato addirittura una dozzina di candidati, pescandoli tra politici, tecnici e ministri ora con altri incarichi (ad esempio Gelmini, Frattini e Brunetta). Troppi nomi, e troppo eterogenei, perché lo stesso Cavaliere sciogliesse la riserva. Troppi, per mettere il capo dello Stato in condizione di valutare se possa essere soddisfatta la sua richiesta di insediare una figura «qualificata e di alto profilo». In attesa che Berlusconi contratti con gli alleati la designazione, e si convinca in proprio, si resta dunque in surplace. Forse addirittura fino a settembre, avrebbe ipotizzato il Cavaliere, promettendo di volersi ora concentrare sulla crisi. Sulla quale Napolitano non ammette che si tergiversi. Se quella è la priorità, il governo deve «tenere alta la guardia» con misure per la crescita, dopo aver cominciato a lavorare sul risanamento. Ecco perché ha chiesto al capo del governo di aprire un confronto in Parlamento per trovare le soluzioni più adatte, e magari anche qualche correzione ai provvedimenti ormai operativi. Identico metodo andrebbe adottato, secondo il Colle, per mettere in cantiere anche certe riforme coerenti con la volontà di rilancio e promesse da tempo. Chiaro che per fare tutto questo serve un governo in grado di reggere l`impatto con le tensioni sociali e con le tensioni dei mercati. C`è questa forza, oggi, a Palazzo Chigi? Saprete essere uniti di fronte alle difficoltà? Riuscirete a dimostrare coesione al cospetto dell`Europa? Queste le domande del presidente. Alle quali Berlusconi ha ovviamente risposto che sì, ci sono i numeri per andare avanti e che non esistono frizioni con la Lega. La verifica che le cose stanno davvero così si avrà domani, con il voto sul deputato pol Alfonso Papa. Sarà il banco di prova di quanto la questione morale pesi su questo stallo.
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