martedì 13 dicembre 2011

IL PARRICIDIO DELLA FAMIGLIA CARRETTA A PARMA (04/08/1989)

Di Giampaolo Carboni.


Il caso Carretta è un episodio italiano di parricidio avvenuto in tale giorno a Parma. Ferdinando Carretta (NELLA FOTO IN ALTO), all'epoca del fatto ventisettenne, uccise nella casa di famiglia i propri genitori ed il fratello minore e successivamente riparò nel Regno Unito. L'esecutore confessò in pubblico il suo reato durante un'intervista televisiva nel novembre 1998. Riconosciuto incapace di intendere e di volere al momento del delitto, Carretta fu condannato alla detenzione in un carcere psichiatrico giudiziario; in semilibertà dal 2004, è tornato in libertà completa nel 2015 ed è morto nel 2023. Il programma televisivo della Rai Chi l'ha visto? ebbe un ruolo non indifferente nelle indagini e nella risoluzione del caso: fu infatti grazie a una segnalazione da esso rilanciata alle forze dell'ordine che il veicolo della famiglia fu ritrovato a tre mesi dalla scomparsa dei suoi membri e fu a un giornalista di tale trasmissione che, nel 1998, Ferdinando Carretta rilasciò la sua dichiarazione di colpevolezza prima ancora di renderla al pubblico ministero. 

Ferdinando Carretta, nato nel 1962, era figlio di Giuseppe (1936-1989) e Marta Chezzi (1939-1989); suo fratello Nicola (1966-1989) aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza. I litigi con i familiari, anche per motivi banali, erano frequenti; in tale clima familiare maturò la decisione di Ferdinando Carretta di uccidere il padre (e subito dopo la madre ed il fratello in quanto testimoni) ed acquistò, allo scopo, una pistola semiautomatica Walther sei e trentacinque in un'armeria di Reggio Emilia. In quel giorno Carretta sparò ai suoi genitori ed a suo fratello, uccidendoli, e ne nascose i corpi nel bagno. A seguire, indisturbato, procedette alla pulizia minuziosa della scena del crimine ed, il giorno seguente, si liberò dei tre cadaveri occultandoli nella discarica di Viarolo, nell'allora comune di Trecasali, limitrofo a Parma; i corpi non furono mai più ritrovati. Tre giorni dopo, l'8 agosto, falsificando la firma di suo padre, incassò un assegno bancario di cinque milioni di lire presso una filiale della Banca del Monte e lo stesso fece con il conto di suo fratello, per la somma di un milione. Infine, allo scopo di far credere a un allontanamento volontario dei genitori, guidò il camper di famiglia ad un parcheggio di Milano, dove lo abbandonò, per poi espatriare nel Regno Unito, presso i cui servizi sociali si registrò con il nome anagrafico di Antonio Ferdinando Carretta. A Londra, dove viveva, Carretta condusse una vita relativamente anonima, abitando in alloggi economici e svolgendo lavori di basso ordine, alternati alla riscossione dei sussidi di disoccupazione.

Durante la diretta televisiva di Chi l'ha visto? del 19 novembre 1989 in cui si parlava della sparizione dell'intera famiglia Carretta, un telespettatore telefonò in trasmissione segnalando la presenza presso un parcheggio di Viale Aretusa (in zona San Siro), a Milano, di un camper Ford Transit con targa di Parma, che un immediato controllo di polizia rivelò essere quello degli scomparsi. Le forze dell'ordine giunsero sul posto mentre la trasmissione era ancora in corso e ragguagliarono sul ritrovamento del veicolo, che non era chiuso a chiave e nel quale non furono rinvenuti elementi utili all'indagine, fatta eccezione per una copia della Gazzetta di Parma del 9 agosto 1989. In ragione del luogo di ritrovamento del camper, l'indagine fu presa in carico dalla Procura della Repubblica di Milano ed affidata ad un ancora sconosciuto Antonio Di Pietro che, fin dall'inizio dell'inchiesta, si dichiarò scettico sia sulla sparizione volontaria sia sulle testimonianze che segnalavano i Carretta nei più svariati luoghi, per quanto implausibili; tuttavia, ancora nel 1996, la famiglia veniva ritenuta viva e residente nei Caraibi a seguito di un'attestazione della compagnia aerea British Airways che dichiarò che i tre scomparsi si erano imbarcati da Gatwick il 6 agosto 1989 su un volo per Bridgetown, capitale di Barbados. La circostanza parve confermare voci che da tempo giravano intorno alla contabilità parallela della ditta dove Giuseppe Carretta lavorava come ragioniere e che lo stesso Carretta sarebbe scomparso con la famiglia perché autore di un pesante ammanco di fondi neri dalla cassa della ditta, sottrazione che naturalmente, data l'origine illegale dei fondi, non poteva essere denunciata. 

Il ritrovamento a Londra di Ferdinando Carretta riaprì nel 1998 il caso della scomparsa della sua famiglia. Fermato ed identificato per un controllo casuale il 27 ottobre di quell'anno quando era un pony express, uno dei due figli di Giuseppe Carretta e Marta Chezzi viveva nella capitale britannica dal 1989, quasi in povertà. Il giudice Francesco Saverio Brancaccio, procuratore della Repubblica di Parma, si recò nella capitale britannica per interrogare Carretta, il quale dichiarò di non vedere la famiglia dall'agosto 1989 e di essersi prestato a coprirne la fuga ai Caraibi dopo l'ammanco di cassa presso la ditta del padre. 
Successivamente Carretta, in un'intervista con Giuseppe detto Pino Rinaldi davanti alle telecamere di Chi l'ha visto?, ammise la responsabilità del triplice omicidio di Parma a nove anni dall'accaduto. Alla domanda "Cosa è successo quella sera del 4 agosto?", egli rispose con voce ferma e senza giri di parole: "Ho impugnato quell'arma da fuoco e ho sparato ai miei genitori ed a mio fratello". La ricerca dell'arma del delitto non portò ad alcun risultato. Il programma Chi l'ha visto? allertò le autorità. Ferdinando Carretta venne arrestato e portato in Italia, insieme alla videocassetta dov'era registrata la sua confessione, che fu trasmessa in televisione il 30 novembre 1998. Davanti al magistrato, ripeté la confessione fatta in diretta televisiva, cambiando solo il giorno dell'omicidio, dal 2 al 4 agosto. Il Gip Vittorio Zanichelli, che raccolse la sua confessione, riferì che Carretta "non vedeva l'ora di confessare". Pino Rinaldi disse nel 2019 che fu colpito "dalla casa vuota ci sono solo un divano ed una sedia. Non mi risulta ci fossero foto della famiglia a casa sua. La prima cosa che mi disse e che li avevano offerto molti soldi per le interviste ma che non era interessato. A quel punto li feci un offerta sono lì per lavoro e devo tornare indietro con qualcosa: sono nove anni che non vedi la tua famiglia, siamo sotto Natale, comunque tu sei italiano, Natale è importante, la famiglia è importante io se vuoi posso diffondere un'appello. Lui era molto tranquillo, non avevo nessuna ragione per supporre che avesse raccontato fandonie all'Interpol o ai miei colleghi, Parliamo, gli racconto che sono andato perfino in Venezuela per cercarlo, si diceva che tutta la famiglia vivesse lì con ville da sogno e cavalli di razza. poi gli parlo di nuovo dell'appello da rivolgere ai familiari. Eravamo uno di fronte all'altro, lui mi guarda, poi abbassa gli occhi, li rialza e dice: ma se loro non potessero parlare? A quel punto capisco tutto. Aveva punte di nervosismo ma si comportava normalmente. Il momento era abbastanza delicato, l'operatore mi aveva fatto un cenno come per dire registro. L'avevo fulminato con gli occhi, avevo capito immediatamente la gravità e la complessità della storia. Non mi interessava lo scoop, non ho mai avuto questa ossessione, all'epoca non ero neanche giornalista del tutto, tanto per dire. Sono innanzitutto una persona che vuole capire. Più che pensare allo scoop ero preoccupato anche del fatto che potesse fare una sciocchezza contro sé stesso. Abitava in quella casa da solo, non frequentava italiani, al ristorante mangiava da solo, neanche cucinava, come se vivesse in una cella. C'era una diga dentro di lui. Praticamente mi confessa che ha ucciso il padre, la madre e il fratello e io gli credo. C'è un particolare che mi dà la quasi matematica certezza. Quando ad un certo punto, lui che cambia continuamente stato emotivo, che passa dalla disperazione ad una lucidità quasi impressionante mi chiese ma tu hai mai sentito l'odore dei cadaveri? L'ho sentito l'odore capito? Ed è un odore che non mi dimenticherò mai. Ferdinando alterna stati di emotività in cui dice sono stato un pazzo a momenti di grande calma come quando descrive cosa è successo, dove ha trasportato i suoi familiari, Lì praticamente diventa un computer. La prima cosa che li dico è di consegnarsi a Scotland Yard ma lui rifiuta dicendo che a Londra si era comportato sempre bene e vuole lasciare u buon ricordo, Una volta che si convince a tornare in Italia li dico: vorrei farti un'intervista e lui accettò. Quando l'ho intervistato nel novembre 1998 gli dissi: perché non sei scappato invece di uccidere? e mi rispose: mio padre stava qui, dentro la mia testa. Anche se fossi andato al Polo Nord quella voce ci sarebbe stata sempre".

La polizia cominciò le ricerche nella discarica di Viarolo, ma senza risultati. I Ris, guidati da Luciano Garofano alla ricerca di Dna nella casa di Via Rimini 8, smontarono un portasapone nel bagno ed in un tassello in gomma scoprirono tracce di sangue umano maschile e femminile; tracce minori di sangue vennero inoltre rilevate sulla cordicella della doccia. Il 15 aprile 1999 la Corte d'assise di Parma riconobbe Carretta colpevole di triplice omicidio. Ritenuto incapace di intendere e volere al momento del fatto, Carretta venne rinchiuso nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Il 15 settembre 2003 tornò nella casa del triplice delitto per alcune ore, su istanza presentata al magistrato di sorveglianza dal suo difensore avvocato Gianluca Paglia che, in quello stesso giorno, rilasciando un'intervista, anticipò la linea difensiva dichiarando che, quanto prima avrebbe presentato istanza di semilibertà. Nel febbraio 2004 ottenne la semilibertà ed il 21 giugno 2006 lasciò l'Opg di Castiglione delle Stiviere per entrare in una comunità di recupero a Forlì, in seguito a una licenza esperimento concessa dal magistrato di sorveglianza di Mantova. Ciò portò la zia, Adriana Chezzi, che aveva intrapreso contro il nipote una causa per l'eredità, a manifestare il proprio disappunto, sostenendo che Ferdinando sarebbe dovuto rimanere ancora rinchiuso. Il 15 ottobre 2008 riuscì a ottenere l'eredità e la casa del massacro grazie a un accordo con le zie. L'11 giugno 2009 uscì anche dalla comunità di recupero. Il 25 aprile 2010 mise in vendita l'appartamento in cui aveva sterminato la famiglia. Il 9 maggio 2015 Carretta tornò in libertà e andò a vivere nella casa di Forlì, che aveva acquistato cinque anni prima con il ricavato della vendita della casa di Parma. Fu trovato morto il 1º giugno 2023, presso la sua abitazione a Forlì, all'età di sessantuno anni, a seguito di una lunga malattia.

L'INFLUENZA NELLA CULTURA DI MASSA DEL PARRICIDIO DELLA FAMIGLIA CARRETTA A PARMA

Il caso Carretta è trattato nella puntata Lo sguardo triste - La scomparsa della famiglia Carretta del podcast Demoni Urbani di Francesco Migliaccio. 

È raccontato anche in Indagini: Parma, 4 agosto 1989, podcast in due puntate a cura di Stefano Nazzi.

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