Di Giampaolo Carboni.
Aveva quattordici anni Graziella Cocco quando è rimasta incinta e negli anni sessanta non c'era tanta scelta. Lei era giovane e bella, lui aveva nove anni di più, mancavano due mesi al parto e la soluzione era una sola: matrimonio. Lo aveva sposato nel 1966, aveva partorito un maschietto e due femminucce, poi aveva cominciato a tradirlo. E pazienza se l'amante conosceva bene il marito. I due non si facevano scrupoli a incontrarsi nella casa coniugale e quando il rischio era troppo alto andava bene anche la macchina.
Due anni era durata la relazione e il marito l'aveva pure intuito, aveva cercato il rivale, non lo aveva trovato, aveva minacciato che non sarebbe finita così, ma quello aveva negato. Erano stati sul punto di separarsi marito e moglie, ma poi ci avevano ripensato, per i figli. E comunque la storia era finita, lei aveva chiesto perdono e lui aveva ricominciato ad amarla.
Vivevano in un appartamento di via Caprera Antonio Utzeri, originario di Siurgus Donigala, macellaio di professione, e Graziella Cocco, sposa bambina, casalinga inquieta. Sembravano aver trovato un equilibrio quando nel 1981 la donna aveva cominciato a viaggiare: soffriva di allergia e a Firenze c'era un centro specializzato. Non era partita da sola ma con un'amica, era stata fuori una settimana intera, alloggiava all'Hotel San Giorgio. Due mesi dopo era tornata in Toscana perché una delle figlie aveva problemi di asma, nel centro avrebbe trovato la cura. Anche quella volta il viaggio era durato una settimana, anche quella volta l'aveva accompagnata l'amica. Ma, quando Graziella aveva informato il marito della necessità di una nuova trasferta a Firenze, Antonio aveva cominciato a farsi alcune domande. Anche perché aveva notato un particolare: la moglie non assumeva il vaccino che le era stato prescritto. La gelosia montava eppure l'aveva lasciata andare. Certo non si aspettava di trovarla così nervosa al ritorno, intrattabile perfino con i figli, dopo dieci giorni era addirittura andata via senza dir nulla a nessuno. Sparita. A quel punto i dubbi del marito erano diventati sospetti e allora aveva pregato un amico di fargli compagnia: era andato a Firenze per sapere dove fosse la moglie. Aveva un indizio: il figlio più grande gli aveva parlato di un amico della mamma ma Antonio non era riuscito a rintracciarlo. Eppure quell'uomo esisteva, non era un parto della sua fantasia: lavorava nell'albergo dove aveva alloggiato la moglie durante i soggiorni fiorentini. Era stata simpatia immediata: i due avevano iniziato a telefonarsi, lei si descriveva molto depressa, perfino vittima di maltrattamenti in famiglia. Era stato pure a Cagliari, da lei, in estate, tre giorni, e aveva conosciuto la sorella di Graziella alla quale aveva confidato l'intenzione di convivere col suo nuovo amore, anche se non avrebbe mai preso decisioni affrettate: sapeva bene che c'erano tre bambini. Intanto Graziella era andata via di casa e lui al nuovo indirizzo spediva le lettere e telefonava. Non sospettava che il marito pensasse a una storiella passeggera, addirittura finita.
Si era dovuto ricredere presto il marito tradito: tornato a Cagliari dopo il viaggio a vuoto in cerca del rivale, Antonio aveva trovato nella posta l'istanza di separazione presentata dalla moglie. La coppia il 15 luglio 1981 era già divisa, l'appartamento di via Caprera era stato assegnato alla madre e ai figli ma Graziella aveva preferito andar via lei, con i bambini. Un'amica l'aveva ospitata in un appartamento di piazza San Benedetto. Antonio non aveva intenzione di lasciarla andare via così, insisteva, faceva domande, voleva che tornasse e l'aveva quasi convinta. Le vacanze estive nella casa di Capitana erano state l'occasione per tornare una vera coppia, uscivano la sera, andavano al ristorante e poi a ballare, e la giornata non finiva col ritorno a casa. Graziella lo aveva rassicurato, avrebbe tentato di salvare il matrimonio.
Invece, il giorno prima di ferragosto, l'ennesima doccia fredda: tre lettere in arrivo da Firenze. Il postino gliele aveva consegnate mentre aspettava sotto casa che la moglie prendesse una borsa dall'appartamento di piazza San Benedetto. Per due settimane Antonio non aveva detto niente poi, una sera, non si era trattenuto e lei aveva ammesso: amava quel giovane, voleva vivere con lui e i bambini ma forse non era più così convinta. Finite le ferie continuava a vivere in casa dell'amica, Antonio insisteva perché rientrasse in via Caprera. Marito e moglie si sentivano e si frequentavano, il 2 settembre erano insieme a casa da lei e proprio allora si era accorto del movimento con cui la moglie aveva staccato il filo del telefono. Così, quando tutti erano andati a dormire, lo aveva riattaccato e subito il telefono era squillato: amore mio aveva fatto in tempo a sentire prima che l'interlocutore riattaccasse. Graziella si era svegliata e aveva staccato la spina durante la nuova lite: lui l'aveva minacciata, devi tornare a casa, poi era andato via e Graziella, agitatissima, aveva telefonato all'amante. Ma i rapporti col marito non li aveva interrotti: il giorno dopo, 3 settembre 1981, aveva informato Antonio che sarebbe andata a Capitana e lui l'aveva cercata lì, e siccome non c'era era andato in piazza San Benedetto, e poiché non era nemmeno lì aveva provato da un'altra amica, in via Campo Pisano. Aveva preso la pistola ma nessuno se n'era accorto quando era arrivato: non la padrona che stava pranzando con Graziella e i suoi figli, tanto meno il marito, già a letto per il riposino pomeridiano. Antonio si era seduto a tavola, aveva tentato di imporre alla moglie il ritorno a casa, lei aveva detto di no. E allora si era alzato per andar via ma all'improvviso si era voltato e aveva sparato. Ferita al petto Graziella le si era avventata contro, lui l'aveva scostata ed era andato via. Aveva raggiunto a piedi un ristorante sulla 131 e da lì aveva chiamato per sapere come stava la moglie: l'amica non glielo aveva detto. Voleva suicidarsi Antonio, solo che per tre volte la pistola aveva fatto cilecca e poi gli era mancato il coraggio. Sperava che la Polizia gli sparasse, invece aveva alzato le mani ed era stato arrestato. In questura aveva saputo: era un assassino.
I giudici erano stati clementi: era un marito provocato dalla moglie che diceva di voler salvare il matrimonio ma si rifiutava di tornare a casa. E forse sarebbe pure tornata se solo lui non avesse cercato di obbligarla. Anni prima le avevano imposto il matrimonio, ora voleva scegliere. Non le fu dato il tempo.
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