Di Redazione.
Innanzitutto lo sguardo: mobile come quello di un uccello, ma che ogni tanto, all’improvviso, si fa fermo e fisso. Poi la gestualità: sobria, braccia ciondoloni, corpo immobile. Quindi il look, o meglio l’abbigliamento: giacca di velluto marrone su camicia abbottonata fino al collo e senza cravatta. Infine il modo di parlare: esitante, anti-retorico. Questo è Renato Soru, cinquantuno anni, presidente (centro sinistra) della regione Sardegna, che si ripresenta, il 15 e 16 febbraio prossimi, per un nuovo mandato.
Un aneddoto, raccontatoci da un giornalista sardo, ci dice molto di lui: “Un giorno lo stavo intervistando. Mentre risponde ad una mia domanda fa una pausa. Passano trenta secondi. Io provo ad incalzarlo ma lui, fortemente irritato, mi risponde: “La prego di non interrompermi”.” Questa formidabile austerità non ha che uno scopo: mostrare che in Italia si può essere ricchi, possedere un giornale -Renato Soru nel 2008 ha acquistato l’Unità, il quotidiano di sinistra fondato da un altro sardo, Antonio Gramsci-, trascorrere il proprio tempo su una delle più belle isole del Mediterraneo e non portare una bandana, né possedere yacht e neppure far esplodere fuochi d’artificio nel giardino della propria villa.
In breve, non essere Silvio Berlusconi, che possiede una sontuosa dimora nel nord dell’Isola in cui viene ad ogni fine settimana per far campagna in favore del suo candidato: uno sconosciuto di nome Ugo Cappellacci, ovvero il figlio del suo commercialista! Due Italie si confrontano in queste elezioni, due diverse concezioni della politica e del denaro. “Avrei preferito essere l’anti-Cappellacci, confida Soru con falsa modestia. Sarebbe stato più facile”.
Renato Soru è ricco. E’ stato pure designato come l’uomo più ricco d’Italia. “Ciò non è durato che per un solo giorno”, taglia corto, preoccupato di tornare alla propria leggenda. Il padre proprietario di pompe funebri e la madre di un negozio di alimentari, Soru si è laurea presso la prestigiosa università di economia di Milano, la Bocconi, e diviene proprietario di una catena di supermercati. Alla fine degli anni ’80, anticipando il boom di Internet, incarna alla sua maniera il Bill Gates italiano. Torna in Sardegna e fonda Tiscali, all’epoca il primo provider Internet europeo. Nel 2004, dopo aver affidato la gestione dei propri affari ad un amministratore, vince le elezioni regionali. A modo suo, senza sorriso, senza pacche sulle spalle. Le difficoltà non tarderanno. Gli è mai capitato di pentirsi della decisione? Lui elude: “Mi sforzo di non pensarci”.
“Testardo, introverso, orgoglioso. Insomma, sardo”, si può leggere sul materiale della sua campagna elettorale. “Poco disponibile al compromesso. Quando ha una idea, fa da sé. E’ la debolezza della sua forza”, confida un collaboratore. Il suo programma: sviluppo economico, informatizzazione dell’amministrazione, modernizzazione del sistema sanitario e dell’istruzione. Gli è già in parte riuscito. Altra sfida: aprire l’Isola ai turisti ma non ai palazzinari. Per dare un esempio, Soru concede 200 ettari di terreno posseduti lungo il mare ad una società pubblica di protezione del litorale ed impedisce nuove costruzioni a meno di tre chilometri dal mare.
I suoi nemici si moltiplicano ulteriormente quando decide di privare i due giornali sardi e la televisione locale delle risorse pubblicitarie per lo sviluppo turistico, cioè 55 milioni di euro. Perché fare promozione della Sardegna presso i sardi, si domanda? Ed affida il budget all’agenzia Saatchi & Saatchi per trovare altri supporti. All’improvviso, la stampa locale non parla più di lui , o ne parla poco. La televisione regionale non gli ha mai fatto l’onore di un'intervista… Altra idea: una tassa sul lusso e, nello specifico, sui grandi yacht ormeggiati nei porti della Sardegna. Bocciata dal Parlamento europeo. Poco importa, la sua immagine da Robin Hood, da Alieno della vita politica italiana, si è affermata.
Fine del 2008, in conflitto con una parte dei consiglieri più accomodanti nei confronti di quegli imprenditori di lavori pubblici che guardano all’isola come ad una gallina dalle uova d’oro, si dimette. Peccato d’orgoglio? “Di fatto, è stata una mossa perfetta”, commenta un osservatore. Ha preso di sorpresa la destra che non se lo aspettava, e pure il Partito democratico, che non ha avuto il tempo di organizzare le primarie per scegliere un nuovo candidato. Un mese più tardi, Renato Soru ripartiva alla conquista di un nuovo mandato.
“Facciamo campagna elettorale come cinquant’anni fa”, spiega il suo addetto stampa. Cinque o sei paesi visitati al giorno. Piccole riunioni in sale comunali gremite. Pochi meeting. Tuttavia, concessione alla modernità, una rete di giovani militanti -coordinata via Internet- mobilitata sul territorio. “500 000 euro di budget, appena ciò che il Governo spende per inviare un ministro o Berlusconi a fare campagna contro di me”, si lamenta dopo averci fatto salire sulla sua Audi con autista a bordo, unico suo lusso visibile.
Ad ogni sosta, lo stesso discorso: “La Sardegna crea posti di lavoro, la Sardegna si sviluppa, la Sardegna invia ogni anno 3 000 studenti a perfezionarsi all’estero, noi non abbiamo bisogno di nessuno per amministrare il nostro destino”. Presso Pabillonis (a nord di Cagliari), ci dice dell’apertura di un panificio. Silvio Berlusconi, che adopera altri mezzi (aerei, elicotteri, servizio d’ordine, il tutto a spese del contribuente) promette, lui, “un piano Marshall” per la Sardegna. Soru replica stizzito, e per una volta sorridente: “Distribuisce piani Marshall come fossero aspirine. Ma qui, non siamo a Gaza. Non abbiamo bisogno di colonizzatori!”.
Se vincerà, la sera di lunedì 16 febbraio, Renato Soru avrà dimostrato che si può battere il Cavaliere. Taluni già vedono in questo grande miope il futuro leader del Partito democratico e il candidato alle prossime elezioni politiche. Lui lascia dire… In un’intervista al settimanale L’Espresso ha illustrato la sua ambizione e la sua strategia: riunire tutta l’opposizione, dai centristi alla sinistra radicale, come fece Romano Prodi, che in politica è il suo modello. Diffidente, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha fatto realizzare segretamente un sondaggio per misurare la propria popolarità presso gli italiani.
Nel ristorante di Uras in cui la sua squadra, lungo la strada, si è fermata per ristorarsi, Soru consente di considerare la possibilità di vittoria. Se sarà eletto, gli si fa notare, sarebbe il primo grande successo elettorale dalla nascita del Partito democratico. “E’ vero, non ci avevo proprio pensato”, finge di stupirsi, inzuppando un pezzo di pane nel vino, come fanno i veri sardi.
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