domenica 12 maggio 2013

L'UCCISIONE DI GIORGIANA MASI (12/05/1977)

Di Redazione.


Giorgina Masi, più conosciuta con il soprannome di Giorgiana (NELLA FOTO) era nata a Roma il 6 agosto 1958 ed era una studentessa italiana che venne uccisa a diciotto anni durante una manifestazione di piazza. Proveniente da una famiglia di media condizione sociale, Giorgiana Masi abitava con il padre (un parrucchiere), la madre casalinga e la sorella maggiore in un appartamento di via Trionfale a Roma, nei pressi dell'ospedale San Filippo Neri. All’epoca dei fatti, la Masi frequentava il quinto anno del Liceo Scientifico Statale "Louis Pasteur". Nel tardo pomeriggio di quel giorno si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel centro storico della capitale, dove erano scoppiati violenti scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Alle diciannove e cinquantacinque i due erano in piazza Giuseppe Gioacchino Belli, quando un proiettile calibro ventidue colpì Giorgiana all'addome Subito soccorsa, venne trasportata in ospedale, dove i medici non poterono fare altro che constatarne il decesso.
Nella seconda metà degli anni settanta il clima di violenza politica che caratterizzava l’Italia si manifestò anche a Roma, dove si verificò una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del 21 aprile dello stesso anno tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di Autonomia Operaia che si concluse con l'uccisione dell'agente Settimio Passamonti e il ferimento di quattro suoi commilitoni. Il giorno stesso, l'allora Ministro dell'interno Francesco Cossiga annunciò in Parlamento di aver dato disposizioni per vietare nella capitale, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche. Il provvedimento di Cossiga venne fortemente sostenuto dal Partito Comunista Italiano, che riteneva di non trovarsi "più di fronte a turbamenti anche violenti dell’ordine, ma a un criminoso assalto armato allo Stato e alla società", apertamente chiedendo "fermezza, ordine, sicurezza nella democrazia". Il Partito Radicale decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un sit-in in piazza Navona per il 12 maggio, motivato dalla raccolta di firme alla proposta dei referendum abrogativi e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente referendum sul divorzio. All’iniziativa si unirono anche i simpatizzanti di quello che verrà poi chiamato movimento del '77 e gli appartenenti a varie formazioni della sinistra extraparlamentare, per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica e il clima repressivo nei loro confronti. Alla manifestazione erano presenti circa cinquemila agenti delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese, il cui coordinamento operativo era stato messo a punto nel corso di una riunione al Viminale, il precedente 3 maggio. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con il lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali Marco Pannella, sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti. Intorno alle diciannove, alcuni parlamentari mediarono con le forze dell’ordine, per consentire ai manifestanti di evacuare la zona verso Trastevere. Il consenso fu in realtà apparente: da quel momento gli incidenti si fecero più gravi, Durante l’evacuazione, fumogeni e colpi di pistola vennero esplosi, apparentemente da Ponte Garibaldi. La situazione si fece confusa, i manifestanti iniziarono a fuggire. Il primo a essere ferito fu l’allievo sottufficiale dei Carabinieri Francesco Ruggeri . Poco dopo, alcuni presenti videro la Masi cadere a terra “come fosse inciampata” e venire caricata su un'auto per essere trasportata all’ospedale. Il bilancio finale della giornata vide la morte della Masi ed il ferimento di altre otto persone, fra cui una donna, Elena Ascione, ferita ad una coscia ed un allievo sottufficiale dei carabinieri, Francesco Ruggeri (o Ruggero a seconda delle fonti), ferito a un polso.
L'inchiesta sull'uccisione di Giorgiana Masi e sul ferimento di Elena Ascione e del carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero) fu chiusa il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio D'Angelo su conforme richiesta del Pubblico Ministero con la dichiarazione di impossibilità di procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato. In un estratto della sentenza, il giudice scrive: "È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizioni del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti ed i tutori dell’ordine". Nel 1998, in seguito alla riapertura delle indagini, da anni sollecitate da più parti, ed affidate al Pm Giovanni Salvi della procura di Roma, venne riesaminata la pista che riguardava la pistola. Per l'ex Presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga pronunciate sull'accaduto confermerebbero come "quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell'ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993" e, sempre nel 1998, il deputato verde Paolo Cento presentò una proposta di legge per la costituzione di una commissione che si occupi di "abbattere il muro di omertà, silenzi e segreti attorno all'assassinio della giovane e per individuare chi ha permesso l'impunità dei responsabili".
L’allora Ministro dell'interno Francesco Cossiga fu coinvolto in aspre polemiche per l'inadeguata gestione dell'ordine pubblico (vi sono fotografie che mostrano agenti in borghese mimetizzati tra i manifestanti che parrebbero, secondo alcune interpretazioni, sparare ad altezza d'uomo). Lo stesso Cossiga si dichiarò pronto a dimettersi al manifestarsi di una condizione: avere "le prove che la polizia aveva sparato". Nel 2003 dichiarò, però: "Non li ho mai detti alle autorità giudiziarie e non li dirò mai i dubbi che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono sulla morte di Giorgiana Masi: se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica". In un'intervista al Corriere della Sera del 25 gennaio 2007 l'ex Ministro dell'Interno dichiarò di essere una delle cinque persone che sono a conoscenza del nome dell'assassino. La storia della morte di Giorgiana Masi è stata presa a simbolo di molte lotte giovanili contro presunte ingiustizie della polizia e della politica ed è ancora oggi oggetto di forte polemica.
Il 24 ottobre 2008, a seguito di un'intervista rilasciata dal senatore a vita Francesco Cossiga al Quotidiano Nazionale, nella quale suggeriva l'uso della violenza nei confronti dei manifestanti, la senatrice Radicale (eletta nelle file del Partito Democratico) Donatella Poretti ha deciso di depositare un disegno di legge per l'istituzione d'una commissione d'inchiesta sull'omicidio di Giorgiana Masi. Lo stesso giorno d'ottobre 2008, anche Alfio Nicotra (esponente di Rifondazione Comunista) ha chiesto che l'inchiesta venga riaperta. Il 12 maggio 2011 si è tenuto a Piazza Sidney Sonnino a Roma (nei pressi di Piazza Giuseppe Gioacchino Belli) una manifestazione musicale in ricordo di Giorgiana Masi. Tutti gli anni, il 12 maggio, tengono a piazza Sidney Sonnino a Roma (nei pressi di piazza Giuseppe Gioacchino Belli) commemorazioni di Giorgiana Masi sia esponenti del Partito Radicale che appartenenti al Movimento (e suoi simpatizzanti). In genere le due commemorazioni avvengono in momenti diversi della giornata, per insanabili contrasti politici. La morte di Giorgiana Masi appare nel primo episodio della serie televisiva Romanzo Criminale, andata in onda nel 2008.
Già l'anno successivo Stefano Rosso, celebre cantautore romano, scrive una canzone in cui parla di Giorgiana: si tratta di Bologna '77, inclusa nell'album "...e allora senti cosa fò", in cui traendo spunto dai fatti di Bologna dell'11 marzo 1977 e dall'assassinio di Francesco Lorusso, racconta della morte della ragazza nella seconda strofa ("e poi primavera / e qualcosa cambiò, / qualcuno moriva / e su un ponte lasciò / lasciò i suoi vent'anni / e qualcosa di più...").
La Banda Bassotti, gruppo musicale romano, cita Giorgiana Masi insieme a Fabrizio Ceruso e Walter Rossi nell'intro del pezzo "All are equal for the law" apparso nella compilation "Balla e difendi" prodotta dalla Gridaloforte Records nel 1991 e successivamente nel loro mini album "Bella Ciao" del 1994. Il rapper Inoki cita la ragazza nel ritornello del singolo "Il mio paese se ne frega" tratto dall'album Nobiltà di strada del 2007.
Il cantautore bolognese Claudio Lolli ha dedicato a Giorgiana Masi la canzone Da zero e dintorni, contenuta nell' album Disoccupate le strade dai sogni, del 1977.

Alle diciassette tra i duemila compagni, radicali,  giovani socialisti e femministe , sfrattatati da Piazza Navona a colpi di manganello e calci di fucile, vi è anche il pianista che avrebbe dovuto suonare al concerto: indossa un cartello emblematico su quel giorno: NON SPARATE SUL PIANISTA! Invece si sparerà su tutto e di tutto e contro tutti. Si picchiano i parlamentari della nuova sinistra  e radicali come Mimmo Pinto,  Mellini, Gorla, Sivio Corvisieri , ma si spara anche sui turisti che affollano largo Argentina in quel caldo giorno di maggio e si prosegue la caccia all’uomo nelle strade del Ghetto ebraico. Possiamo testimoniare  il fondersi della rabbia dei compagni con la solidarietà inaspettata degli abitanti e  dei negozianti del Ghetto, incazzati per la violenza della polizia contro manifestanti inermi .Chi c’era,  di noi,  vi potrà raccontare come , dalle finestre delle case e dai balconi ,   gli abitanti del quartiere segnalino ai manifestanti  la situazione delle forze della repressione, aprano le porte delle case e nascondano dietro le saracinesche abbassate centinaia di compagni rimasti isolati.“- Bum-Bum!”- è il rumore che fanno i calci di fucile contro le saracinesche mentre all’interno  in un silenzio irreale ci si guarda preoccupati,  giovani autonomi, femministe , indiani metropolitani e negozianti di religione ebraica. Poi …quando non si sente più nulla  , le saracinesche si alzano per rispuntare fuori,  in un gioco che si ripeterà per ore quel 12 Maggio”- Sembra quasi un gioco,  che purtroppo si coprirà del sangue della giovanissima compagna Giorgiana Masi, diciannove anni ma anche di tanti altri ragazzi feriti, con teste ed occhi devastati dai lacrimogeni sparati raso terra e rimbalzanti come missili sull’asfalto. E’ la ricerca del morto a tutti i costi ed i corpi speciali , quelli che girano con tascapane e fazzoletto sul volto e jeans tra i manifestanti ,per provocare, faranno la loro parte. Sarà il Messaggero in una serie di foto eccezionali che metterà alle spalle al muro Cossiga difeso a spada tratta fino all’ultimo dal Pci, che,  proprio da quegli agenti coi capelli lunghi partono i colpi fatali che uccideranno Giorgiana. A Bologna il 16 maggio i compagni per poter ricordare Giorgiana saranno costretti ad inventarsi una lunga fila indiana  dall’università per raggiungere  Piazza Maggiore dove  di fronte a diecimila compagni  vi sono mille del servizio d’ordine del Pci chiamati a (sic!) difendere i muri di Palazzo d’Accursio. Cronache lontane ma troppo simili ad altre più recenti, quelle di Genova del 2001, della morte di Carlo Giuliani e  delle tante cacce all’uomo contro donne e anziani inermi dai corpi scelti delle forze antisommossa , compresi i baschi verdi della Gdf  in tute da Robocop.

(Da "Lotta Continua" del 13/05/1977)


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