mercoledì 3 giugno 2015

LA MORTE DI GIOVAN BATTISTA FABBRI (03/06/2015)

Di Giampaolo Carboni.


E' scomparso nella notte Giovan Battista Fabbri (NELLA FOTO IN ALTO). Era nato a San Pietro in Casale l'8 marzo del 1926. E' stato un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, fra le altre, di Piacenza, Vicenza, Catanzaro, Ascoli, Spal, Cesena e Bologna. Giocatore eclettico, ha ricoperto numerosi ruoli, tra cui quelli di ala e mediano. Per le sue doti di corsa e resistenza era soprannominato Brusalerba. Iniziò la carriera nella S.P. Centese in Serie C, disputando trentadue partite con quattordici reti tra il 1945 e il 1947 e conquistando la promozione in Serie B. In seguito si trasferì al Modena, con cui esordì in Serie A nella stagione 1947-1948, e quindi disputò sette stagioni nel Messina (una in Serie C e sei in Serie B con la promozione nella serie cadetta conquistata nella stagione 1949/1950). Nel 1955 torna per una stagione in Serie A con la Spal, per poi concludere la carriera di calciatore con Pavia (retrocesso dalla Serie B alla Serie C) e Varese, dove ha assunto il doppio ruolo di allenatore-giocatore nel campionato di IV Serie 1957-1958. Ha totalizzato complessivamente da calciatore sessantuno presenze ed otto reti in Serie A e centoquaranta presenze e tredici reti in Serie B.
Da allenatore invece Fabbri predicava un calcio che per l'epoca (anni settanta ed ottanta) era considerato in Italia avanzatissimo, una derivazione del calcio totale olandese : terzini a stantuffare sulle fasce, difensori e attaccanti a scambiarsi i ruoli senza troppi imbarazzi e un'estrema spettacolarità di gioco che però veniva pagata con una certa fragilità difensiva. Utilizzava un solo attaccante centrale, supportato dagli inserimenti delle ali sulle corsie esterne e dalle sovrapposizioni dei terzini, e preferibilmente senza impiegare un vero e proprio regista. Esordì a Varese, guidò le giovanili di Torino,Spal (dove sedette a più riprese sulla panchina della prima squadra, lanciando il giovane Fabio Capello) e Cesena. In seguito allenò la Sangiovannese, in Serie C, e proseguì sulle panchine di Giulianova, dove sfiora la Serie B chiudendo il campionato di C al secondo posto, e Livorno: in Toscana non concluse la stagione, a causa di attriti con la dirigenza, che voleva imporre a Fabbri la formazione. Nel 1974 sedette sulla panchina del Piacenza, con cui vinse il campionato di Serie C ma non riuscì a ottenere la salvezza in quello cadetto, a causa di carenze di organico ed un filotto di cinque sconfitte consecutive nel finale di stagione. Lasciata Piacenza, venne ingaggiato dal presidente del Lanerossi Vicenza Giuseppe Farina. In Veneto Fabbri ottenne il rilancio personale, potendo contare anche su un giovane Paolo Rossi nelle file della formazione berica. Proprio a Fabbri venne attribuita l'intuizione di avere spostato il futuro Pablito dal ruolo di ala destra a quello di centravanti a causa della contingente mancanza di un centrattacco in squadra. Con il Lanerossi conquistò nell'arco di due anni una promozione in Serie A e quindi nel 1977-1978 uno storico secondo posto nella massima serie alle spalle della Juventus. Al termine di quella stagione Fabbri vinse anche il prestigioso riconoscimento del Seminatore d'Oro come migliore allenatore italiano dell'anno (VEDI FOTO SOTTO). 
Nella stagione successiva, complici le cessioni di Roberto Filippi e Giuseppe Lelj, il Vicenza retrocesse in Serie B mostrando solamente in alcuni sprazzi il gioco spettacolare esibito nelle annate precedenti. Si trasferì quindi sulla panchina dell'Ascoli, che portò al quinto posto in campionato, massimo traguardo raggiunto dal club marchigiano nella sua storia. Allenò in Serie A anche il Cesena (dove venne esonerato, complici cattivi risultati e l'ostilità dell'ambiente) ed il Catania, con un intermezzo alla Reggiana in Serie B: in tutti e tre i casi le squadre retrocettero a fine stagione. 
Nel 1984 riparte dalla Serie C1, alla guida del Catanzaro, con cui ottenne la promozione nella serie cadetta al termine della stagione 1984-1985. Nelle due annate successive subentrò sulle panchine del Foggia (sostituendo Corrado Viciani), in C1, e del Bologna, in Serie B, dove venne chiamato a sostituire Vincenzo Guerini. Con i rossoblu ottenne la salvezza, ma il suo contratto non venne rinnovato perché il Bologna aveva già messo sotto contratto il giovane allenatore Luigi Maifredi per l'anno successivo. Tornò quindi per una stagione alla Spal (subentrando a Giancarlo Cella), per poi allenare il Venezia-Mestre di Maurizio Zamparini, dove, fra mille polemiche (soprattutto del presidente Zamparini, che considerava la rosa adatta alla categoria) favorì l'esordio della cosiddetta "linea verde", lanciando nel panorama calcistico tre giovani ragazzi, e diventando il primo di una lunga serie di allenatori esonerati o non riconfermati dall'imprenditore friulano. Nel 1990 tornò per l'ennesima volta a Ferrara, questa volta come direttore tecnico: ottenne la doppia promozione dalla Serie C2 alla Serie B nel biennio 1990-1992. Concluse la carriera di allenatore l'anno seguente sulla panchina degli emiliani, alternandosi a Rino Marchesi e Gian Cesare Discepoli. Quindi Fabbri giocò ed allenò dal 1945 fino al 1993 per un totale di quarantotto campionati ufficiali. La sua attività di allenatore continuò per un ultimissima volta fino al 1999 con il Club Italia, la squadra federale dei Campioni del Mondo del 1982, per un totale di cinquantasette anni di attività.Nel 2008 scrisse il libro autobiografico "Gibì, una vita di bel calcio" (Bacchilega editore).

REAZIONI

Mondo del calcio italiano ovviamente in lutto per la perdita di uno dei suoi esponenti. Fra le prime reazioni registrate quella dell'ex calciatore Franco Cerilli che fu allenato da Fabbri a Vicenza dal 1977 al 1979. Cerilli ha scritto le seguenti parole su Facebook "Te ne sei andato grande maestro...di calcio e di vita..ma per tutti noi del Real Vicenza non morirai mai sarai sempre nei nostri cuori...Ciao Gibi Fabbri....R.I.P.".  Su Cerilli proprio Fabbri disse "Franco Cerilli arrivò al Vicenza come ala, dato che aveva giocato nell'Inter sempre in questo ruolo. Niente di più sbagliato, non aveva le doti principali, cioè scatto e velocità. Era invece dotato di un piede sinistro fatato così lo feci subito giocare centrocampista-tornante. Con la sua padronanza di palleggio e di passaggio millimetrico, diventò un vero campione e credo che Paolo Rossi abbia avuto dai suoi passaggi un valido aiuto per diventare quello che è diventato. Restano famosi i loro duetti di pura classe calcistica".

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