lunedì 1 giugno 2015

LE RIFORME PER SALVARE L'EURO (01/06/2015)

Di Beniamino Moro.

La Bce ha organizzato un apposito Forum a Sintra (Portogallo) per sferzare i governi europei sulle riforme. La ripresa economica non è sufficiente, ha scandito Draghi nella sua relazione di apertura, per mettere al sicuro l'euro e l'Unione monetaria. In presenza di marcati squilibri strutturali delle economie dell'Eurozona, inoltre, la sola politica monetaria tradizionale non basta a perseguire le finalità istituzionali di una crescita equilibrata in condizioni di stabilità dei prezzi. Per il superamento della recente Grande Crisi finanziaria, infatti, è stato necessario il ricorso a politiche non convenzionali, di natura straordinaria, come le operazioni di finanziamento del sistema bancario a tre anni per oltre mille miliardi di euro e, da ultimo, il ricorso al quantitative easing per l'immissione di un'ingente liquidità al ritmo di 60 miliardi di euro al mese. Ma il problema di fondo, che spiega la minore crescita dell'Europa rispetto agli Stati Uniti, è che l'Eurozona non solo è più frammentata e diversificata rispetto all'economia americana, ma è anche sclerotizzata e segnata da numerose inefficienze. In assenza di riforme strutturali, gli squilibri all'interno dell'area dell'euro riproporranno le tensioni recentemente sperimentate con la duplice crisi bancaria e dei debiti sovrani. «In un'unione monetaria - ha scandito Draghi - non puoi permetterti di avere grandi e crescenti divergenze strutturali. Tendono a diventare problemi esplosivi e minacciano l'esistenza della moneta unica. E la Bce è il guardiano della valuta». Il problema sorge dal fatto che, a differenza degli Stati Uniti che hanno un sistema efficiente e flessibile, i Paesi europei sono più frammentati e rigidi e ciò crea un ostacolo alla politica monetaria nel perseguimento dei suoi obiettivi finali, che restano la crescita economica e la stabilità dei prezzi. Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno una capacità doppia di crescita rispetto ai Paesi dell'Eurozona. Per dispiegare lo stesso potenziale di crescita, questi ultimi devono rendere più efficienti i loro sistemi e ciò è possibile solo con le riforme strutturali. Qui, però, occorre intendersi su quali siano le riforme strutturali veramente necessarie per lo sviluppo che andrebbero monitorate dall'Ue con un sistema analogo a quello dei bilanci pubblici. Draghi non le ha elencate, rimandando alla vasta letteratura esistente al riguardo, ma era palese il suo riferimento ad una maggiore liberalizzazione dei mercati, in particolare quelli del lavoro e dei beni e servizi. Ha tuttavia indicato un metodo da seguire. Se si parla di 3 politiche di bilancio, ha chiarito il presidente della Bce, non si può non notare che molti Paesi europei negli anni scorsi hanno «alzato le tasse, aumentato la spesa pubblica, tagliato gli investimenti: facendo esattamente il contrario di quello che occorreva fare». Il riferimento diretto all'Italia viene taciuto, ma è risultato palese a tutti gli osservatori. E, a scanso di equivoci, Draghi ha precisato che la Bce non ha l'obiettivo di spingere per la riduzione delle protezioni sociali o di ridimensionamento del ruolo dei sindacati, ma chiede di essere messa nelle condizioni di condurre al meglio la politica monetaria dell'Eurozona, proprio per renderla più funzionale alla crescita del reddito e dell'occupazione. A conclusione del suo discorso, Mario Draghi ha anche annunciato la strada che la Bce, insieme alle altre istituzioni europee (Jean Claude Junker quale presidente della Commissione, Donald Tusk quale presidente permanente del Consiglio europeo e Jeroen Dijsselbloem quale presidente dell'Eurogruppo), intende percorrere per arrivare a «un'autentica Unione economica e monetaria». I quattro presidenti hanno predisposto un documento comune che verrà presentato al Consiglio dei capi di Stato e di governo di giugno, che contiene le proposte concrete volte a identificare i passi futuri necessari a consolidare la governance comune delle riforme strutturali. Al riguardo, si dovranno distinguere due differenti categorie di riforme: da un lato, quelle fondamentali al recupero dell'efficienza dei sistemi economici, che verranno monitorate a livello comunitario, seguendo standard condivisi basati sulle migliori prassi, allo stesso modo di come avviene oggi per i bilanci pubblici; dall'altro, le riforme nelle aree di intervento più caratterizzate a livello nazionale e locale, che non hanno una valenza sistemica europea e che perciò resterebbero di esclusiva competenza dei singoli Stati nazionali. Draghi ha infine respinto le critiche secondo cui la Bce non avrebbe la legittimità democratica per avventurarsi su terreni riservati ai governi: rientra infatti nei compiti delle banche centrali suggerire, come si è fatto in passato, le soluzioni tecniche che rendano i sistemi economici più efficienti.

(Da "L'Unione Sarda")

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