venerdì 16 dicembre 2016

L'OMICIDIO DI GIANNI CONCUDU E MARTINO CABONI A BUSACHI (05/07/2000)

Di Giampaolo Carboni.

Due morti ammazzati, un solo interrogativo: la lugubre ombra della faida si è di nuovo stagliata sul cielo di Busachi, su questo aspro e suggestivo paesino a prevalente economia agro-pastorale abbarbicato sulle alture del Barigadu e posto quasi ai confini del Mandrolisai? Difficile avere risposte. Per ora. Anche perché la parola «faida» qui non piace. C'è però una tragica, inconfutabile certezza: i pallettoni che ieri mattina, poco dopo l'alba, hanno spezzato in una manciata di secondi la vita dell'allevatore Gianni Concudu (trentatré anni, sposato e a quanto pare in attesa di diventare padre) e quella del suo aiutante Martino Caboni (ventisei anni), sono partiti dai fucili impugnati da gente che è andata lì ad aspettarli, giusto a ridosso della strada statale che collega Fordongianus con Allai, proprio per ucciderli. Una esecuzione in piena regola, insomma, magari frutto di un desiderio di vendetta covato chissà da quanto tempo, in ossequio al detto barbaricino «Conservat s'odiu cha s'occasione non mancat». Non a caso _ manco a dirlo _ questo duplice assassinio, questo agguato teso con il sole già alto (secondo il medico legale, Francesco Paribello, dell'Università di Cagliari, la morte è avvenuta intorno alle sei e mezzo del mattino, quindi circa mezz'ora dopo che l'allevatore e il suo aiutante erano stati notati in paese) non ha avuto un solo testimone. Né c'è stata una sola persona, per quanto se ne sa, che abbia udito nel silenzio di quella vallata l'eco delle due, forse tre mortali fucilate esplose praticamente a bruciapelo. Tant'è che l'effetto su Gianni Concudu (fulminato al posto di guida del suo fuoristrada pick-up Nissan Patrol color testa di moro) è stato a dir poco devastante, tenuto conto che la rosa dei pallettoni, sparata molto probabilmente dal retro dell'auto, dunque attraverso il lunotto, gli ha portato via quasi la metà della testa e del volto. Martino Caboni, invece, ha tentato una disperata quanto inutile fuga: la fucilata l'ha raggiunto alle spalle, fulminandolo all'istante e scaraventandolo letteralmente sotto un macchione di cisto, con il volto nella polvere. E così _ dopo una concitata telefonata arrivata alla stazione di Busachi e quasi contemporaneamente al centododici _ li hanno trovati i carabinieri del paese, seguiti quasi a ruota da una sorta di mini-esercito formato dagli uomini del Nucleo operativo della Compagnia di Ghilarza, al comando del capitano Alessandro Puel; da quelli delle squadriglie dei "Cacciatori di Sardegna" (arrivati in elicottero da Abbasanta con tanto di cani lupo subito sguinzagliati nelle campagne circostanti alla ricerca di eventuali tracce) e dagli agenti della Mobile oristanese, guidati dal dirigente Pino Scrivo. Il tutto in località «Bau'e Murru», a meno di cento metri dall'azienda-ovile di Gianni Concudu e proprio di fronte, seppure in linea d'aria, dalla maestosa e impressionante muraglia della nuova e semiasciuttta diga sul Tirso, battezzata "Eleonora". Ma fino al primo pomeriggio _ quando il medico legale ha dato l'assenso per la rimozione di quei due corpi straziati dal piombo _ l'imponente spiegamento di uomini e mezzi non ha dato i frutti sperati, salvo il ritrovamento, poco dopo le quattordici, di una Fiat Croma avvistata con l'elicottero nella zona di Paulilatino. Ebbene, all'interno di quell'auto i carabinieri pare abbiano trovato qualcosina d'interessante (dei guanti in lattice e delle calze da donna in nylon?) che potrebbe essere in qualche modo ricollegato al fatto di sangue. Sempre che la Fiat Croma non debba essere invece ricollegata a una fallita rapina tentata martedì pomeriggio a Tramatza. Ma ovviamente gli investigatori stanno battendo ogni possibile pista nel non facile tentativo di risalire agli assassini. Ecco perché l'incessante via vai di persone convocate in caserma, alcune delle quali pare siano state sottoposte anche allo stub, ossia la moderna versione del guanto di paraffina. Di arresti o di persone sottoposte a fermo, però, non se ne parla. Neanche stavolta. Intanto dopodomani sarà effettuata l'autopsia, mentre non è escluso che il sindaco proclami il lutto cittadino.
Perquisizioni (tante) nei casolari delle zona ma anche in alcune abitazioni del paese, ancora una volta con l'impiego dei cani in dotazione al battaglione "Cacciatori di Sardegna" che anche ieri all'alba erano nel Barigadu per coadiuvare i carabinieri della Compagnia di Ghilarza nella ricerca di eventuali tracce lasciate dagli assassini. Quelli che poco dopo l'alba di mercoledì, quasi a ridosso del «rio Flumineddu», lungo la strada per Allai, hanno teso il mortale agguato all'allevatore Gianni Concudu (33 anni) e al suo aiutante Martino Caboni (26 anni), trucidandoli a sangue freddo a meno di cento metri dall'azienda-ovile dove le vittime si stavano recando _ come facevano con quotidiana puntualità _ per mungere le pecore. Perquisizioni, si è detto, ma anche decine e decine di pagine con le spontanee dichiarazioni rese dalle numerosissime persone che anche ieri hanno continuato a sfilare davanti agli investigatori dell'Arma e della squadra mobile oristanese. Ma nonostante questo grande lavorio le indagini, orientate in tutte le possibili direzioni, non sembrano aver fatto grandi passi in avanti. O forse sì. Infatti c'è la novità di una nuova pista _ tenuta top-secret _ che carabinieri e polizia avrebbero imboccato giusto nelle ultime ore e che darebbe una nuova, inedita chiave di lettura all'atroce esecuzione di Gianni Concudu e Martino Caboni, freddati con una pioggia di pallettoni roventi. Detto in altre parole l'ombra sinistra della faida si sta probabilmente allontanando, per lasciare posto comunque a scenari forse ancora più inquietanti, ancora più cupi. Naturalmente tra gli investigatori nessuno è disposto a spendere mezza parola su questa nuova pista. Tuttavia a dar fede alle voci fatte rimbalzare qui e là da radio paese la caccia si sarebbe spostata verso un indirizzo ben preciso: quello dei sicari venuti da lontano con l'incarico di eliminare il giovane allevatore e il suo aiutante. Non a caso nelle ultime ore il presunto movente della spietata esecuzione _ quello della faida _ pare abbia cominciato a vacillare. «Diciamocelo chiaro, quello è un coperchio buono per tutte le pentole...», ha telegraficamente commentato qualcuno che della cosiddetta "faida di Busachi" dovrebbe conoscere tutto e di più. Probabilmente non è casuale che ieri mattina le stanze della procura della Repubblica di Oristano abbiano ospitato un vero e proprio "vertice", al quale hanno partecipato, oltre al procuratore-capo Gianfranco Carletti e al sostituto Paolo De Falco, funzionari di polizia e ufficiali dell'Arma che prestavano servizio nell'Oristanese nel periodo in cui la faida era esplosa in tutta la sua devastante potenzialità. E proprio questo "team" di specialisti pare abbia messo una seria ipoteca sull'ipotesi che la tragica fine di Gianni Concudu e Martino Caboni sia collegata a quella indimenticata e indimenticabile stagione di sangue. Intanto non è escluso che qualche nuovo indizio utile alle indagini possa venire dall'autopsia sulle salme dei due sventurati giovani, che sarà effettuata stamane nell'obitorio del «San Martino» di Oristano dal medico legale Francesco Paribello. Poi, nel pomeriggio, salvo imprevisti, i funerale, con le campane della chiesa parrocchiale di Busachi che suoneranno a lutto per dare l'ultimo saluto a Gianni e Martino.

© Riproduzione riservata.

Nessun commento:

Posta un commento

Qualsiasi commento anonimo o riportante link NON sarà pubblicato

Any anonymous or linked comments will NOT be published