mercoledì 26 luglio 2017

CALCIOMERCATO (30/06/1992)

Di Giampaolo Carboni.

L’attaccante del Torino, Gianluigi Lentini, passa dopo serratissima trattativa al Milan, con la Juventus battuta sul filo di lana. Ma circolano voci strane e si vocifera che Lentini fosse stato venduto al Milan già a marzo. Le insinuazioni, che man mano si fanno più concrete, vengono accompagnate dalle consuete smentite di via Turati. Dopo qualche giorno, alcuni giornali pubblicano i termini economici dell’affare: complessivamente, l’acquisto del calciatore sarebbe costato l’astronomica cifra di sessanta miliardi di lire. Alla notizia le reazioni dell’ambiente pedatorio sono tra il meravigliato e lo sdegnato, con velati attacchi da parte di certa stampa moralizzatrice. La società rossonera, per bocca di Adriano Galliani, rende nota la sua versione dei fatti in un comunicato: L’unica cosa che voglio dire è che le cifre che abbiamo letto sui giornali sono molto lontane dal vero. Non esiste al mondo che il mercato del Milan sia immorale, come è stato detto. Siamo nei regolamenti. Abbiamo concluso un’operazione di mercato molto importante senza costringere con la forza né il giocatore né il presidente del Torino. Vi ricordo che qualcun altro ha pagato, per un giocatore di cinque anni più vecchio di Lentini, cifre superiori. Il calciatore di «cinque anni più vecchio» è Gianluca Vialli, appena passato alla Juventus, chiamato in causa da Galliani per mascherare la sua malefatta. Ma la bugia è doppia: il passaggio del blucerchiato in bianconero è costato circa quaranta miliardi lordi tra acquisto ed ingaggio, quindi molto meno dei denari elargiti per Lentini; inoltre Galliani si picca di precisare che le cifre lette sui giornali «sono molto lontane dal vero», affermando che l’esborso ammonta a quattordici miliardi, più altri tredici miliardi e duecento milioni di lire per l’ingaggio quadriennale (di nuovo mettendo in mezzo altre società, le quali avrebbero osato offrire cifre superiori: venticinque miliardi l’Inter, addirittura ventotto miliardi la Juventus). 
E poi succede che persino l’Avvocato Agnelli - in quella calda estate del 1992 - metta da parte l’ironia e si indigni: «Non credevo si potesse arrivare a tanto, ci vuole più equilibrio». L’Osservatore Romano in un editoriale sul «calcio marcio» scrive che quella è «un’offesa alla dignità del lavoro». Il Presidente del Consiglio Giuliano Amato puntualizza: «L’Italia non è Disneyland». Stanno tutti parlando della stessa cosa.  Amici, c’è la crisi, e che un calciatore venga pagato così, provoca stupore, disapprovazione, risentimento. Il trasferimento di Gigi Lentini dal Torino al Milan, per la spaventosa cifra di sessantacinque miliardi di lire. Una pacca di soldi. Adriano Galliani - che Lentini l’ha comprato - si scansa: «Non ci trovo niente di immorale». «L’ho fatto solo per soldi», ammette il presidente del Torino, l’ingegnere di Domodossola Gian Mauro Borsano. Ha bisogno di cash, Borsano. Ha comprato il Torino tre anni prima, l’ha riportato in serie A, addirittura in finale di Coppa Uefa, contro il glorioso Ajax. Ma Borsano è finito nei guai. Nei guai seri. E’ deputato nelle file del Psi di Bettino Craxi. Quello è il periodo di Tangentopoli, qualche mese prima è scoppiata «Mani Pulite»: i socialisti non se la passano bene. E’ indagato - anche - per bancarotta fraudolenta, in relazione al crack Ipifim ed ha «buchi» ovunque con la Gima, la finanziaria a capo delle sue società. Deve vendere qualche gioiello di casa. Chi è quello che mi farà incassare di più? Gigi Lentini.  Gianluigi Lentini, Gigi per tutti, ha ventitre anni ed è il calciatore del momento. E’ bello, ricco, famoso, dotato, strapagato. E’ un’ala destra, talento sostenuto dal fisico, quando parte in dribbling è un cavallone di razza, irresistibile e travolgente. Il suo trasferimento fa scandalo.I tifosi del Toro protestano, scendono in piazza, assaltano la sede del club. Ce l’hanno anche con Gigi. Lo bollano: traditore. Gli altri gli danno del montato, come se ne avesse colpa lui se lo valutano sessantacinque miliardi di lire. Diventa un capro espiatorio. Gigi porta i capelli lunghi, usa quantità industriali di gel, si pettina come Simon Le Bon, il leader dei Duran Duran. E’giovane, ha voglia di divertirsi. Alla sorella Rosy, che lo rimprovera di correre troppo con la macchina, risponde ridendo: «Ma se non corri con una Porsche, con che macchina vuoi correre?». E’ un ragazzo che incarna lo spirito di quei tempi, gli anni novanta, anni di plastica come sono stati definiti: la bella vita, le donne facili, le macchine veloci, perché negarsi tutto questo quando te lo puoi permettere? Arriva la firma sul contratto. Lentini quasi si scusa: «Il Presidente Berlusconi m’ha fatto venire a prendere in elicottero, per ben due volte, e la seconda mi ha fatto un’offerta che non posso rifiutare». La Juventus offre ventidue miliardi, il Milan ne mette sul piatto ufficialmente ventotto, anzi no, molti di più, compreso un contratto con un ingaggio annuo di quattro miliardi a stagione. In seguito succederanno molte cose: l’incidente che per poco non gli toglie la vita, la donna del mistero, il ritorno, la sofferenza, l’identità perduta, l’impossibilità di tornare ad essere quello di prima; e poi indagini giudiziarie, processi, soldi in nero, fallimenti, falsi in bilancio, tribunali, condanne, assoluzioni, una verità storica mai chiarita. E’ la storia di Gigi Lentini, l’uomo da sessantacinque miliardi di lire che quell’estate disse una frase storica, una di quelle frasi che dovrebbero ripetersi tutti i calciatori, come un mantra. Disse: «Mi sento una persona normalissima che ha la fortuna di guadagnare certe cifre». Iban, è così sia. 



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