martedì 5 giugno 2018

L'UCCISIONE A ROMA DI ANTONIO CHICHIARELLI (28/09/1984)

Di Giampaolo Carboni.

Il falsario legato alla Banda della Magliana Antonio Chichiarelli (NELLA FOTO IN ALTO) è stato ucciso quest'oggi a Roma. Anche la ricostruzione della morte dello stesso Chichiarelli è di fatto nebulosa, in quanto esistono due differenti versioni, non affatto coincidenti, circa le circostanze dell'omicidio di cui il falsario rimase vittima. In base alle ricostruzioni del programma Blu notte Misteri italiani di Carlo Lucarelli, Chichiarelli e la compagna vennero affrontati dal loro assassino verso le tre del mattino sul pianerottolo di casa, all'uscita dall'ascensore. L'assassino avrebbe sparato prima al falsario e successivamente alla sua convivente. Il calibro dei proiettili era sei e trentacinque. Diversamente, testimoni oculari, citati dagli autori del libro "Il falsario di stato" di Massimo Veneziani e Nicola Biondo, la sera del 27, in via Martini, quartiere Talenti, a due passi da viale Jonio, mentre rincasava a bordo della sua Mercedes 190, insieme alla compagna ventunenne Cristina ed al figlioletto di appena un mese d'età collocato in un port enfant sul sedile posteriore dell'auto, Chichiarelli subì un agguato. Un anonimo assassino attese che la compagna di Chichiarelli scendesse dall'auto per aprire il portone di casa per spararle a bruciapelo un colpo con una pistola munita di silenziatore. La pallottola trapassò un occhio della vittima ed uscì dalla parte posteriore del cranio. Seppur gravemente ferita, la ragazza sopravvisse. Stando alle foto, la donna venne raggiunta all'occhio sinistro, braccio ed avambraccio destro dai colpi d'una pistola calibro sei e trentacinque e s'accasciò priva di conoscenza accanto allo sportello aperto della Mercedes 190. Chichiarelli allora scese di corsa dall'auto all'inseguimento dell'assassino, ma questi ad un certo punto si voltò e gli scaricò addosso l'intero caricatore della pistola: prima venne colpito due volte all'emitorace destro, poi, nel tentativo di fuga,  Il killer lo raggiunse nell'attigua via Landini e lo finì con due colpi alla testa, vicino alla sezione quattro dell'Istituto "Vigili dell'Urbe". Al rumore degli spari, due metronotte, Erasmo Caponera e Giovanni Bellachioma, si precipitarono fuori e si dettero all'inseguimento dello sparatore, un giovane descritto "di piccola statura, poco più d' un metro e sessanta, con indosso calzoni jeans ed un giubbetto forse di colore verde". I metronotte esplosero qualche colpo in aria ma quello, ancora con la pistola in mano, ritornò in via Martini verso via Ojetti. I due s'arrestarono per soccorrere la ragazza esanime al suolo. Il piccolo Dante venne affidato alla nonna materna; Chichiarelli e la sua donna vennero ricoverati al Policlinico Umberto I. La ragazza si salvò, ma Chichiarelli morì, a trentasei anni, alle sette del mattino, senza avere ripreso conoscenza. Gli inquirenti posseggono questo solo elemento, di partenza: quando giunsero i soccorsi, Chichiarelli era ancora vivo, ma morì dopo alcune ore all'ospedale, nella prima mattina del 28 settembre; lo sparatore che lo ha centrato con sette colpi su dieci, un vero professionista ingaggiato da ignoti era l'esecutore di un tipico "regolamento di conti". Il primo mistero di quest'omicidio riguarda l'identità del vero bersaglio dell'agguato. Sembra probabile che non fosse Chichiarelli il vero obiettivo, ma la sua compagna. Un'intimidazione in piena regola che ebbe un esito non previsto: l'assassino sparò a Chichiarelli solo dopo che questi aveva iniziato ad inseguirlo, stando alle testimonianze. La tipologia dell'agguato, inoltre, sembrerebbe esser riconducibile sia ad un regolamento di conti tra malavitosi, che ad un'intimidazione tipica della guerra di spie.
A parte la dinamica dell'omicidio, anche la mancata autopsia sul cadavere non permise di appurare dati assai importanti concernenti il calibro dei proiettili. Ma i misteri più fitti emersero in seguito alla morte del falsario. Solo nella perquisizione della sua abitazione, eseguita dopo la sua morte, vennero trovate le prove della sua attività, dei suoi contatti, delle sue conoscenze, ma non dei suoi mandanti. Sul cadavere venne trovate solo una tessera recante la scritta "Critico d'arte", ma non i documenti d'identità o la patente di guida. La convivente, miracolosamente salva, dal letto d'ospedale testimoniò di non conoscere i precedenti penali di Chichiarelli, né altra attività, se non quella di commerciante in quadri. Testimoniò anche che l'uomo era separato dalla moglie da due anni e che il loro incontro avvenne nel gennaio 1983; inoltre, la notte fatale, tra il 27 ed il 28 settembre, alle ore due e quarantacinque del mattino, essi stavano rientrando a casa, via Martini 26, al quartiere Talenti, da una festa in casa d'un noto mercante di quadri. A casa del malavitoso vennero reperite due rivoltelle calibro trentotto special con matricola abrasa e, dentro un contenitore di pellicole fotografiche, un cartoccetto di polvere bianca. All'interno della cassaforte giacevano invece trentasette milioni in contanti, gioielli ed oggetti di grande valore ed una videocassetta. Vi era registrato lo "Speciale Tg1" sulla rapina alla Brink' s Securmark di soli sei mesi prima. Vennero pure trovate delle fotografie "Polaroid". In esse era ritratto Aldo Moro vivo nella "Prigione del Popolo" brigatista.
I cinque processi del Caso Moro hanno poi accertato che fu proprio Chichiarelli a confezionare il falso comunicato numero sette delle Brigate Rosse ("Il comunicato del Lago della Duchessa", fingendo che fosse stato composto dalle Brigate Rosse) durante i cinquantacinque giorni del sequestro, ma non venne mai accertato chi fu a commissionarglielo. Chichiarelli fece inoltre ritrovare il 21 marzo 1979 un borsello su un taxi:tre ragazzi americani furono i primi ad accorgersi dello stesso. All'interno erano contenuti alcuni oggetti che facevano capire che lui conosceva dal di dentro la vicenda Moro. Fece trovare infatti nove proiettili calibro sette e sessantacinque Nato, una pistola Beretta calibro nove (e si sa che Moro è stato ucciso da undici colpi, dieci di calibro sette e sessantacinque ed uno di calibro nove); fece trovare dei fazzolettini di carta marca Paloma, gli stessi che furono trovati sul cadavere di Moro per tamponare le ferite, una serie di messaggi in codice, ed una serie di indirizzi romani sottolineati oltre a dei medicinali ed anche un pacchetto di sigarette, quelle che normalmente fumava l'onorevole Moro. Infine pure un messaggio con le copie di schede di cui farà ritrovare poi l'originale in un secondo episodio. Vi è un secondo aspetto. Dopo la rapina della Securmark, ad opera della banda della Magliana con Toni Chichiarelli come mente direttiva, quest'ultimo fa trovare ,lo scrisse il giudice Monastero, una busta contenente un altro messaggio con gli originali di quattro schede riguardanti Ingrao,Pecorelli,Gallucci e Prisco. Questa volta furono ritrovati gli originali con schede relative ad azioni che erano state programmate e previste oltre ad un volantino falso di rivendicazione delle Brigate Rosse. Il giudice poi scrive: "Si rinveniva una foto Polaroid dell'onorevole Moro apparentemente scattata durante il sequestro". Venne eseguita una perizia di questa foto, e si rilevò che non si trattava di un fotomontaggio. Come sappiamo, delle Polaroid non si fanno i negativi. E' quindi una foto originale di Moro in prigione che Chichiarelli, dopo l'episodio del borsello, fa ritrovare in questo secondo messaggio, con le schede originali che riguardano Pietro Ingrao, Gallucci, il giornalista Mino Pecorelli, che era già stato ucciso nel 1979 (il giorno dopo il primo ritrovamento avvenuto nel taxi), e l'avvocato Prisco. Sulla scheda riguardante l'avvocato Prisco si parlava di questo famoso gruppo Mauro. Anche nel documento della registrazione che il Sisde ha fatto avere ai magistrati, si parla del gruppo Mauro che operava nella zona di Fiumicino ed avrebbe dovuto avere in sequestro l'onorevole Moro. In sostanza emerge il famoso elemento di cui si è sempre parlato, ossia come la gestione del rapimento Moro abbia avuto due fasi; e la seconda fase è confluita nel ruolo giocato dalla Banda della Magliana, all'interno della quale conosciamo la parte che hanno sempre svolto i servizi segreti e la mafia. La vicenda Chichiarelli è quindi centrale all'interno del sequestro Moro, ma i magistrati non l'hanno mai approfondita, sia perché nel Moro-quater si è prestato fede a tutto quello che ha detto Morucci e non si è quindi voluti entrare nel merito di altri aspetti, sia perché il giudice Monastero ha dovuto archiviare ed ha lasciato in sospeso tutte queste parti, perché non erano di sua competenza. Tuttavia, egli ha fatto delle affermazioni molto precise sul ruolo svolto da Toni Chichiarelli all'interno della vicenda Moro. Il secondo elemento riguarda chi era presente quella mattina in via Fani. E' stato infatti confermato che la mattina alle nove, in via Stresa, a duecento metri da via Fani, c'era un colonnello del Sismi, il colonnello Guglielmi, il quale faceva parte della VII divisione, cioè di quella divisione del Sismi che controllava Gladio.

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