giovedì 23 maggio 2024

BARONIA COME IL TEXAS "MORIREMO DI SETE" (23/05/2024)

Di Redazione.


"Est una cundanna, è una condanna". In certi casi, la lingua sarda può conferire più fermezza nell’affermare un concetto, una crisi, un disagio. È il caso della calamità naturale che sta colpendo le zone della Baronia, ovvero le terre dei pastori della costa orientale. "Nell’ultimo anno ha piovuto solo per quattro ore", dice Marcello Mulargia (NELLA FOTO IN ALTO DI SPALLE), quarantotto anni di Siniscola, che nella sua azienda sulle colline di Capo Comino versa lacrime amare. Raccoglierebbe anche quelle, se potesse, per abbeverare i seicento cinquanta capi di bestiame che consentono alla sua famiglia di mangiare.

Se non stessimo parlando di siccità, la visione sarebbe anche poetica, quasi da quadro a olio di Vincent Van Gogh. Da una parte, le colline ingiallite e la terra arsa, arancione. Dall’altra, il blu profondo del mare. Ma questo non è un manifesto del neoimpressionismo, è l’immagine beffarda della natura che regala la visione dell’acqua a chi non ne ha per i suoi animali o per le colture. Un vero e proprio miraggio, in una zona della Sardegna incastonata tra il cuore e la costa, che sta vivendo una crisi senza fine. I pastori, abituati a fare i conti col calendario rigoroso della terra, ormai confondono i mesi dell’anno: "Siamo a maggio, ma sembra agosto"; e hanno ragione, il termometro segna più di trenta gradi. Capo Comino e la Baronia adesso ricordano le piane aride del Texas, i chilometri rugosi del Sahara.

La piaga senza fine della siccità ha cambiato la vita dei pastori che adesso sull’acqua costruiscono la loro intera giornata, quasi mettendo i loro capi di bestiame in secondo piano. Continua ancora Mulargia "Mi alzo alle quattro del mattino ed alle sette e trenta sto già ragionando su come reperire l’acqua che serve alle mie pecore. Perché non è vero che a noi non importa, chi alleva è il primo che vuole bene al suo bestiame". Quello che Mulargia percorre quotidianamente, è un ideale calvario, un pellegrinaggio della sete: "Sei chilometri con l’autobotte dal bocchettone dell’acqua pubblica del Consorzio di bonifica, fino alle mie campagne. Lo faccio talmente da tanto tempo ormai, che quell’acqua adesso mi sembra di caricarmela sulla schiena". E prosegue: "Questo naturalmente provoca dei danni collaterali. Ho rovinato la mia autobotte a furia di fare carichi d’acqua. Costa oltre seimila euro, ma non mi posso fermare, sto viaggiando a capienza dimezzata". Nella strada che conduce sulle campagne di Capo Comino, sembra già di essere catapultati in un’altra dimensione. Per decine di chilometri non c’è un filo d’erba, non una macchia verde, non un segnale di speranza o di ripresa. "Ormai le pecore si nutrono esclusivamente di mangime e di foraggio. Dovrebbe essere dato solo in aggiunta all’alimentazione che regala madre natura, invece è diventato il piatto forte del bestiame. Per noi, un costo esorbitante di oltre cinquanta euro al quintale. Più i costi di mezzi e carburante, perché lo acquistiamo nelle aree del Campidano". Le spese si sono davvero triplicate, i pascoli sono sempre più magri e le tasche sempre più vuote: "Sto spendendo più di cinquemila euro al mese sul mangime, prima arrivavamo massimo a duemila". E c’è anche una questione di salute dei capi "Il foraggio può avvelenare l’animale. Se non è dato nelle giuste maniere, può creare gravi problemi nel metabolismo e anche squilibri sul piano mentale. In aggiunta, con il foraggio, c’è un ulteriore spreco di acqua. Ogni pecora necessita di oltre otto litri al giorno, è come che un essere umano, ogni giorno, anzi che mangiare insalata, mangi pane carasau e salsiccia". Ed in questo viaggio nella disperazione, tra la polvere, c’è spazio anche per i pozzi, vuoti rinsecchiti. "Il più vecchio ha settant'anni e abbiamo scavato con tutte le nostre forze per trovare acqua, ma non c’è neanche una goccia. Mio padre ha ottantacinque anni e questi pozzi non li ha mai visti così. Prima si riempivano da soli, con l’acqua del fiume, adesso non se ne vede per chilometri. I pozzi, anche quello domestico, o quello che fornisce l’acqua per le mungitrici, sono completamente prosciugati".

La via crucis di questo allevatore è il dramma di un intero territorio. La Baronia, zona di guerra nell’emergenza siccità, rischia di perdere una fonte di reddito tra le più importanti e una tradizione che rischia di scomparire all’improvviso. Aggiunge sempre Mulargia "Molti allevatori, nell’ultimo anno, hanno già venduto i loro capi di bestiame. Le spese da affrontare sono diventate insostenibili e c’è chi, a causa della mancanza d’acqua, sta scegliendo di dedicarsi ad altri settori". Ed in effetti le campagne qui sono deserti, non solo d’acqua, ma soprattutto di capi di bestiame e di persone. È così per chilometri. In Baronia ormai gli animali si abbeverano dalle pozze di pantano che lasciano gli sparuti acquazzoni estivi, quando piove per nemmeno cinque minuti. Un’immagine di tristezza assoluta e di degrado naturale che preoccupa e che sconforta. "Se finisce il latte agli animali, finiscono anche i soldi e la famiglia deve pur mangiare. Che futuro avranno i nostri figli qui in campagna?" dice Mulargia Domande che oggi come oggi madre natura lascia senza risposte.

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